Tour del Lago di Garda PDF Stampa

Tour del Lago di Garda

 

Le aree di sosta sono in fondo alla descrizione dei paesi. 

 

Bardolino

 

Bardolino sorge a circa 30 chilometri ad ovest da Verona, capoluogo della provincia di cui fa amministrativamente parte, si trova sulla sponda orientale del lago di Garda, compreso tra i comune di Lazise a sud e di Garda a nord, su di un territorio collinare stretto tra il lago, ad ovest, e la collina morenica, ad est, che separa il lago stesso dalla valle dell'Adige, nel punto in cui questo sfocia nella Pianura Padana.

Il territorio di Bardolino si sviluppa completamente all'interno del grande anfiteatro morenico del Garda: sorge su terreni costituiti da sedimenti depositati in ambiente glaciale e fluvio-glaciale durante il quaternario, depositi attribuiti principalmente alle glaciazioni Riss e Würm e in seguito addolciti dai processi di denudazione e dilavamento dei versanti. Questi ultimi processi hanno provocato la formazione di una morfologia ondulata che degrada con delicatezza verso il lago.

Il suolo presenta depositi morenici fino a diverse centinaia di metri di profondità, come hanno confermato la perforazione di pozzi idrici, e questa composizione del suolo causa la media permeabilità dei terreni superficiali. Le falde freatiche presenti nei fondovalle sono spesso presenti a pochi metri di profondità sotto il piano di campagna, motivo per cui sono presenti nel territorio diversi toponimi che richiamano la presenza di ristagni idrici, difficoltà di deflusso e falde superficiali.

Per quanto riguarda la classificazione sismica regionale Bardolino è classificata nella zona 3, ovvero a bassa sismicità, anche se storicamente la zona ad est del lago di Garda, quindi il monte Baldo, e la val d'Illasi sono le aree a maggior sismicità della provincia di Verona, essendovi stati eventi sismici di notevole intensità.Il lago di Garda, e quindi Bardolino, fa parte di quell'ampia zona climatica che comprende la Pianura Padana e le prime valli alpine e che denota un clima temperato-continentale, ma che localmente manifesta condizioni notevolmente mitigate dalla massa d'acqua: questo clima può definirsi sub-mediterraneo. La primavera e l'autunno sono le stagioni più piovose, mentre l'estate è di tipo mediterraneo, quindi asciutta ma interrotta da intensi temporali, specialmente nel mese di agosto. In inverno le temperature sono meno rigide rispetto alle zone circostanti e le precipitazioni sono piuttosto scarse, mentre le nebbie solo in poche occasione riescono a invadere il basso lago.

Nel comune di Bardolino la temperatura media annua e di circa 12–13 °C, con medie minime di 8 °C e medie massime si 18-18,5 °C, mentre le precipitazioni annuali variano da un minimo di 650 mm ad un massimo di 800 mm.

Il nome di Bardolino potrebbe derivare da un termine latino di derivazione gaelicaBarduscantore oppure, altra ipotesi da patronimico germanico, Pardali o Bardali, figlia del re Aulete fondatore di Mantova.

Preistoria e antichità

Le tracce più antiche della presenza dell'uomo nella zona risalgono al III millennio a.C. quando vi fu la presenza della civiltà palafitticola del basso lago di Garda. Resti di questo antico popolo sono stati trovati in particolare nella frazione di Cisano, oltre che in altre zone limitrofe come a Peschiera, Pacengo, Lazise e Garda.

Moltissimi i reperti di epoca romana rinvenuti, sia a Bardolino che in altri comuni lacustri, ciò a testimonianza di come fosse un luogo particolarmente amato dai romani che già si erano insediati nella città di Verona già a partire dal II secolo a.C.. Molte delle iscrizioni su pietra ritrovate, ora in gran parte conservate presso il museo lapidario maffeiano nel capoluogo veronese, si possono collocare nell'età repubblicana o neo imperiale. Fra esse un curioso cippo sepolcrale eretto da un uomo a sé stesso mentre era ancora in vita. Durante alcuni scavi, sono state portate alla luce anche alcune vestigia di abitazioni romane e, molto probabilmente, alcuni di questi resti furono utilizzati in epoca medievale per innalzare le porte a difesa del comune.

Storia medievale

Terminata l'epoca delle invasioni barbariche con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, gli abitanti di Bardolino conobbero un periodo di relativa pace e tranquillità, interrotto tuttavia dall'infuriare della guerra gotica (535-553) quando dovettero patire saccheggi perpetrati sia dai goti, sia dai bizantini. Nel 568, guidati da Alboino, in Italia si stabilirono i Longobardi che imposero il loro potere anche sulla zona gardesana. A loro si deve una riorganizzazione di tutta la sponda lacustre veronese raggruppata in un'unica unità amministrativa, la “iudicaria Gardensis” con Garda capoluogo.

Fin dall'epoca longobarda e nell'alto medioevo la zona fu soggetta fin dall'epoca longobarda ai monaci colombaniani della potente abbazia di San Colombano di Bobbio (PC), attivissimo centro di evangelizzazione e di rinascita agricola sotto la protezione del Papa, e del grande feudo reale ed imperiale monastico, che vi fondarono il Monastero di San Colombano di Bardolino che diverrà un potente priorato autonomo. Essi evangelizzarono il territorio, diedero impulso alla cultura e soprattutto all'agricoltura con il recupero di aree incolte o abbandonate, le bonifiche, introducendo importanti innovazioni e migliorie agronomiche con il recupero e la diffusione di vigneti, oliveti, castagneti, mulini, fratoi, del sistema di pesca, ecc. Diedero, inoltre, un notevole apporto alimentare grazie agli allevamenti ed alla conservazione degli alimenti, proteine e grassi, come olioburroformaggisalumi, grazie a sale e spezie; inoltre si adoperarono per la riapertura delle vie commerciali, delle vie del sale e delle vie fluviali, ed il commercio lungo la pianura e verso la marittima con conscambi di merci varie come olio, sale, spezie, legname, carne, ecc. Ancora a metà del XII secolo il documento "Breve recordationis de Terris Ecclesiae Sancti Columbani", documenta ancora le proprietà dell'abbazia di Bobbio.

I Longobardi rimasero padroni dell'Italia settentrionale fino al 774 quando vennero sconfitti dai Franchi di Carlo Magno che diede inizio al Sacro Romano Impero. Nell'807 compare per la prima volta il nome del vicus “Bardolino” riportato su un diploma emanato da re Pipino d'Italia in cui veniva ceduta all'Abbazia di San Zeno a Verona la chiesa di san Zenone "situata in Bardolino con tutte le sue pertinenze".

 

Resti della porta medievale San Giovanni a Bardolino.

Tra l'856 e l'859, in un periodo di instabilità politica dovuto alla morte di Carlo Magno, vi fu una disputa fra Verona e i paesi del lago che sfociò in una battaglia in cui quest'ultimi vennero sconfitti. L'episodio è ricordato in una tela del pittore Felice Brusasorzi dal titolo "Vittoria dei Veronesi sui Gardesani” oggi conservata nella sala del consiglio del municipio di Verona a Palazzo Barbieri.[8]

Tra il IX e il X secolo, per contrastare le numerose scorribande degli Ungheri, i principali abitati delle sponde del lago si dotarono di mura e castelli, Bardolino non fece eccezione. Poco sappiamo della prima fortificazione che qui venne innalzata, di cui le prime documentazioni sono del 1100, ma si ritiene che la sua costruzione fosse stata concessa ai bardolinesi dall'imperatore Berengario del Friuli; un simile permesso venne accordato a tutte le comunità del lago. In seguito il castello si ingrandì fino a costituire, con i Della Scala, un unico fortilizio per tutto il paese. Le spesse mura, circondate da un ampio fossato, richiudevano il centro del paese a cui si poteva accedere da sole due porte: una posta a nord-est in direzione Garda chiamata "San Giovanni" o "superiore", una a sud-est chiamata "Verona" o "inferiore".

 

Vestigia delle fortificazione medievali.

Nel XII secolo Bardolino è ricordato come comune autonomo sorretto da un proprio statuto e amministrato da un'assemblea di vicinia, i capi famiglia. La giustizia era amministrata da un podestà mentre un sindaco fungeva da procuratore nei contenziosi. Risale al 1222 la costituzione, comune a quasi tutti i centri del lago, dei diritti di pesca riservati ad una corporazione del luogo. Nel 1193 Bardolino segue la sorte di tutte le ville dipendenti dalla Rocca di Garda che vengono cedute con essa dall'imperatore Enrico VI al comune di Verona.

Storia moderna e contemporanea

Durante il medioevo e l'età moderna Bardolino seguì i destini di Verona e con la dedizione di Verona a Venezia del 24 giugno 1405 inizia il dominio della veneziano. Sotto la Serenissima, Bardolino divenne il centro della marina veneziana sul lago, e nel 1526 fu saccheggiato e subì il rapimento di propri abitanti a fini di riscatto da parte dei lanzichenecchi. Sotto gli austriaci fu capoluogo del distretto che raggruppava tutti i comuni veronesi rivieraschi.

Nel 1848 insorse alle truppe austriache credendo nella vittoria dei piemontesi e ne subì rappresaglie: incendi, saccheggi e fucilazioni. Nel 1866 Bardolino entrò a far parte del Regno d'Italia.

Priorato di Bardolino[modifica | modifica wikitesto]

Autonomo ma dipendente dall'abate dell'abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) fin dall'epoca longobarda vi era il vasto e ricco Priorato di Bardolino, il territorio era inserito nei possedimenti bobbiesi attraverso il controllo del monastero di San Colombano di Bardolino e che dipendeva quindi in ultima istanza dalla Santa Sede, con il territorio del lago di Garda ed il Garda orientale, con le proprietà veronesi in Verona e fra i fiumi Mincio e Adige, della zona della Valpolicella, del veronese e lungo la Via Postumia, oggi sotto tre regioni (LombardiaVeneto e Trentino); assieme ai tanti possedimenti, il territorio era inserito nel grande feudo reale ed imperiale monastico.

L'elenco di vari monasteri e celle monastiche è notevole, possiamo citare fra i maggiori: Bardolino, PastrengoLaziseGarda e Rocca di GardaCostermano con le priorie di MarciagaCastion e Sapora (attuale Albarè), AffiCavaion VeronesePastrengoBussolengo, Gaium di Rivoli VeroneseTorri del Benaco con la prioria di AlbisanoSan Zeno di MontagnaBrenzone sul GardaMalcesineFerrara di Monte Baldo, Ceredello e la prioria Pesina di Caprino Veronese, la prioria di Rivalta di Brentino BellunoAvioRiva del GardaSummolaco, San Giorgio e ArcoBrentonicoMoriPeschiera del GardaDesenzano del GardaLonato del GardaSirmioneSalò e la prioria di Solarolo di Manerba del GardaToscolano MadernoValpolicella con la prioria di San Pietro in Carianopieve di San Florianopieve di San Martinoprioria di Santa Sofia, e la prioria di Priviniano (vallis provinianensis vicino al fiume Adige), FumaneMarano di ValpolicellaNegrar di ValpolicellaPescantinapieve di San Giorgio di Valpolicella di Sant'Ambrogio di Valpolicella, Ossenigo di DolcèErbezzoVeronaChiesa dei Santi Nazaro e CelsoChiesa di Santa Maria in Organo.

Per i collegamenti fra Po, Mincio e Lago di Garda: Porto Mantovano (con possedimenti terrieri e diritti sulla navigazione fluviale sul Po), Mantova, Barbasso, Barbassolo e Frassinara di Roncoferraro e Riva di Suzzara.

Da Comacchio con le saline gestite dal monastero di Bobbio ed il porto fluviale monastico, CodigoroAbbazia di Pomposa, con il trasporto di sale con chiatte verso il Po e la pianura padana e verso il Mincio ed il Garda per le peschiere.

Il Monastero di San Colombano in Bardolino gestito autonomamente dai monaci colombaniani gestisce numerosi poderi coltivati e molti vengono dati in affitto o in enfiteusi alla popolazione locale, che ogni anno il 23 novembre (ricorrenza del santo missionario irlandese San Colombano) versa all'abbazia madre un fitto.

In particolare, va segnalata la presenza di aziende e poderi monastici soprattutto nella parte meridionale del Lago di Garda, da cui l'abbazia ricava notevoli quantitativi di olio d'oliva, necessario soprattutto per l'illuminazione, e di pesce, consistente in trote e anguille. Poiché i monaci dovevano disporre continuativamente di pesce date le esigenze del loro regime alimentare, dettate dalla regola monastica per la parte igienistica e salutistica, sul lago e nei dintorni di esso figura organizzata una fitta rete di peschiere, che erano delle vere e proprie piccole aziende, dotate di infrastrutture, attrezzi, vasche, che assicuravano lo smistamento della merce sui fiumi mediante imbarcazioni fluviali a chiglia piatta, come sandoni, burchi, burchielli. Scendendo lungo il Mincio, a Porto Mantovano queste imbarcazioni incrociavano i battelli pieni di sale che risalivano da Comacchio, prodotto che veniva utilizzato per la salagione del pesce.

Il monastero era famoso inoltre per la conciatura delle pelli, per la cui lavorazione usava lo scotano o Rhus cotinus, un arbusto che veniva raccolto e ridotto in polvere.

Un quarto del raccolto veniva inviato all'Abbazia di Bobbio, ricevendo in cambio libri e codici per la biblioteca del monastero.

La prima testimonianza documentale longobarda è un atto del re Liutprando che dona al già esistente priorato di Bardolino una corte regia di pesca al monastero di Bobbio, una seconda donazione da parte di re Rachis si ebbe con la grande pischaria di Peschiera del Garda che ne muto l'antico nome. Ancora a metà del XII secolo il documento "Breve recordationis de Terris Ecclesiae Sancti Columbani", documenta ancora le proprietà dell'Abbazia di Bobbio. Rimarranno di proprietà del cenobio bobbiese fino al 1208, quando poi papa Innocenzo III passerà il priorato monastico di Bardolino al controllo della Diocesi di Verona. Il priorato ed il monastero di San Colombano di Bardolino vennero soppressi nel 1810 in epoca napoleonica e le proprietà terriere passarono al demanio.

Altre proprietà legate a fondazioni monastiche da parte di monaci colombaniani di Bardolino:

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

 

Chiesa di San Severo

Ville

Villa Carrara, Bottagisio a Bardolino sul lago di Garda

  • Villa Bottagisio (XIX secolo), con un bel parco che occupa tutta la parte nord della baia di Bardolino.
  • Villa Guerrieri (XIX secolo), in via San Martino, ha un parco notevole fronte lago e resti di un antico fortilizio.
  • Villa Bassani Raimondi (XIX secolo), in via Fosse, aveva un bel parco danneggiato nel dopoguerra.
  • Villa Marzan (XIX secolo), a Cisano, è stata ristrutturata dall'architetto Ettore Fagiuoli. Ha il parco con pagoda e uccelliera.
  • Villa Giuliari-Gianfilippi (XIX secolo), ha un parco lungo il lago, a sud di Bardolino.
  • Villa Betteloni (XIX secolo).
  • Casa Ottolenghi, progettata dall'architetto Carlo Scarpa

 

Fortificazioni

Le mura di cinta nella versione rimasta oggi sono ridotte. Fu più volte ampliato dal nucleo originario.

 

Brenzone 

Brenzone sul Garda dista circa 56 chilometri a nord-ovest da Veronacapoluogo provinciale. È situato sulla sponda veronese del Lago di Garda. Il territorio comunale comprende parte del massiccio del Monte Baldo, ovvero la zona della Val Vaccara.

Il comune non ha un centro principale e una periferia ma è formato da 16 piccole frazioni distribuite lungo l'ampio territorio; la loro distribuzione non è omogenea: si trovano suddivise in fasce formate da paesi molto vicini gli uni agli altri mentre vaste aree rimangono praticamente naturali e inalterate. Per esempio le frazioni litoranee di Assenza, Porto, Magugnano, Marniga e Castelletto, pur rimanendo distinte, costituiscono di fatto un unico centro abitato che si sviluppa da nord a sud. Oltre alle 16 frazioni troviamo numerosissime località spesso formate da 4 o 5 case, molte delle quali hanno un nome composto dal prefisso "Ca'", in dialetto casa, e da un cognome, indicando come le famiglie erano sparse in piccoli centri del comune.

I centri abitati maggiori sono:

  • Magugnano (Magugnâa) (300 abitanti ca.), sede municipale
  • Castelletto (Castelét) (432 abitanti ca.)
  • Marniga (Marnìga) (351 abitanti ca.)
  • Sommavilla (Somaìla) (340 abitanti ca.)
  • Porto (Pôort) (301 abitanti ca.)
  • Castello (Castèl) (170 abitanti ca.)

 

Domenico Marocchi, un medico e storico locale, in un documento del 22 dicembre 1790 descrive con precisione la storia che portò all'origine del toponimo: "Il nome di Brenzone per quanto io abbia potuto rintracciare dai più vecchi ed illuminati di questa Comunità, mentre iscritti del Pubblico sono stati abbrucciati per incautezza, e dai Francesci due volte, è provenuto da una famiglia Brenzoni, che abitava in mezzo a queste ville, cioè a Castello. ...Narrano che i villici di questi contorni nel portarsi alla residenza Brenzoni, affine di contribuire la porzione del raccolto, dicessero "andiamo dai Brenzoni" e da questo sia insorto il nome Brenzone. Si sa per certo che codesta famiglia [ebbe] estensione grande di Campagna, di Montagne gl'intorno a queste ville".
In realtà, come nella gran parte dei casi in Italia, oggi sappiamo che fu la famiglia feudale a prendere il nome da quello del feudo ottenuto e non il contrario. Un ramo dei Rangoni modenesi (vedi il Comune di Castelnuovo Rangone) prese così il nome di Brenzone. Il mausoleo sepolcrale dei Rangone Brenzoni è visibile in San Fermo a Verona. Un componente della famiglia in periodo rinascimentale, mentre operava in realtà a Venezia, fece poi costruire la bellissima villa di San Vigilio nel vicino comune di Garda.

Dopo il referendum tenutosi il 9 febbraio 2014, dai due seggi elettorali di Magugnano e Castelletto, è emerso che circa il 70% (69,9%) dei votanti ha espresso voto favorevole al cambio di denominazione da Brenzone a Brenzone sul Garda.

Origine dei nomi delle frazioni:

  • Castello: il nome castello deriva dal fatto che tanti anni fa nel paese che sorge su un'erta collina addossata sul Monte Baldo esistesse proprio un castello. Nella parte del paese detta Castello di Sotto è ancora visibile un pezzo di muro con due merletti in rovina.
  • Venzo: il nome Venzo deriva dal latino vincitor che sta a significare vincitore. La leggenda narra infatti che fu l'unico paese in cui non si diffuse l'epidemia di peste che colpì Brenzone nel 1631. Si narra addirittura di persone guarite dal colera (che colpì la zona oltre due secoli dopo nel 1836) dopo essere entrate nel paese.
  • Sommavilla: l'etimologia del nome Sommavilla deriva probabilmente dal confronto del paese con la frazione vicina, Pozzo. Le due frazioni sono poste molto vicine: "Somaila" più in alto, su un dosso, Pozzo in un valletto. Oppure rispetto ad Assenza che in antico ne costituiva il porticciolo e quindi, in mancanza di strade adeguate, il collegamento verso il resto del mondo.
  • Assenza: l'abitato, fino alla prima guerra mondiale, portava il nome di Menarolo (porticciolo, probabilmente a servizio di Sommavilla) prese quello di "La Sensa" (l'Ascensione in veneto) solo dopo la prima guerra mondiale. Malamente tradotto in Ascenza e poi Assenza in italiano.
  • Pozzovedi Sommavilla
  • Borago: Borago può derivare da Borgo: l'abitato presenta ancora oggi la caratteristica forma a borgo nonostante alcune costruzioni nuove attorno al paese. Ma più probabilmente, come tutti i toponimi con suffisso "ago" deriva da un suffisso antico celtico che indica una proprietà terriera. Di solito la prima parte del nome è un nome famigliare. In questo caso forse, in analogia con val Borago ad Avesa di Verona, indica la vicinanza di una ripida valletta (stessa radice di "burrone").
  • Zignago: probabile origine romano celtica di proprietà terriera come la sottostante vicina Borago. Anche qui omonimia nel triveneto a Portogruaro. Val Zignago che dette il nome al noto gruppo Zignago (non a caso da un originario podere di oltre mille ettari) fondato da Marzotto.
  • Porto: si trattava di un paese sorto attorno al principale porto di pescatori della zona settentrionale di Brenzone; era probabilmente il porto che serviva il Castello.
  • Magugnano: il nome deriva dalla famiglia "Magugnan", la quale governava Brenzone. Non risulterebbero però fonti attestate della presenza di questa famiglia. Altra ipotesi è data dal suffisso 'ano' tipico nei toponimi italiani di provenienza da nome personale latino (come non notare la assonanza col nome di Gargnano sull'altra sponda del lago alla stessa latitudine) quindi successivo ai suffissi celtici di formazione dei vicini toponimi di Borago e Zignago.
  • Prada Alta: Prada Alta porta il caratteristico nome dei paesi di montagna: sorge nella Val Vaccara, sopra Brenzone, a 1060 metri di quota. Vicino al paese di Prada Alta si trovano anche le località di Fiès (1010 m) e Ca' Chemasi (1140 m). Il paese di Prada Alta assieme alle vicine località fino agli anni '50 era formato da un piccolo agglomerato di case e da alcune baite: con la costruzione degli impianti di risalita e l'apertura della stazione sciistica della Costabella si è notevolmente ingrandito grazie alla costruzione di numerosi residence, alberghi e seconde case. Oggi all'interno di Prada Alta è inglobata anche la vecchia località di San Francesco, dove sorge la chiesa parrocchiale dedicata all'omonimo santo.
  • Campo: antico borgo abbandonato all'inizio del Novecento e oggi abitato da una sola famiglia, Campo sembra essersi fermato al medioevo: le case e l'antico castello dominano ancora un paesaggio antico con campi di olivi e grotte naturali. Il paese, ancora oggi raggiungibile solo con una mulattiera, reca ancora una pianta medievale: con la chiesetta di San Pietro in Vincoli, il castello, il torrente che attraversa la borgata. È annoverato tra i I borghi più belli d'Italia. Ogni anno a Campo, la notte di San Lorenzo, si celebrano le Notti Magiche, serate musicali in cui si esibiscono alcuni dei più famosi cantanti italiani: tra cui Antonella Ruggiero nel 2006 e Tosca nell'edizione del 2009.
  • Fasor: il nome deriva dalla voce dialettale fasol, cioè fagiolo, probabilmente chiamato così per l'uso locale di coltivare i fagioli.

 

Storia

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali[5].

L'origine del Comune risale al medioevo, attraversando tra l'altro il periodo di signoria scaligera a Verona e poi quello lunghissimo della dominazione della Repubblica Veneta con cui entra nell'evo moderno, sempre col nome di Brenzone più o meno venetizzato, e con la sede nella frazione di Magugnano. Brenzone è sempre stato infatti nome collettivo delle frazioni componenti: tuttora non esiste la frazione di Brenzone. Nel 1797 arriva l'occupazione napoleonica, ma per pochi anni. Poi quella dell'Impero austriaco fino al 1866.

Durante il periodo di dominazione austriaca, nel 1818 il Comune, pur piccolo, si smembra in tre Comuni indipendenti, da nord a sud: il Comune di Castello, il Comune di Brenzone ed il Comune di Castelletto. Dopo pochissimi anni, nel 1840, ci si rende conto che non ci sono i presupposti di popolazione e si torna indietro con la (ri)fusione dei tre Comuni. Ma come qualche volta accade nelle piccole comunità le discussioni e le polemiche non mancano, dopo la fusione il nome invece di ritornare Brenzone con sede a Magugnano, diventa Castelletto, come pure la sede, pur riunendo tutte le frazioni originarie. In realtà molti anni prima qualche cessione territoriale c'era stata a sud al vicino Comune di San Zeno di Montagna per le frazioni di Borno e Villanova e a Torri del Benaco per le località Lorolli e Ca'Berselle.

Poi con varie vicissitudini e molti anni di discussioni si torna all'antico. Nel 1866 il Comune, assieme a tutto il Veneto entra a far parte del Regno d'Italia con il nome di Castelletto. Ma già il 17.10.1870 il Comune diventa per decreto "Castelletto di Brenzone". Il 9 marzo 1871 poi, con decreto 121, lo Stato Italiano autorizza il Comune di Castelletto di Brenzone a riportare la sede nell'originaria frazione di Magugnano. Infine il 10.05.1924 con ulteriore decreto anche il nome torna ad essere (dopo oltre cento anni dalla divisione) quello originario di Brenzone.

All'inizio dell'Ottocento (ma per solo ventidue anni per quanto riguarda i primi tre) nel territorio dell'odierno comune esistevano quindi i comuni di

  • Castello, formato da vari centri abitati: Sommavilla, Pozzo, Menarolo (oggi Assenza), Castello (capoluogo), Castel di Sotto, Porto, Venzo, Zignago, Borago, Sengiarine, Boccino
  • Brenzone, comprendente le frazioni di Magugnano (oggi tornata sede comunale del comune riunito), Marniga, San Giovanni e Campo
  • Castelletto, comprendente i centri abitati di Castelletto, Biaza, Fasor e Pasola
  • Comune censuario di Prada, comprendente gli abitati di Prada Alta, San Francesco (oggi aggregato al paese di Prada Alta), Val di Fies e Chemasi che oggi appartengono a Brenzone, e gli abitati di Prada Bassa e Senaga che oggi appartengono al comune di San Zeno di Montagna

Infine molto più recentemente, nel 2014, dopo la proposta del Consiglio Comunale ed apposito referendum fra gli abitanti, il nome cambiò ancora e questa volta in modo innovativo rispetto ai nomi tradizionali, ora si chiama in modo turisticamente più riconoscibile "Brenzone sul Garda" dal 22.2.2014.

 

 Campione del Garda 

Campione del Garda, piccolo borgo incastonato all’interno del Parco Alto Garda Bresciano, nella splendida cornice della Riviera dei Limoni, si trova a pochi chilometri da Salò e Gargnano, lungo la strada costiera scolpita tra la roccia circa un secolo fa, ai piedi del comune di Tremosine.

La storia di Campione del Garda ha subito negli anni diverse sorti. Principalmente era un borgo dalla forte vocazione industriale e commerciale.

 

Nel 1500 era sede di cartiere, mulini e fucine diventando poi nel tempo un modello unico di villaggio operaio a misura d'uomo.

 

Nel 1700 grazie alla famiglia Archetti, la produzione venne sistematizzata, fino a culminare nell’apertura di una nuova filanda e alla costruzione di "Villa Archetti".

 

L’assenza di eredi convinse Giovan Antonio Archetti, sul finire del XVIII secolo a cedere l’impresa alla famiglia Bottura, decretando l’inizio di una crisi sempre più forte.

 

Passarono oltre ottant’anni, prima che una nuova avventura imprenditoriale, legata alla filatura del cotone, rilanciasse le sorti del polo industriale di Campione.

 

Grazie all’intervento nel 1896 di Giacomo Feltrinelli il borgo si ripopolò. In quel frangente storico la località venne rilanciata da un punto di vista produttivo, ma ciò che caratterizzò quel periodo fu innanzitutto la nuova evoluzione di una piccola grande comunità.

 

Purtroppo però negli anni le sorti di questo piccolo borgo produttivo andarono a decadere, fino al nuovo progetto integrato di recupero e valorizzazione di Campione in corso tuttora.

 

Campione del Garda si trova incastonata nel Parco Alto Garda Bresciano, in una cornice di naturale bellezza ancora incontaminata.

 

Si possono fare delle passeggiate ed escursioni fra le montagne più elevate del Parco, dove godere di panorami mozzafiato.

 

Percorrendo la costa si trovano piccoli e graziosi borghi ricchi di antiche testimonianze d'insediamenti romani, rocche medievali, imponenti palazzi e ville patrizie.

 

Raggiungibili anche con servizi di traghetti, SirmioneDesenzanoSalòGardone RivieraToscolano MadernoGargnanoTignaleRiva, meritano sicuramente una gita.

 

 

Castelnuovo del Garda 

 

Dal rinvenimento di alcuni reperti archeologici si può dedurre che il territorio del comune fu abitato sin dall'epoca preistorica. Anticamente il sito era conosciuto come “Beneventum”; successivamente prese il nome di “Quadrivium”, a causa della sua posizione geografica (il paese è infatti situato fra le quattro città di Verona, Mantova, Brescia e Trento).

Nel XII secolo Quadrivium venne rasa al suolo dal Barbarossa: la popolazione decise di costruire un nuovo insediamento fortificato, “Castrum novum”, trasformato nel corso del tempo in Castelnuovo.

Passato nella sua storia sotto diversi domini, (dalla Signoria degli Scaligeri a quella dei Visconti, dalla Repubblica di Venezia all'Impero Austriaco) dal 1867 il Comune si chiamò Castelnuovo di Verona: acquisì l'attuale denominazione nel 1970, per una fascia di territorio sulle sponde del Garda.

L'11-12 aprile 1848 fu teatro della battaglia di Castelnuovo, al termine della quale molti abitanti inermi vennero trucidati e il borgo venne saccheggiato e incendiato dalle truppe austriache, inviate dal feldmaresciallo Radetzky.

Il 24 giugno 1866, durante la battaglia di Custoza nel corso della terza guerra d'indipendenza, dieci ufficiali, sei sottufficiali, tre caporali, e diciassette soldati semplici, compreso il portabandiera, del 1º Battaglione appartenente al 44º Reggimento della Brigata "Forlì", assieme a un sottufficiale del 43º Reggimento della medesima Brigata e a un soldato delle guide, si rinchiusero a difesa nella cascina Castellano d'Oliosi, nella località di Oliosi (oggi frazione di Castelnuovo del Garda), circondati dagli austriaci ove sostennero per più di due ore gli assalti del nemico.

Resisi conto dell'impossibilità di ricevere soccorsi e di tenere ulteriormente la posizione a causa dell'incendio appiccato alla cascina da parte delle truppe austriache, ed essendo a corto di munizioni, decisero di arrendersi ma prima di consegnarsi al nemico, i militari italiani, per non concedergli il loro stendardo militare, stracciarono in tredici pezzi il drappo della bandiera tricolore; divisero i pezzi tra i presenti e ognuno di loro nascose un brandello di stoffa sotto la propria giubba, mentre la freccia della bandiera venne sepolta sotto la cenere del focolare.

Al termine della guerra, sono stati recuperati undici delle tredici porzioni del drappo ed è stato possibile ricostruire così la bandiera, che passò alla storia con il nome di "Tricolore di Oliosi".[8]

Ancora oggi ogni anno ad Oliosi di Castelnuovo del Garda, la terza domenica di giugno, si celebra la "Festa della Bandiera", in cui si ricorda l'eroico episodio risorgimentale legato al tricolore

Architetture religiose[

 

Architetture civili

 

Ville

Monumenti

A decoro della piazza principale ci sono un monumento ai Caduti della prima Guerra mondiale, progetto di Ettore Fagiuoli, e una fontana ideata da Luigi Trezza.

Architetture militari

 

Desenzano

 

Si chiamò Desenzano fino al 1862, quando con regio decreto 7 settembre 1862, n. 830, fu battezzato Desenzano sul Lago. L'attuale denominazione fu assunta con regio decreto 29 luglio 1926, n. 1460, nel quadro di riordino delle amministrazioni locali. Contestualmente fu aggregato ad esso il territorio del soppresso comune di Rivoltella.

Il toponimo Desenzano si suppone che derivi dal nome latino di persona Decentius, il presunto proprietario del podere e della villa del IV secolo della quale si possono visitare gli scavi. Esiste anche una etimologia di origine popolare: poiché il borgo si distende lungo il declivio collinare il toponimo viene collegato con la parola «discesa».

Nel 1873, gli scavi condotti da Pietro Polotti in località Polada al confine con Lonato rinvennero una stazione palafitticola risalente all'Età del Bronzo e che ha preso il nome di Cultura di Polada. Presso la località Lavagnone, Renato Perini rinvenne un altro insediamento coevo[7] che nel 2011 è entrato a far parte del patrimoni dell'umanità secondo l'UNESCO.

Tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., nei pressi di Desenzano sorse un fundus abitato da un centinaio di persone. La Villa romana, i cui resti si possono scorgere presso Borgo Regio, fu costruita tra il II e il III secolo lungo la via Gallica come residenza per ricchi cittadini.

L'area di Desenzano e della Selva Lugana fu teatro di diversi combattimenti dell'Anarchia militare e della Tarda antichità: l'Imperatore Decio sconfisse Filippo l'Arabo nel 249 e l'anno successivo sostò in riva al lago di Garda prima di dirigersi in Tracia per combattere i Goti. Nel 312 le truppe di Costantino incalzarono quelle del Prefetto del Pretorio Ruricio Pompeiano, fedele a Massenzio, in fuga da Brescia e dirette a Verona.

Il cristianesimo giunse da Verona, grazie a predicatori di quella Diocesi: risale a quel periodo il legame fra la chiesa veronese e il basso lago. Il territorio della Pieve si estendeva fra il fiume Chiese e la Lugana. Il nucleo desenzanese si sviluppò attorno a Borgo Regio probabilmente sulla preesistente villa romana. Fu costruito un castrum vetus, per difendere la popolazione dalle invasioni barbariche.

Stando ad un documento di discussa autenticità, il 6 ottobre 878, il Re d'Italia Carlomanno di Baviera avrebbe donato il feudo di Desenzano al monastero di San Zeno di Verona riconoscendo all'istituzione religiosa il diritto di caccia nella Selva Lugana e di pesca nel lago.

All'inizio XII secolo è attestato che il feudo fosse in mano al signore del CastrumUgo della famiglia dei conti di Sabbioneta. La consorte Matilde, figlia di Reginaldo conte di Treviso, nel 1107 donò alcune terre al monastero di Acquanegra. Il XII secolo vide l'edificazione del nuovo castello, detto Castrum novum, e fu ribadita l'aggregazione del territorio alla diocesi veronese, sia per mano del Papa Eugenio III (1145) sia dall'Imperatore Federico I detto il Barbarossa (1154).

Dal punto di vista del potere civile, Desenzano fu sottoposta al potere del comune di Brescia, grazie all'investitura concessa dall'Imperatore Enrico VI. Nel 1220 è attestato che il feudo era gestito dalla famiglia dei Confalonieri la cui giurisdizione si estendeva presso RivoltellaSan MartinoSolferinoCastiglione e Medole.

Il XIII secolo fu l'epoca in cui si sviluppò l'eresia catara sia nel centro gardesano sia nella vicina Sirmione. Giovanni Bello fu ordinato vescovo in Tracia e fu posto a capo della comunità di Desenzano. Suo successore, fra il 1250 e il 1260, fu Giovanni di Lugio, autore del principale testo di teologia catara fino ad oggi sopravvissuto, il Liber de duobus principiis. L'eresia terminò il 12 novembre 1276 con l'arresto da parte dei Della Scala di 166 eretici i quali furono messi al rogo a Verona poco tempo dopo.

Nel 1426 la città entrò a far parte della Repubblica di Venezia. Fu assegnata alla Riviera di Salò divenendo capoluogo della cosiddetta Quadra di Campagna, la quale comprendeva i territori di CalvageseMuscolineRivoltellaPozzolengoCarzagoPadenghe e Bedizzole.

Nel Catastico Bresciano del Da Lezze (1610), Desenzano è indicata come sede del mercato del grano, punto di riferimento commerciale non solo della Riviera, ma di tutto il lago, della Valsabbia e del mantovano.

Desenzano conobbe una crescita economica nel corso del XV secolo che favorì gli investimenti nel campo delle costruzioni comprese sia quelle religiose, come la parrocchiale dedicata a Santa Maria Maddalena, sia quelle private, come la dimora dei Gialdi. Fu edificata una scuola (1449) e fu fortificato il Castello (1480). La guerra fra la Serenissima e gli Stati di FerraraMilanoFirenze e Napoli si segnala per l'assedio al fortilizio desenzanese operato dalle truppe comandate dal Duca di Calabria Alfonso.

Il Cinquecento fu contrassegnato dal ripetersi dei saccheggi ad opera delle truppe mercenarie (15121516 e 1527), dalla peste (1567) e dai tentativi di guadagnarsi autonomia sia dalla Repubblica di Venezia sia da Salò e dalla sua Riviera. Per un breve periodo all'inizio del XVI secolo, Desenzano e Pozzolengo passarono al Ducato di Mantova, ma poi ritornarono alla Serenissima su ordine di Luigi XII di Francia. Nonostante le difficoltà, in questo secolo fu fondata l'Accademia e furono ampliati il porto, la dogana e il magazzino dei cereali.

Nel 1568, gli amministratori del comune furono scomunicati a causa dei contrasti con la Santa Sede. Negli anni precedenti, infatti, questa aveva assegnato il beneficio parrocchiale al Monastero di San Salvatore di Brescia provocando i malumori del notabilato locale. Quattro anni dopo, la decisione fu sospesa e l'assemblea dei capifamiglia in cambio finanziò l'ampliamento della Parrocchiale.

Il primo decennio del XVII secolo fu caratterizzato dalla risistemazione del Castello da parte del Consiglio Generale e da altre opere pubbliche, come la riparazione dell'orologio, un nuovo ampliamento del porto e la ristrutturazione delle case del Vaccarolo. I decenni successivi furono caratterizzati tuttavia dallo sviluppo dell'edilizia privata. Nel 1630, Desenzano fu colpita dalla peste.

Il Settecento desenzanese iniziò con le devastazioni apportate dalla guerra di successione spagnola. Il 30 luglio 1701 le truppe dell'esercito imperiale entrarono in città saccheggiandola; due anni dopo, fu la volta dell'esercito francese. I due eserciti si scontrarono il 29 novembre 1704 presso monte Corno. Solo l'anno seguente Venezia decise di inviare due reggimenti a difesa della popolazione del lago.

Nel 1792 il Consiglio Generale accettò la proposta del poeta Angelo Anelli, professore presso i ginnasi di Brescia e Milano, di istituire una Scuola pubblica di latino, grammatica e retorica: fu il primo nucleo di quello che nel 1816 diventerà il Liceo.Nel marzo 1797, Desenzano entrò a far parte dell'effimera Repubblica Bresciana, mentre sul finire dello stesso anno, divenne sede del Dipartimento del Benaco della Repubblica Cisalpina, costituendosi come comune autonomo.[13] Tuttavia, già a partire dal 1º settembre dell'anno seguente, il dipartimento fu soppresso e Desenzano fu assegnato al Dipartimento del Mella.

Nel 1799 fu occupato brevemente dalle forze austro-russe e poi riassegnato alla Cisalpina con il ritorno delle truppe napoleoniche (1800). Con il riassetto del Regno d'Italia, stabilito con Decreto 8 giugno 1805, la città entrò a far parte del cantone VII di Lonato a sua volta appartenente al distretto I di Brescia. Fu inoltre definito comune di seconda classe a motivo dei suoi 3421 abitanti.

Il periodo napoleonico fu caratterizzato da investimenti in opere pubbliche come il nuovo molo su progetto di Carlo Bagatta (1805-1806) e il riadattamento a teatro della chiesa dei carmelitani.

Entrato a far parte del Regno Lombardo-Veneto, stato dipendente dell'Impero austriaco (1814), Desenzano fu elevato al rango di comune di prima classe (1815) e ricevette visita da parte dell'Imperatore Francesco I d'Austria nel 1816 e cinque anni dopo. Durante la prima visita, constatò l'efficienza dell'allora Collegio Bagatta, e ordinò che il diploma conseguito in esso fosse equiparato a quelli dei "Regi Licei". Testimonianza ne è la lapide conservata ancora oggi nell'atrio della scuola.

Dal punto di vista organizzativo, nel 1816 il comune fu assegnato al Distretto V di Lonato della provincia di Brescia. Nel 1853 fu inserito nel Distretto VIII di Lonato.

Nel 1830 nacque la Società del Casino punto di ritrovo della classe borghese ed intellettuale risorgimentale. Dopo gli eventi del 1848 e del 1849 a cui partecipò il comune, nel 1851 l'Imperatore Francesco Giuseppe fece visita alla cittadina desenzanese allo scopo di rinsaldare la fiducia con la popolazione. Tre anni dopo fu aperta la strada ferrata Coccaglio – Verona con la stazione e l'originario viadotto in mattoni con archi a sesto acuto.

La battaglia di Solferino e San Martino della seconda guerra d'indipendenza italiana coinvolse anche Desenzano che fu trasformata in un grande ospedale per il soccorso dei feriti.

A seguito della Pace di Zurigo, Desenzano entrò a far parte del Regno di Sardegna (poi Regno d'Italia) e fu incluso nel Mandamento X di Lonato a sua volta appartenente al circondario I di Brescia dell'omonima provincia. Nel 1862, con regio decreto 7 settembre 1862, n. 830, fu ribattezzato con il nome di Desenzano sul Lago.

I primi decenni post-risorgimentali furono caratterizzati dalla nascita della Società Operaia (1862), della Banca Mutua Popolare, dell'Osservatorio Meteorologico (1882), dal Museo Preistorico (1890).

Nel 1883, il comune cedette il Castello al Demanio allo scopo di tenerci un presidio militare.

Nel 1909 fu aperta all'esercizio la breve linea ferroviaria fra la stazione e il portoDue anni dopo fu la volta della tranvia interurbana a vapore per Castiglione delle Stiviere la quale si innestava sulla Brescia – Mantova permettendo un servizio viaggiatori diretto fra la cittadina gardesana e il capoluogo mantovano. Il servizio tranviario fu soppresso nel 1935, mentre la linea ferroviaria fu impiegata anche dopo la seconda guerra mondiale e fu chiusa solo nel 1969.

Dal 13 luglio 1915 vi era una Sezione Idrovolanti che il 26 gennaio 1916 diventa 1ª Squadriglia Idrovolanti. Il 12 febbraio 1916 Desenzano fu bombardata dall'aviazione austro-ungarica, con tre cittadini uccisi.

Nel 1926 il comune ricevette il territorio del soppresso comune di Rivoltella e fu ribattezzato Desenzano del Garda. Nel 1928 la Regia Aeronautica formò, presso l'idroscalo cittadino, una scuola di volo avanzata dedicata all'addestramento dei piloti velocisti per preparare adeguatamente i propri rappresentanti nella Coppa Schneider, la quale dopo l'ultima edizione della Coppa, nel 1931, venne ridesignata Reparto Sperimentale Alta Velocità.

Durante la seconda guerra mondiale, Desenzano fu bombardata dalle forze alleate sia il 12 aprile sia il 15 luglio 1944. Quest'ultimo bombardamento provocò la distruzione del viadotto ferroviario in mattoni rossi che fu ricostruito nel 1947 in cemento armato e con sagoma architettonica differente.

Nel 1959, con decreto del Presidente della Repubblica, Desenzano ha ottenuto il titolo di Città.

Monumenti e luoghi d'interesse

 

Duomo di Santa Maria Maddalena

Il Duomo di Desenzano del Garda fu consacrato nel 1611 ed ospita al suo interno affreschi di Andrea Celesti e una tela raffigurante l'Ultima Cena di Gian Domenico Tiepolo.

Castello

Il castello è originario dell'alto medioevo. Nel Quattrocento venne ampliato e assolse la funzione di rifugio per la popolazione. Dal 2007 è in opera il restauro, e la struttura ospita, nella stagione estiva, spettacoli teatrali all'aperto.

Piazza Malvezzi

È la principale piazza della città e risale al Cinquecento, opera dell'architetto Giulio Todeschini.

È dedicata alla memoria del partigiano desenzanese Giuseppe Malvezzi, assassinato dai nazifascisti il 28 aprile 1945 assieme ad altri otto suoi compagni nella Villa Fenaroli di Rezzato, allora adibita a sede della gendarmeria tedesca e di un gruppo della Guardia Nazionale Repubblicana.[25]

Porto vecchio

Il porto vecchio fu costruito durante la Repubblica di Venezia, utilizzato storicamente prevalentemente per lo sbarco delle derrate alimentari e delle merci è stato successivamente chiuso prima da un ponte levatoio e nel dopoguerra da un ponte in stile veneziano (ponte alla veneziana) ben presto diventato uno dei monumenti maggiormente fotografati della cittadina.

Nel febbraio del 2016 il porto vecchio è stato circondato da una passerella in stile moderno sorretta da 150 anche zincate e 600 barre filettate. Opera eseguita per favorire l'accesso alle imbarcazioni ormeggiate, ma facendo nascere critiche e polemiche di molti desenzanesi.

 

Spiagge e parchi

In prossimità del lago le spiagge principali sono quattro, tutte sassose: la spiaggia del Desenzanino, la spiaggia Feltrinelli, la Spiaggia d'Oro e la spiaggia di Rivoltella.

Dal 2002 nell'area retrostante le piscine comunali è stato ricavato il Parco del Laghetto, che da allora è il principale parco cittadino. Oltre ad un percorso salute, che si sviluppa lungo i sentieri del parco, sono presenti due campi da basket e una pista di pattinaggio in cemento, oltre a uno skate park e un campetto da calcio in terra.
Caratteristico del parco è il laghetto artificiale, che si trova al centro e che gli dà il nome.

Siti archeologici

Garda

È situato sulla costa veronese del Lago di Garda, anticamente conosciuto come Benàcus o Benàco. Il paese sorge al centro dell'omonimo golfo, che in parte si allunga fino a formare una piccola penisola, che comprende Punta San Vigilio e la Baia delle Sirene.

Confina a sud con Bardolino, a nord con Torri del Benaco, a est con Costermano sul Garda, mentre ad ovest con i comuni bresciani di San Felice del Benaco e Manerba del Garda.

Garda è facilmente raggiungibile percorrendo l'autostrada A22 del Brennero, uscendo al casello di Affi-Lago di Garda Sud (dal quale dista circa 9 km) oppure percorrendo la SR 249 Gardesana Orientale, in direzione di Riva del Garda. Fino al 1956 esisteva anche un collegamento con la linea ferroviaria Verona-Caprino-Garda.

Il toponimo Garda è l'evoluzione della voce longobarda "warda" (guardia, luogo elevato atto ad osservazioni militari o castelliere di sbarramento), un'evidente allusione alla fortezza eretta contemporaneamente alle prime invasioni barbariche sulla Rocca di Garda, la collina che sovrasta il paese, dove vi era la presenza di un castello ed una chiesa dedicata a San Colombano, la zona come corte (Curtis Gardensis) faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino, assieme alla Valpolicella e vari feudi Benacensi e veronesi, dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio; la prima testimonianza è data dal diploma del re Liutprando in favore del monastero bobbiense e in successivi come le Adbreviationes dell'abate Wala, cugino di Carlo Magno (833) e nei diplomi imperiali di Lodovico II (860) e di Berengario I (11 settembre 903). I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Garda è celebre fin dal Medioevo proprio per la sua Rocca, nella quale fu imprigionata la regina Adelaide di Borgogna, che nel 947 aveva sposato Lotario di Provenza, re d'Italia poi deceduto per avvelenamento. In seguito, Adelaide rifiutò la proposta di matrimonio del figlio del duca di Ivrea Berengario, il quale, per questo, la fece imprigionare sull'altura. La regina, secondo alcune fonti storiche, riuscì a fuggire, divenendo poi moglie di Ottone I, sceso in Italia nel 953. Durante il regno di Ottone la Rocca fu smantellata per ragioni ignote.

Garda fu, nel periodo medioevale, il centro del distretto amministrativo che esercitava il suo potere su tutti i comuni rurali della zona. Deriva dal comune rurale la Corporazione degli Antichi Originari, nata nel 1452 sotto tutela della Repubblica di Venezia, che le conferì i diritti sulla pesca nelle acque del lago. I diritti furono in seguito rispettati da Napoleone e dallo stesso Regno d'Italia. Ancora oggi della Corporazione fanno parte i discendenti degli Originari del luogo, che ogni anno si spartiscono le quote del ricavato dell'affittanza della pesca.

Monumenti e luoghi d'interesse

Garda è ricca di ville e di percorsi nella natura. Il centro abitato è dominato dalla Rocca, fin dai tempi dei Longobardi.

Architetture religiose

 

La pieve di Garda è una delle più antiche della zona, perché nel secolo X aveva già un capitolo di canonici facenti vita comune, nonché chierici dislocati a Torri del Benaco e a Bardolino. Nel 1522 venne unita all'Ospedale Maggiore di Brescia. Dedicata a santa Maria, la pieve fu ricostruita dopo il terremoto del 1117 e quindi rimodernata e modificata nel 1824. Il suo campanile fu costruito nel 1571. Dell'antica costruzione medievale della pieve rimangono tracce murate nel campanile e nel chiostro. Notevole il concerto di Campane alla veronese della parrocchiale, in tonalità di Mib3.

La chiesa di S. Stefano è a fianco della strada che attraversa il paese, vicino al torrente della SS. Trinità. Esisteva di certo prima del 1687, data scolpita su una parete esterna. Nel 1877 fu innalzata e restaurata.

Ville e palazzi

 

 

Punta San Vigilio

Punta San Vigilio, di proprietà dei conti Guarienti di Brenzone, forma una penisola che chiude a nord ovest il golfo di Garda. Sono presenti in questa piccola prominenza una villa, una chiesetta, una storica locanda, un porticciolo, la Baia delle Sirene. San Vigilio è sempre stato meta di visitatori illustri, tra i quali Maria Luigia duchessa di Parma, il re di Napoli, l'imperatore Alessandro di Russia, il Nobel Otto Hahn e la sua consorte, la pittrice Edith Junghans, Winston Churchill, gli attori Laurence OlivierVivien Leigh e il principe Carlo d'Inghilterra.

 

Gardone Riviera

Il comune è affacciato sul lago di Garda, lei cui acque di superficie accumulano calore, che viene restituito nelle stagioni fredde, ciò permette la presenza di colture di tipo mediterraneo come gli ulivi e gli agrumi. La particolare orografia ripara Gardone dai venti freddi, come è dimostrato dalla presenza di palme, banani, agavi, alberi secolari di canfora ed il cappero, che fiorisce sui muri esposti a sud. Fu questo clima mite e salubre a permettere la trasformazione da povero paese agricolo in stazione turistica rinomata, a partire dalla fine dell'800, quando i medici di tutta Europa ricercavano località adatte alla cura delle malattie polmonari, che colpivano persone di tutte le classi sociali.

Le alture nei pressi di Gardone Riviera furono abitate fin dall'età del bronzo, come dimostrano gli scavi archeologici condotti nel 2017 dall'Università di Padova e Pisa nell'area del monte Castello alle spalle della frazione di S.Michele in val di Sur, Qui sono stati trovati elementi in terracotta legati alla filatura, il manico di un falcetto per la mietitura e scorie di fusione che testimoniano attività metallurgica.[5]

Nella frazione di Fasano furono ritrovate lapidi di epoca romana, quando lungo le sponde del lago sorgevano le grandi ville, come quella dei Nonii Arii, i cui resti sono tuttora visibili nei pressi della chiesa parrocchiale di Toscolano Maderno.

Durante il medioevo fu territorio longobardo, come testimonia la dedica a S. Michele di una cappella sulla collina, il nome stesso sembra derivare dal termine warda, ovvero fortezza o presidio militare. Sicuramente permane un castello in val di Sur, come testimoniato da un documento del 1420. Dopo le invasioni degli Ungheri nella fine del sec. X, anche a Gardone si suppone venisse eretto un forte-castello nella Contrada. Un resto di bastione, tuttora è ben conservato nella strada Torricella. Il documento più antico che richiami la nostra attenzione su un lembo di terra gardonese è il diploma del 958, col quale Berengario II e Adalberto confermano al monastero di Leno i suoi possedimenti sulle rive del lago fra i quali vi è la Valle di Surro. Beni in Gardone venivano acquistati con atto di permuta del maggio 1038 dal vescovo Olderico, che ne fece dono al monastero di S. Eufemia a Brescia. il monastero dei SS. Cosma e Damiano ebbe beni specie in Morgnaga, in Fasano. Il vescovo di Brescia affidò il feudo agli Ugoni, famiglia bresciana legata ai Martinengo. In quest'epoca il borgo faceva parte di un ente sovra-comunale che riuniva i comuni rivieraschi del Garda bresciano: denominata Magnifica Patria della riviera di Salò. Privilegi risalenti alla prima metà del XIV secolo facevano riferimento alla “riperia” come a istituzione definita, mentre si ha notizia che nel 1334 fu decisa la riforma degli statuti della riviera. Gli statuti noti più antichi risalgono tuttavia al 1351. Sotto la dominazione viscontea venivano inviati un capitano e un podestà con il compito di amministrare la giustizia

In età veneta, a partire dal 1521, la Magnifica Patria mantenne condizioni di privilegio rispetto al resto del territorio bresciano. I trentaquattro comuni che appartenevano alla riviera erano suddivisi in sei quadre, ognuna delle quali eleggeva i propri rappresentanti nel consiglio generale. Dal consiglio generale erano poi eletti i deputati, cui spettava la gestione degli affari ordinari e l’esecuzione delle delibere del consiglio. Dal punto di vista giurisdizionale, dopo lunghe controversie con la città, fu stabilito che il provveditore inviato da Venezia amministrasse la giustizia criminale su Salò e i comuni della riviera, il podestà inviato da Brescia era invece competente per la giustizia civile. Gardone con Toscolano era nella quadra di Maderno, con l'esenzione delle tasse per il mantenimento degli uomini d'armi e nel 1581 era il più popoloso dei comuni della quadra con 1402 abitanti, Maderno 756 Tusculano 1061.

In questo periodo fiorisce la coltivazione degli agrumi lungo tutta la riviera . “Ha nella Riva del lago per forse diece miglia da Salò a Gargnano molti giardini, che di amenità non cedono a quei che scrissero poeti di Atlante, di Alcinoo, e dell'Hesperidi, copiosi in ogni stagione dell'anno di tutti quei pomi che hanno scorza d'oro, Limoni, Aranzi, pomi di Adamo … 

Lungo i torrenti sorgono mulini e fucine: sono ancora visibili lungo il corso inferiore del Barbarano i ruderi di una di queste officine specializzate nella fornitura di "ferrarezze", per lo più chiodi, alla Serenissima Repubblica. Dice il Grattarolo nel 1587 Facevano "tal rumore che chi passa, e specialmente di notte, para appunto di passar tra Mongibello" (l'Etna).

La pax veneziana si interrompe nel 1704, durante la guerra di successione spagnola, il territorio vede le scorribande dovute al passaggio degli imperiali e dei franco-spagnoli. nel triangolo Monte Maderno Fasano (accampamento tedesco) e Salò (accampamento Franco-Ispano). Il 23 aprile 1706 presso la rocchetta di Bornico avvenne una battaglia fra i Tedeschi, i quali arrivavano fino a Monte Maderno ed i Gallo-Ispani, che si erano spinti a Fasano fino a Bezzuglio. I Gallo-Ispani rimasero sconfitti e furono ricacciati oltre Salò con gravi perdite. Gardone e Fasano vennero saccheggiati.

Gardone subì un altro saccheggio nel 1797 da parte dei Francesi uniti ai Bresciani, avendo rifiutato con Salò ed altri Comuni della Riviera di ribellarsi a Venezia. Il Governo Provvisorio Bresciano costituì il Cantone del Benaco, poi aggregato alla Repubblica Cisalpina. Dal 1815 passa sotto il dominio dell'Austria nel Regno Lombardo Veneto. In questo periodo diviene sempre più importante la coltivazione degli agrumi, nel 1851 si contano 54 limonaie per 2,75 ettari e 1375 campi. I limoni, gli aranci, i cedri si vendono bene nel mercato nordico. Nel 1855 la gommosi comincia ad intaccare le coltivazioni, fu una catastrofe. Solo a partire dal 1873 si cominciò ad innestare l'arancio amaro, resistente alla gommosi ed alcune limonaie tornarono in attività.

Gardone viene annessa con la Lombardia al Regno di Sardegna nel 1859 e diviene italiana nel 1861, ma la fortuna del borgo ebbe inizio con l'arrivò della famiglia italo austriaca dei Wimmer. Luigi ed Emilia Wimmer nel 1877 comperarono la tenuta del Cargnacco, in seguito acquistata da d'Annunzio, essi si trasferirono ufficialmente da Brescia a Gardone nel 1880. Nel 1881 apre il loro primo albergo: Il PizzocoloLuigi Wimmer diviene sindaco nel 1881 ed accelera la trasformazione della cittadina, ponendo le basi della città giardino, con la creazione di passeggiate nel verde.

Sotto l'impulso di questo ingegnere e soprattutto della moglie Emilia Holzgärtner, il paese si trasforma, vengono coinvolti amici e conoscenti, dapprima ospiti dell'albergo e poi residenti attirati dal clima dolce e dalla possibilità di acquistare terreni a cifre ragionevoli. Saranno soprattutto medici, come il dottor Rodhen e Koeniger a diffondere i pregi della località sulle riviste specialistiche tedesche, come stazione climatica invernale adatta a persone dalla salute delicata. Il dottor Karl Koeniger acquista un edificio settecentesco con ampio giardino, affidando il progetto ad Angelo Fuchs, lo trasforma in stabilimento di cura con 30 camere - Villa Primavera - Oggi l'edificio ospita il municipio del paese. Con Rhoden, che si è stabilito sulla riva del lago a villa Rhuland, fonda il Kurverin “Comitato per la Stazione climatica di Gardone Riviera” che operò per la promozione di opere pubbliche con i denari raccolti con la Kurtaxe (primo esempio di tassa di soggiorno in Italia).

Dopo la morte prematura di Wimmer la signora Emilia amplierà l'albergo di famiglia fondando il Grand hotel Gardone Riviera, luogo prediletto per il soggiorno dei tanti ospiti che dalla Mitteleuropa e dalla Russia soggiorneranno nel borgo gardesano.

Nella Belle Époque molte famiglie austriache e tedesche costruirono splendide residenze in riva al Lago. I Langensiepen, industriali della Westfalia, costruttori di pompe, acquistarono villa Ruhland e l'uliveto a monte, ove l'architetto Heinrich Schäfer realizzerà la splendida villa in stile neoclassico oggi nota come Villa Alba, immersa in un parco di 70.000 mq con torre belvedere e darsena, ribattezzata da d'Annunzio Torre San Marco. Max Langensiepen, appassionato di botanica, avvia un'attività vivaistica e di esportazione verso i mercati nordici di palme e piante mediterranee in vaso.

Nel 1897 viene aperta al culto una chiesa evangelica progettata dall'architetto danese Aage von Kauffmann, con finanziamenti della comunità luterana di Francoforte.

Nel 1904 August Rodhen costrui la Pension Quisisana, clinica tuttora attiva con il nome di villa Gemma.

Sorge la Kurhaus in riva al lago poi Kur-casino, che per breve tempo fu attivo anche per il gioco della roulette, ma con la legge del 1912, che proibì il gioco d'azzardo, ritornò ad essere luogo di attrazione per feste, concerti, spettacoli teatrali, centro della vita mondana. In riva al lago sorgono anche Il Grand hotel Fasano progettato dall'architetto berlinese Fritz Schumacher. Nel 1906 sorge il Grand Hotel Savoia opera di Schäfer poi Savoy Palace, a cui il proprietario italiano del primo dopoguerra aggiungerà il parco pubblico, che d'Annunzio ribattezzerà “ Rimbalzello”.

La cittadina si sviluppò senza un vero piano regolatore, ma la forte influenza esercitata dall'ing. Fuchs e l'intervento di validi architetti fecero assumere a Gardone un'immagine armoniosa di città parco, come rivelano le cartoline dell'epoca. La stagione turistica durava tutto l'anno, quella del 1912-13 vide la presenza di 12,636 ospiti. Fra gli ospiti fissi il prof. Henry Thode che acquistò la tenuta del Cargnacco dalle figlie di Wimmer, egli con la sua fama animò la scena culturale della cittadina tenendo conferenze al Casinò sul rinascimento italiano, ove presentò la sua monografia su S.Francesco d'Assisi. Portò la sua biblioteca e la raccolta di fotografie di opere d'arte in quello che nel primo dopoguerra diverrà il Vittoriale. La moglie Daniela Senta von Bulow, nipote di Franz Liszt, recò al Cargnacco il pianoforte Steinway del nonno, la contessa riuscì a farselo restituire dopo la seconda guerra mondiale e lo donò al museo del Teatro alla scala, ove è stato recentemente restaurato.

A villa Annina soggiornava Il poeta Paul Heyse, premio nobel nel 1910, egli dedicò al lago di Garda numerose poesie e novelle. Un'altra grande collezione di libri e di opere d'arte antiche si trovava nella villa di Alexander Gunther in riva al lago a Fasano, opere che dopo il sequestro dei beni degli stranieri del 1918 finirono in parte al Museo di S.Giulia a Brescia e in parte disperse.

La prima guerra mondiale pone infatti termine alla Bella Époque gardonese. Il territorio diviene seconda linea di difesa di un fronte poco lontano: all'altezza di Ponale e della valle di Ledro. Una parte degli abitanti di Limone viene trasferita a Gardone Riviera. I beni di proprietà tedesca ed austriaca vengono espropriati.

Nel 1921 le proprietà degli ex nemici attribuite all'Opera Combattenti vengono vendute al miglior offerente, fra questi Gabriele d'Annunzio che acquista il Cargnacco per 130 mila lire. Fra i pochi a conservare le proprietà Il dentista dei papi e degli Zar Arturo Hruska[16], che comprò un terreno, nel 1903 vi fece costruire una villa e progettò un giardino botanico di 10.000 mq tuttora esistente. Nel primo dopoguerra Hruska e il farmacista Mario Ferrari, entrambi appassionati di botanica, diverranno gli animatori del mantenimento e dell'abbellimento dei parchi di Gardone, ove ancora possiamo ammirare alberi secolari originari di zone subtropicali del mondo come gli alberi di canfora, i cipressi cashmiriani e le molte varietà di palme.

L'immediato dopoguerra è un momento di grave crisi economica e sociale, ma dal 1925 inizia una ripresa del turismo dovuta anche alla presenza di d'Annunzio ed all'opera di trasformazione del Cargnacco in Vittoriale degli italiani, sotto la guida dell'architetto Gian Carlo Maroni.

Gli alberghi si italianizzano Rosenhof diventa Villa delle Rose, ma la clientela di lingua tedesca ritorna, come testimonia il bel racconto di Stefan Zweig “Tramonto di un cuore”, ambientato al Grand Hotel.

Negli anni trenta il turismo da invernale diviene estivo, si va sul lago non solo per svernare, ma per le attrattive di feste, balli concerti, tennis,equitazione, gite in barca, passeggiate.

In questo periodo nuove ville di pregio si aggiungono alle precedenti. La villa detta “il castello di Morgnaga” dell'architetto Egidio Dabbeni, la villa Elvira a Fasano di ispirazione razionalista. Una delle ville di progettate da Fuchs in riva lago viene rifatta ispirandosi al Rinascimento veneziano, villa Fiordaliso, famosa per aver ospitato Claretta Petacci durante la RSI, mentre Mussolini stava a Gargnano a Villa Feltrinelli.

La seconda guerra mondiale e l'istituzione nel 1943 della Repubblica Sociale Italiana, sotto controllo nazista, sconvolge la vita della Riviera. Salò capitale, Gardone sede di ospedali militari e convalescenziari tedeschi, ambasciate, il centro di telecomunicazioni della Wehrmacht a villa Alba, fabbriche di armi nelle gallerie a nord di Gargnano. A soffrire di di più, della solerte collaborazione dei funzionari della Repubblica Sociale con i nazisti, furono le famiglie ebraiche, che vivevano a Gardone Riviera, la famiglia Bamberger di villa Paolina, Umberto e Arturo Soliani, proprietari del negozio alla Bomboniera in via Zanardelli 24, che persero la la vita a Flossenburg e a Dachau, Alfredo Russo morto a Auschwitz. Massimo Lowy ed altri che erano recentemente immigrati in Italia sperando in una sorte migliore di quella subita in Austria e Germania.

La Liberazione giunge con le brigate partigiane della val Sabbia e soprattutto con l'avanzata degli alpini americani: la X divisione da montagna, che al comando del generale George Price Hays vince le ultime resistenze tedesche sulla sponda orientale del Garda ed il 30 aprile 1945, attraversa il lago con strani mezzi anfibi i DUKW (le “anatre” già usate nello sbarco in Normandia), occupando i palazzi e le ville, teatro degli ultimi atti del fascismo.

Nel secondo dopoguerra il turismo riparte molto lentamente, ma già nel 1949, con il soggiorno di Winston Churchill al Grand Hotel Gardone Riviera, il paese ritorna agli onori delle cronache mondane, con un rilancio delle presenze straniere. Le fotografie del tempo ritraggono Churchill mentre si tuffa nelle acque del Lago o dipinge col cavalletto e la tavolozza. La famiglia Mizzaro, proprietaria del Grand Hotel, ha intitolato allo statista la suite numero 316. Nel 1961 viene aperta la scuola alberghiera con sede a villa Alba. Oggi L'istituto Caterina de' Medici ha più di mille studenti, una nuova sede sulla collina fra secolari cipressi del Kashmir e una succursale a Desenzano.

Negli anni ' 50 e '60 del '900 il paese si popola di seconde case ed i turisti residenti in abitazioni di proprietà o in affitto sfiorano all'inizio del nuovo secolo le diecimila unità, mentre circa duemila sono gli ospiti degli alberghi in agosto. Il Vittoriale, che negli anni sessanta era tradizionale meta di gite scolastiche, è stato rilanciato con l'accurato restauro dei giardini ed il suo anfiteatro all'aperto accoglie musicisti di livello internazionale.

Monumenti e luoghi d'interesse

 

Gargnano

Il comune si estende per quasi 80 chilometri quadrati, alcune delle sue frazioni distano anche 20 km. Comprende inoltre una parte del lago di Valvestino che costituisce le acque interne del comune. Il bacino venne creato nel 1962, con la costruzione della diga, sbarrando quindi il torrente Toscolano.

Il nome del paese compare per la prima volta in un documento del 937 come Garniano, forse derivato dal personale latino Garenius. Documenti di Tito Livio e lapidi, testimoniano la presenza di EtruschiCeltiCenomani e Romani.
Dal 1350 al 1426 il territorio di Gargnano fu dominio dei Visconti come capoluogo di quadra nella Magnifica Patria, per poi seguirne la storia sotto il dominio della Repubblica di Venezia. Successivamente alla scomparsa della Serenissima sarà annesso alla Repubblica bresciana, di cui seguirà le sorti sotto la dominazione napoleonica, come capoluogo di cantone, e poi asburgica fino al Regno d'Italia.

Nel 1943 Gargnano ospitò Mussolini che vi arrivò il 10 ottobre, dove occupava, in località San Giacomo, Villa Feltrinelli (oggi hotel di lusso). Il Duce, che aveva da poco istituito la Repubblica Sociale Italiana, viveva nella villa con la moglie, donna Rachele e figli Romano e Anna Maria.

Monumenti e luoghi d’interesse

 

 

Lazise

situato lungo la sponda orientale del lago di Garda. Questa collocazione geografica gli conferisce una posizione di grande pregio paesaggistico, ma sono presenti anche elementi di grande pregio architettonico e di notevole importanza storica.

Oltre a queste peculiarità Lazise può contare sulla presenza di una fonte termale a Colà, di parchi dei divertimenti (Canevaworld e Gardaland, quest'ultimo situato in parte sul territorio di Castelnuovo del Garda, dove ha sede, e in parte sul territorio di Lazise) e un esteso paesaggio agricolo collinare.

Lazise registra ogni anno circa 3,5 milioni di presenze ufficiali, cifre che la collocano al dodicesimo posto assoluto in Italia fra le destinazioni turistiche, e al primo come meta lacustre italiana.

Lazise, posta a circa 24 chilometri a ovest da Verona, capoluogo della provincia di cui fa amministrativamente parte, si trova sulla sponda orientale del lago di Garda, compreso tra i comune di Castelnuovo del Garda a sud e di Bardolino a nord, mentre confina a est con Pastrengo e Bussolengo. A ovest è confinante con la provincia di Brescia (comuni di Sirmione e Padenghe sul Garda). Il comune lacisiense occupa una superficie di 64,96 km², anche se le terre emerse impegnano solamente 30 km².

Il territorio di Lazise si sviluppa completamente all'interno del grande anfiteatro morenico del Garda: sorge su terreni costituiti da sedimenti depositati in ambiente glaciale e fluvio-glaciale durante il quaternario, depositi attribuiti principalmente alle glaciazioni Riss e Würm e in seguito addolciti dai processi di denudazione e dilavamento dei versanti. Questi ultimi processi hanno provocato la formazione di una morfologia ondulata che degrada con delicatezza verso il lago.

Il suolo presenta depositi morenici fino a diverse centinaia di metri di profondità, come hanno confermato la perforazione di pozzi idrici, e questa composizione del suolo causa la media permeabilità dei terreni superficiali. Le falde freatiche presenti nei fondovalle sono spesso presenti a pochi metri di profondità sotto il piano di campagna, motivo per cui sono presenti nel territorio diversi toponimi che richiamano la presenza di ristagni idrici, difficoltà di deflusso e falde superficiali. Questo territorio è caratterizzato da una rete di piccoli corsi d'acqua e scoli che confluiscono nel lago di Garda: il Dugale, il Rio Bisaola, il Dugale dei Ronchi e del Palù, il Dugale della Fontana, il Dugale della Figara e lo scolo Colombara.

Per quanto riguarda la classificazione sismica regionale Lazise è classificata nella zona 3, ovvero a bassa sismicità, anche se storicamente la zona a est del lago di Garda, quindi il monte Baldo e la val d'Illasi, sono aree a sismicità piuttosto alta, essendovi stati eventi sismici di notevole intensità.

Il lago di Garda, e quindi Lazise, fa parte di quell'ampia zona climatica che comprende la Pianura Padana e le prime valli alpine e che denota un clima temperato-continentale, ma che localmente manifesta condizioni notevolmente mitigate dalla massa d'acqua: questo clima può definirsi sub-mediterraneo. La primavera e l'autunno sono le stagioni più piovose, mentre l'estate è di tipo mediterraneo, quindi asciutta ma interrotta da intensi temporali, specialmente nel mese di agosto. In inverno le temperature sono meno rigide rispetto alle zone circostanti e le precipitazioni sono piuttosto scarse, mentre le nebbie solo in poche occasioni riescono a invadere il basso lago.[9]Nel comune di Lazise la temperatura media annua è di circa 12-13 °C, con medie minime di 8 °C e medie massime di 18-18,5 °C, mentre le precipitazioni annuali variano da un minimo di 650 mm ad un massimo di 800 mm.

Il nome Lazise deriva dal latino lacus che significa "villaggio lacustre", come sembrano confermare documenti dell'alto medioevo che riportano il paese sotto il nome di Laceses. Un'altra ipotesi, poi scartata, voleva il nome del paese derivato da Antonio Bevilacqua di Loncis, Loncis dal suo castello in Baviera, divenuto nel 1014 governatore del lago, e che diede vita all'importante famiglia che mutò poi nome in Bevilacqua-Lazise.

Porta San Zeno, uno dei principali accessi al borgo.

Il ritrovamento di testimonianze di aggregati di abitazioni su palafitte dell'età del bronzo dimostrano la rilevanza che ebbe Lazise come centro preistorico.

In epoca romana il lago divenne un'importante via di comunicazione per le merci che arrivavano dalla Germania; amministrativamente a Lazise si presentavano le condizioni tipiche dei vicus e dei pagus, anche se probabilmente capoluogo di questo pagus, ovvero della circoscrizione territoriale rurale che si estendeva da Pacengo a sud sino a Lazise a nord, e nell'entroterra a est fino a Sandrà e Pastrengo, non era Lazise bensì Colà.

Del paese, sotto la dominazione degli Eruli, quindi degli Ostrogoti, e infine dei Longobardi, si hanno solo notizie frammentarie e piuttosto generiche, se non quasi assenti, e una delle poche testimonianze trovate sembra sostenere la tesi che in quel periodo Lazise fosse soggetta al conte di Verona.[15] Sembra che la zona facesse parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni e aprendo vie commerciali.

Nel 983 la comunità di Lazise chiese all'Imperatore del Sacro Romano Impero Ottone II la possibilità di difendere il borgo fortificando il castrum e il 7 maggio dello stesso anno Ottone II rispose con un diploma nel quale concedeva l'esazione di alcuni tributi (tra cui il teloneo e il ripatico), concedeva i diritti di transito e di pesca, e rilasciava ai cittadini lacisiensi la possibilità di fortificare il castrum. A partire da quell'anno Lazise venne quindi organizzata a vicinia, con 18 membri e ampie autonomie in questioni civili, economiche, ma anche religiose (e quindi a partire da quest'anno divenne sede di pievano), in modo da poter disciplinare liberamente pesca e commercio. Si trattava di una situazione piuttosto particolare rispetto a quella degli altri centri, e la concessione di queste ampie autonomie, oltre ovviamente all'assegnazione di incarichi, fa sì che Lazise venga considerata il primo libero Comune d'Italia. L'importanza data dall'imperatore al borgo dipese dalla possibilità di utilizzare una vasta prateria nella zona per l'eventuale sosta dell'esercito imperiale, dall'essere un ottimo centro per il vettovagliamento e perché era in via di definizione un primo nucleo fortificato per la difesa della milizia.

Lazise, pur facendo parte della Giudicaria Gardense (vasto territorio tra Adige e lago di Garda), ne era largamente indipendente. Nel 1077 Enrico IV con un atto confermò nuovamente l'esenzione da alcune imposte e in un atto privato del 1123 Lazise viene per la prima volta definita "Patria". Nel 1193 il podestà di Lazise assistette, insieme ai rappresentanti di altri borghi della Giudicaria Gardense, alla consegna di Garda al Comune di Verona, che estese il proprio potere anche alle altre ville della Giudicaria, compresa Lazise, la quale mantenne comunque gli antichi privilegi.

Sotto gli Scaligeri vennero realizzati il castello e le mura cittadine e nel 1387, quando la Signoria Scaligera stava per cadere per mano degli eserciti dell'alleanza formata da Gian Galeazzo ViscontiFrancesco I Gonzaga e Francesco I da Carrara, il borgo fortificato, che rimase fedele a Verona, chiuse le porte e si preparò all'assedio da parte delle truppe nemiche, il quale durò alcuni giorni. Lazise cedette alle armi da fuoco nemiche il 13 ottobre 1387, quindi passò sotto il dominio Visconteo, sotto il quale fu sede del vicariato di una giurisdizione piuttosto ampia, anche se poco tempo dopo passò sotto il dominio Carrarese.

Un palazzo edificato in età moderna sul lungolago.

Nel 1405 vi fu la dedizione di Verona a Venezia, ma Lazise fu l'unico borgo in territorio veronese deciso a ribellarsi tanto da essere messa sotto assedio, arrendendosi all'esercito della Serenissima il 23 giugno dello stesso anno. Nonostante ciò durante il dominio veneto Lazise divenne sede del vicariato di un'ampia giurisdizione e, nel 1409, venne ordinato da Venezia il restauro delle fortificazioni del paese e lo stabilirsi di un castellano che si occupasse della custodia delle stesse e di tutte le cose militari.

Nel 1439 il borgo venne preso di mira dalle truppe di Filippo Maria Visconti, il quale si trovava in guerra con la Repubblica Veneta, ma dopo questa breve parentesi di guerra prosperò la pace fino agli eventi della guerra della Lega di Cambrai, durante la quale una galea veneziana si autoaffondò per non finire in mano nemica davanti all'abitato, che passò in mano a Giovanni Gonzaga il 23 agosto 1510. Pure il Gonzaga confermò a Lazise gli antichi privilegi, ma il borgo tornò sotto Venezia già nel 1516, al termine della guerra. Questo fu un periodo continuo di lotte che si arrestarono per questa comunità solo dopo il saccheggio di Lazise da parte dei Lanzichenecchi nel 1529: dopo questo ultimo episodio vi fu un periodo di prosperità e pace che si protrasse per quasi due secoli, intervallato però dalla peste del 1631 che decimò la popolazione, praticamente dimezzandola.

 

La rivoluzione francese portò considerevoli conseguenze anche a Lazise, a causa sì del passaggio dei soldati francesi che dovevano dirigersi in Tirolo ma soprattutto perché nell'abitato venne posto il quartier generale francese, così che i militi francesi ne approfittarono per saccheggiare l'abitato. Il 16 maggio 1797, inoltre, venne eretto l'albero della libertà tra l'indifferenza dei paesani. Lazise passò quindi alla Repubblica Cisalpina e poi alla Regno d'Italia, sotto il quale divenne capoluogo del quinto distretto di Verona, ma nel 1815 Lazise cambiò nuovamente bandiera passando sotto il Regno Lombardo-Veneto e quindi, di fatto, sotto l'Impero austriaco.

Durante il periodo risorgimentale si svolsero nei dintorni del borgo numerosi accadimenti: durante la prima guerra di indipendenza italiana le truppe piemontesi entrarono a Lazise, dove accumularono la polvere da sparo proveniente da una polveriera conquistata nelle vicinanze di Peschiera del Garda (importante fortezza del Quadrilatero), acquartierandosi nei pressi di villa Pergolana e spostandosi quindi verso Castelnuovo, dove si svolse l'omonima battaglia; durante la seconda guerra di indipendenza furono invece qui trasportati via lago i feriti della battaglia di San Martino, che vennero soccorsi nella zona del porto. Solamente nel 1866, a seguito della terza guerra di indipendenza, Lazise e il Veneto entrarono però a far parte del Regno d'Italia.

Stemma

In origine lo stemma del comune di Lazise era uno scudo scaccato a losanghe diagonali argento e azzurro, analogamente allo stemma dell'antico regno bavarese. Successivamente lo stemma è stato partito: la metà sinistra è formata dallo scaccato colore argento e azzurro, in quella destra è raffigurato un dragone rosso in campo d'oro.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

 

Chiesa dei Santi Zenone e Martino 

Dell'originaria chiesa di San Zeno, che divenne parrocchiale di San Martino nel Cinquecento, si ha notizia a partire dal 1295. Essa, di buona capienza ma piuttosto sproporzionata nelle forme e nelle dimensioni, occupava la stessa posizione dell'attuale chiesa dei Santi Zeno e Martino, che venne realizzata successivamente all'abbattimento della prima nel XVIII secolo. Il progetto di Luigi Trezza per il nuovo edificio prevedeva un disegno neoclassico, i lavori di costruzione si fermarono però all'arrivo delle truppe napoleoniche e ripresero solo nel 1821 con la costruzione del presbiterio, dell'abside e del campanile, sul quale vennero poste cinque campane nel 1840, quando si conclusero definitivamente i lavori. La chiesa venne consacrata il 2 settembre 1888 dal cardinale Luigi di Canossa.

 

Chiesa di San Nicolò 

La chiesa di San Nicolò è situata presso il porto vecchio di Lazise. In stile romanico, si pensa risalga al XII secolo, anche se compare per la prima volta in un documento solamente nel 1320. Sulla porta maggiore vi è il protiro pensile originale, mentre l'abside fu rifatta nel 1595 e il campanile originale, che sul finire del Settecento era pericolante, venne abbattuto e al suo posto ne venne realizzato uno nuovo. Nel 1879 la chiesa venne chiusa per ordine del cardinale Luigi di Canossa che era in visita al paese in quanto era in stato di abbandono, così, negli anni successivi, venne utilizzata per spettacoli teatrali.

 

Altre chiese

  • Chiesa dei Santi Fermo e Rustico, edificio del XII secolo in stile stile romanico situato in aperta campagna;
  • Chiesa dei Santi Faustino e Giovita, chiesa del XII secolo, che venne ristrutturata nel XVI secolo, quando si trovava in stato di semi abbandono e a cui venne aggiunta l'abside nel XVII secolo, sul cui altare si trova la pala dei martiri Faustino e Giovita;
  • Chiesa di San Gaetano da Thiene, oratorio realizzato nel 1711 contenente la pregevole tela di San Gaetano con la Vergine e il Bambino di Edoardo Perini;
  • Chiesa di San Giovanni Battista, oratorio consacrato il 14 settembre 1782, dedicato ai santi Giovanni Battista, Giacomo e Luigi Gonzaga.

 

Architetture civili

 

Dogana veneta 

Costruzione di grande importanza per lo scalo delle merci nel paese era la dogana veneta, insieme all'antistante porto che si trova già nei documenti del X secolo. Alle estremità del porto, a lato della Dogana, vi erano due torri (oggi non più presenti) da cui partivano le mura che proteggevano il porto e andavano a collegarsi al castello Scaligero più a sud. L'arsenale o darsena che si apre in questo tratto di cortina muraria si ha notizia già a partire dal 1329, realizzato dagli Scaligeri: esso venne utilizzato, dai veronesi prima e dai veneziani più tardi, per la custodia di parte della flotta. Il 19 ottobre 1607 la comunità chiese però a Venezia di poter smantellare l'arsenale per trasformarlo in una dogana per le merci, che oggi appare come un unico locale in pietra di 900 m² con un'altezza di 10 m, utilizzato come centro congressi.

 

Villa Pergolana 

Nel luogo dove oggi sorge la Pergolana, originariamente chiamata Parivolana, nel Cinquecento venne fondato un monastero dai frati francescani, che realizzarono anche la chiesa di Santa Maria delle Grazie. Nel 1574 i frati vendettero monastero e chiesa ai conti Della Torre che successivamente la rivendettero ai Villa, i quali abbellirono la chiesa con alcuni dipinti e l'arredo. La proprietà passò quindi a Gian Battista Mutinelli e, nel 1856, ai conti Cavazzocca Mazzanti. Nel sito del monastero e della chiesa di Santa Maria delle Grazie (dove si trova pure la Annunziata di Felice Brusasorzi) fu realizzato un palazzo disegnato dall'architetto Giacomo Franco in stile lombardo e avente le forme di un castello. Questo palazzo è circondato da un giardino realizzato con principi di simmetria e che giunge sino sulla sponda del Garda.

 

Altre ville

  • Villa Bernini, situata all'interno del parco del castello lacisiense, con un prospetto affacciato sulla sponda del Garda. Essa è fiancheggiata dalle antiche mura che proteggevano il porto militare;
  • Villa Bottona, situata a sud dell'abitato di Lazise, è stata realizzato con le sembianze di un edificio medievale, con tanto di torre e merlature, ed è immersa in un notevole giardino con alberi secolari;
  • Villa Bazzoli, sempre a sud di Lazise e a breve distanza da villa Bottona, fu realizzata insieme al giardino dal conte Girolamo Murari Della Corte Bra. Venne successivamente ampliata ed oggi ha l'aspetto di un palazzo;
  • Villa dei Cedri, nella frazione di Colà, è una villa veneta realizzata tra XVIII e XIX secolo dall'architetto Luigi Canonica, in cui trova posto un parco termale sorto a seguito della recente scoperta di una fonte di acqua termale. Durante la seconda guerra mondiale ospitò il maresciallo Erwin Rommel.

Architetture militari

 

Castello Scaligero 

L'edificio più imponente di Lazise è il castello scaligero e la cinta muraria che circonda il centro storico. Il castello venne realizzato durante la dominazioni dei signori di Verona Bartolomeo II e Antonio della Scala, o forse poco prima dal padre Cansignorio della Scala (visto che la porta Nuova reca la data 21 maggio 1376).[35] Il paese ha sempre avuto tre porte d'ingresso munite di saracinesche e ponti levatoi: porta Superiore, oggi chiamata comunemente porta San Zeno, per l'accesso da oriente; porta Lion (così chiamata perché recava lo stemma della Serenissima), per l'accesso da meridione; porta Nuova (così chiamata perché realizzata per ultima), oggi comunemente chiamata porta Cansignorio, per l'accesso da settentrione. Il castello subì delle lesioni durante l'assedio dei veneziani nel luglio 1438, e poi ancora nel maggio 1528 ad opera dell'esercito di Carlo V. Nel XVI secolo, con l'avanzare delle nuove tecnologie e tattiche di guerra, il castello perse d'importanza e venne acquistato prima dalla comunità lacisiense e in seguito da famiglie private.

 

LIMONE SUL GARDA

Il borgo non è molto grande, si può visitare in un paio di ore. Il problema principale sarà di sicuro dove trovare parcheggio, ma potete risolvere questo problema arrivando via acqua, magari seguendo il mio itinerario in battello tra Riva, Malcesine e Limone, in bici o in autobus da Riva del Garda.

 

Parrocchiale

Inizio la visita di Limone dalla chiesa dedicata a San Benedetto, edificata su una preesistente chiesetta romanica, poi ampliata perché troppo piccola per accogliere i fedeli della zona. Lo stile rimanda all'architettura austriaca. Sembra un po' come ricordare il passato del paese, quando Limone non faceva ancora parte dell’Italia, ma era annessa all’impero austriaco.

 

Lungolago Marconi

Dalla Parrocchiale mi avvicino al lago e arrivo al lungolago Marconi, ricco di bar, ristoranti e negozi e punto di attracco dei battelli della navigazione laghi. Dal lungolago si apre un vasto panorama sulla sponda veronese con Malcesine e il monte Baldo in primo piano.

 

Porto vecchio

Attraverso la vicina Piazza Garibaldi e continuo per via Porto fino ad arrivare al porticciolo, uno degli angoli più caratteristici di Limone sul Garda. Qui potrete ammirare il via vai delle imbarcazioni tra case color pastello e bouganville. 

 

Chiesetta di  San Rocco

Dal porto vecchio continuo per via Porto e poi per via Nova fino ad arrivare alla chiesetta di San Rocco, uno dei luoghi più amati di Limone in quanto vi si accede attraverso una caratteristica scalinata sempre adornata di fiori e piante tipiche del Garda.

 

Borgo antico

Ma la cosa più bella da fare a Limone sul Garda è quella di perdersi tra i vari vicoli del paese immergendosi nella magia di questo borgo antico. Ogni via e ogni numero civico sono segnati con targhette di ceramica decorate con disegni di limoni. Ammirate le sue strade strette, piccole piazze, fontane, saliscendi con scorci sul lago, caffè, boutiques e i negozi che vendono molti prodotti che hanno i limoni come componenti. 

 

Elisir di lunga vita

Lo sapete che gli abitandi di Limone sul Garda posseggono una forma mutata di apolipoproteina chiamata Apo A-1 Milano, che genera una variante benefica di colesterolo ad alta densità, capace di ridurre il rischio di arteriosclerosi e altri disturbi cardiovascolari? In pratica l’elisir di lunga vita è nel dna dei suoi abitanti.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare il nome del paese non è dovuto ai limoni che da centinaia di anni si coltivano nell'alto lago. Pare invece che il nome derivi dal latino "Limem" che significa confine. In passato il paese di Limone era estremamente isolato, raggiungibile facilmente solo via lago e basava la propria economia sulla pesca e sulla coltivazione di olivi e limoni.

 

Limonaia del castel

Prossima tappa del mio itinerario per Limon è la limonaia. La visita è molo interessante e suggestiva e si svolge tra gli agrumi dai frutti dorati: limoni, arance, cedri, bergamotti! La limonaia è una struttura antica, tipica dell’economia caratteristica di questa località, ormai quasi abbandonata . Dall’alto si può ammirare un paesaggio davvero unico.

 

Ciclovia di  Limone

a Limone sul Garda una delle attrazioni più conosciute: la ciclovia sospesa sul Garda.

Inaugurata pochi anni fa, ormai è una delle cose assolutamente da vedere in zona. La partenza, però, non è in centro paese e dovrete camminare per qualche km prima di arrivare. Una volta arrivati si cammina su una passerella sospesa per circa 3 km, ammirando panorami unici sul lago verso Riva del GardaTorboleMonte Stivo e Monte Brione per poi finire... nel nulla. Ebbene si, è in progetto il prolungamento fino a Riva del Garda, però al momento finisce in strada 

 

LONATO DEL GARDA

 

Il nome "Lonato" è ritenuto da alcuni studiosi derivante da "Lona", termine celtico con il significato di "laghetto". Lo stemma di Lonato raffigura un leone rampante rivolto a sinistra, con due chiavi incrociate nella zampa anteriore destra, in alto tre gigli (concessi da Luigi XII nel 1509) in campo azzurro; lo scudo è sormontato dalla corona civica.

La zona di Lonato (Lonadum) faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo (Manerba del Garda), dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

  • Tracce di insediamenti romani esistono nelle località Monte Mario e Pozze. Qui si stabilirono, su palafitte, i primi insediamenti umani risalenti all'età del bronzo (1800 anni a.c.). Tale presenza è documentata dai reperti ritrovati nella zona Polada Lavagnone e Palude Lunga, nel corso di alcune campagne di scavi.
  • Il paese, distrutto nel 909 dagli Ungari come risulta dal diploma dell'imperatore Berengario, venne ricostruito e fortificato.
  • Tanti e diversi furono i "tutori" o padroni che in epoca storica, a turno e a più riprese, si palleggiarono il possesso di Lonato e lo sfruttarono, prima in quanto territorio compreso nel Municipium di Verona, poi come borgo fortificato o fortezza.
  • Nel 1516 il territorio di Lonato passò sotto la Repubblica di Venezia.
  • Nel 1527 morì a Maguzzano il cardinale Scaramuccia Trivulziovescovo della Diocesi di Como.
  • Nel 1796 Napoleone Bonaparte entrava vittorioso in Lonato dopo aver battuto gli austriaci del feldmaresciallo Würmser nella battaglia di Castiglione.
  • Con la vittoria dei franco-piemontesi sugli austriaci a Madonna della Scoperta, nel giugno del 1859, il paese entrò a far parte del Regno d'Italia.

Monumenti e luoghi d’interesse

Architetture religiose

La Basilica di Lonato

Imponente e severa è la Basilica dedicata a San Giovanni Battista, la cui costruzione venne iniziata nel 1738 su disegno dell'architetto lonatese Paolo Soratini. L'edificio sorge sui resti di due chiese, erette in successione, la più antica delle quali risale al 1339. Gli altari sono tredici e tutti arricchiti da marmi pregevoli. Di notevole interesse architettonico è la grande cupola nella quale convergono le strutture dell'edificio. Ha una misura di 20 metri di diametro interno e si innalza fino a 60 metri. La Basilica ospita dipinti, tra gli altri, di:

Nel settembre del 1980 papa Giovanni Paolo II l'ha elevata alla dignità di basilica minore.[6]

  • La chiesa di Santa Maria del Corlo, del XVI secolo, affidata alla Confraternita dei Disciplini, sorge nella zona a nord del centro storico. All'interno, ai lati della porta d'ingresso, si trovano affreschi che rappresentano due lunghe teorie di Santi. Sulla destra si apre una cappella dipinta da Giovanni D'Asolo, con una pala che raffigura la Trinità, di Francesco Paglia; nella cappella di sinistra vi sono affreschi attribuiti a Pietro Maroni o alla sua scuola. La pala che campeggia sullo sfondo raffigura l'Arcangelo San Michele, porta la data del 1596. Nel Seicento il Bonometti dipinse il soffitto, mentre il Sepolcro, ornato da statue lignee policrome, è opera del Bolesini.

 

Chiesa della Beata Vergine del Corlo.

  • La chiesa di Sant'Antonio Abate venne edificata sui resti della precedente, costruita a ridosso del quattrocentesco campanile tuttora esistente. Si compone di tre corpi distinti. La navata centrale, iniziata nel 1590, fu portata a termine nel 1601. Nel 1680 iniziò la costruzione dell'Oratorio della Confraternita del Suffragio, che qui operava, sul lato destro della navata principale. Nel 1685 fu costruita la Cappella di Santa Maria del Suffragio sul lato opposto. L'altare maggiore è sormontato da gessi in altorilievo e nella nicchia centrale ospita una statua lignea policroma quattrocentesca del Santo. Dal 2017 sono tornate visibili quattro grandi tele sacre tra cui l'Assunta di Pietro Marone, la Sacra Famiglia con Allegoria della Confraternita di Pompeo Ghitti e una Natività con pastori di Antonio Balestra. Il campanile è sormontato da una cella campanaria con eleganti bifore. Dal culto di Sant'Antonio è nata l'antica fiera agricola che si tiene il 17 gennaio di ogni anno. Nello stesso giorno si impartisce la benedizione degli animali sul sagrato della chiesa. Dal 2009 dal sagrato della chiesa parte il corteo del Palio di Sant'Antonio o delle Contrade che si svolge poi nella piazza della Torre. Otto squadre si contendono il Palio gareggiando in cinque giochi della tradizione sfidando anche il clima di gennaio. Il sabato più prossimo al 15 ottobre si celebra invece l'anniversario della traslazione dell'immagine miracolosa della Madonna del Giglio.
  • Il santuario della Madonna di San Martino fu eretto dopo la peste del 1630, per volontà dei lonatesi. La chiesa, con pianta a croce greca, presenta una cupola emisferica all'interno e ottagonale all'esterno. Il santuario conserva una collezione di ex voto che va dal 1600 al 1800.

 

Santuario della Madonna di San Martino

  • La pieve, dedicata a San Zeno, è la più antica delle chiese di Lonato: infatti la sua prima costruzione risale al V secolo. L'attuale costruzione è la quarta che venne edificata nello stesso luogo, avendo subito in varie riprese distruzioni. È ad una navata, con facciata a capanna, ed è chiusa da un'abside semicircolare che risale al XII secolo, così databile per il suo caratteristico stile romanico.
  • Di particolare interesse storico è l'abbazia di Maguzzano nell'omonima località, possente costruzione che si affaccia sul Garda, già indicata nelle cronache del X secolo, rifatta nel XV secolo. Pare che in questo monastero benedettino abbia dimorato frate Teofilo Folengo, alias Merlin Cocai. Per merito di alcuni frati trappisti, che divennero proprietari del monastero, vennero riportate alla luce nella vecchia chiesa, ora parrocchiale, le belle decorazioni policrome dipinte sulle volte e sulle pareti nei primi anni del Cinquecento. Tra gli oggetti sacri ricordiamo una preziosa croce astile di rame dorato con figure simboliche.

    La Rocca Viscontea
  • Sulle colline moreniche del Garda, troviamo Madonna della Scoperta, località che il 24 giugno 1859 vide l'attacco delle truppe piemontesi contro gli austriaci, preludio vittorioso della battaglia di San Martino e Solferino.

 

Architetture civili

  • A fronte del Palazzo Municipale: colonna marmorea con Leone di San Marco e Monumento ai Caduti dello scultore Luigi Contratti.
  • La torre dell'orologio, prima del 1800 era sormontata da una cupola, quindi venne sopraelevata e ornata di merlatura. Di pochi anni prima è l'orologio, opera di Domenico Crespi di Cremona.

 

Architetture militari

  • La Rocca, castello medioevale con annesso Museo Civico Ornitologico "Gustavo Carlotto", ospitato dalla fondazione Ugo Da Como, assieme alla Casa del Podestà.
  • Dirigendosi verso la Valtenesi, appena dopo l'abitato di Sedena sorge il castello di Drugolo. La sua costruzione, forse di origine longobarda, è fatta risalire al X secolo. Dopo essere stato riedificato sui finire del Trecento, passò in proprietà a parecchie famiglie nobili, fino a quando, nel 1436, fu venduto agli Averoldi. Il castello, di pianta quadrata, ha un ponte levatoio e merlature ghibelline ed è tuttora abitato dai proprietari.

 

Siti archeologici

 

MALCESINE

 

Malcesine dista circa 60 chilometri da Verona. Rispetto al capoluogo è in posizione nord-ovest ed è il comune più a nord della costa veronese del lago di Garda e della provincia stessa.

Il comune confina con altre due regioni, la Lombardia (provincia di Brescia) e il Trentino-Alto Adige (provincia di Trento).

L'area comunale presenta un forte dislivello, in quanto parte dall'altezza del lago (89 m s.l.m.) e arriva sulla cresta del Monte Baldo (2.218 m s.l.m.), coprendo una superficie di 69,29 km². Sul suo territorio, nella frazione di Cassone scorre uno dei fiumi che si possono considerare i più corti del mondo: il fiume Aril, lungo circa 175 metri.

Frazioni

  • Navene, divisa in Navene di sotto e Navene di sopra. A Navene si trova la chiesa di Santa Francesca Romana
  • Cassone, dove si trova l'Aril, il fiume più corto del Mondo, e la Chiesa dei Benigno e Caro Oratorio di Cassone

Località principali

Clima

Nel periodo invernale si sono raggiunti i -9 fino ad una massima di 5 gradi. L'estate è calda con temperature che arrivano ai 30° alleviate dai due venti principali, l'Ora che soffia da sud a nord e il Pelèr che soffia in senso opposto.

Origini del nome

La prima comparsa del toponimo risale al 9 settembre 844, quando il termine Manessicelles risulta nel testamento dell'Arcidiacono Pacifico con il significato, secondo il Borsatti, di ai sepolcri dei morti: tale significato sarebbe corroborato dal ritrovamento di alcune sepolture in stile etrusco nei dintorni dell'abitato. Nel corso dei secoli si succedono molte varianti documentali: Manascicines (932), Malesicine (1023), Malesisicis (1154), Malesisinum (1159), Malasilice (1225), Malsexeno (1422), Malsesene (1611) per citarne solo alcune riportate dal Maffezzoli. L'etimologia del toponimo è tuttavia incerta, ruotando intorno all'interpretazione di Malae silices o Mala silex come "Pietra ostile" o "Cattiva pietra", riferendosi probabilmente alla morfologia del territorio caratterizzata da monti scoscesi che si elevano sul lago, o come "Cattiva strada selciata" di origini romane.

Storia

Storia dello stemma

La comunità di Malcesine ebbe un suo stemma e lo impresse anche su monete di cui facsimili sono impressi sulla campana del castello forgiata nel 1442. È riprodotto a mezzo rilievo sulla serraglia della porta d'ingresso di una casa a Porto Vecchio, oggi Piazza Magenta (1531), e dipinto sopra la nicchia della stessa abitazione nel 1797. Si trova riprodotto, altresì, in pietra sopra la porta maggiore della Chiesa della Madonna della Fontana, ricostruita nel 1600. All'interno della stessa chiesa è riprodotto sul piedistallo della coppa dell'acqua santa. Si trova poi sulla bandiera della Gardesana dell'Acqua custodita nella casa dei Conti Da Lisca. Nel 1924 il comune chiese al capo del Governo di poter usare il proprio stemma legalmente originario, allegando un fac-simile. La Consulta Araldica, vista la richiesta, concesse l'utilizzo con questa descrizione: "di rosso; al castello merlato d'argento aperto e finestrato di nero; sormontato da un mastio pure d'argento, cimato da una bandieruola d'oro svolazzante a sinistra; il castello fondato sopra un monte di verde uscente da una riviera d'argento".

La Consulta Araldica modificò dunque l'originale dello stemma nel modo seguente: 1) il castello e il mastio incorniciato da un poggiolo sostenuto da mensole e lunette, particolarità non riscontrata in nessun altro stemma. 2) Sopra lo stemma una corona formata da un cerchio aperto con quattro pusterle (tre visibili), con due cordonate a muro sui margini con sopra una cinta aperta da sedici porte (nove visibili) ciascuna sormontata da una merlatura a coda di rondine. 3) Il colore celeste del lago è stato modificato in argento e al posto della frase in latino è stato posto il ramo di alloro e quercia in decusse.

Epoca preromana

Per comprendere la realtà preromana del territorio del lago di Garda occorre ricordare che il panorama antropologico e archeologico è vario e complesso: tutto il territorio è infatti stato oggetto di intenso popolamento umano, di cui si scorge una certa continuità nel suo sostrato pre-indoeuropeo (culture terramaricola, villanoviana, etrusca).

Fin dall'antichità Malcesine fu abitata da diversi popoli; probabilmente i primi furono i Libui, discendenti degli Iberi, nel 1500 a.C. circa. Una prova di questi insediamenti è il ritrovamento di tre tombe nel 1924.

Nel 1964 venne poi scoperta una necropoli che testimonia del seppellimento ad incinerazione, datata fra il X e l'VIII secolo a.C. Probabilmente si trattava di popoli paleoveneti. Successivamente il popolamento di Malcesine vede il sovrapporsi dei Paleoveneti con tribù di discendenza etrusca; l'ipotesi non è unanimemente condivisa, anche se vicino all'attuale castello sono stati ritrovati resti di camere sepolcrali, dall'antico nome "Lacaor", cioè "all'altura delle tombe", di tipo etrusco. Molto probabili furono anche i contatti con i Galli cenomani e le popolazioni retiche.

In ogni caso i primi insediamenti erano ubicati sopra una piattaforma di roccia inaccessibile ai nemici e favorevole per il controllo del territorio.

Epoca romana

Dopo il 225 a.C e la battaglia di Talamone inizia la "romanizzazione" dell'Italia settentrionale; per quanto riguarda il Nord-est, nel 181 a.C. viene fondata la città di Aquileia e nel 148 a.C. prende avvio la costruzione della via Postumia.

Nel corso della seconda metà del I secolo a.C. si definisce progressivamente l'integrazione dei popoli che abitavano i territori veneti, come Cenomani e Veneti, nell'ambito dello stato romano. La romanizzazione fu graduale e intorno al 40 a.C. città come Brescia (Brixia) e Verona ottengono la cittadinanza romana; il territorio del lago di Garda viene diviso in pagi e Malcesine con Riva e la sponda bresciana fino a Gardone appartengono alla tribù Fabia. Al termine del I secolo a.C. e fino alla metà del secolo successivo la costruzione della via Claudio-Augusta permette un collegamento efficace tra le città di Verona e Trento (Tridentum) attraverso la Valle dell'Adige, tuttavia la presenza di insediamenti rilevanti in questo periodo è limitata ad alcuni pagi e vici ubicati prevalentemente lungo le coste meridionali del lago (tra Pacengo e Colà, tra Salò e Gargnano, Peschiera, Sirmione).

In questo contesto la presenza romana a Malcesine, probabilmente limitata ad alcune famiglie gentilizie, è testimoniata dalla toponomastica (esempio: Dos de Fer, località dove esiste un filone di basalto contenente ferro) e dal ritrovamento di tre tombe nei pressi dell'attuale centro storico. Le monete rinvenute al loro interno, insieme ad altre trovate nei dintorni, risalgono ad un periodo tra il I e il IV secolo d.C.

Secondo il Borsatti e il Maffezzoli, a Malcesine era presente, dal 1540 - anno del suo ritrovamento presso la Pieve di S. Stefano - fino al 1700, un'iscrizione romana che ricorda la presenza di un tempio dedicato a Cibele e Iside, due divinità orientali il cui culto era diffuso nell'area geografica dell'Alto lago, probabilmente irradiatosi dalla Val di Non. Studi di anni recenti attribuiscono la provenienza di tale iscrizione attualmente conservata nei sotterranei del Museo Lapidario Maffeiano di Verona risalente al I-II secolo d.C., alla città di Arco, in provincia di Trento. Il Maffezoli ha infine avanzato l'ipotesi che la presenza di un tempio dedicato ad Iside sia rafforata dal ritrovamento a ridosso della casa canonica, nel 1976, di quettro capitelli in pietra serena lavorata, che raffigurano ciascuno cinque flabelli sormontati da volti femminili a loro volta contornati da foglie. Ad oggi, non risultano tuttavia indagini approfondite in grado di fornire informazioni certe sulla datazione di tali reperti, che il Maffezzoli, sulla base della lavorazione a trapano, attribuisce alla fine del IV secolo d.C.

Epoca Medievale

Il periodo successivo alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente vede il territorio malcesinese e dell'alto lago entrare sotto il controllo ostrogoto, pur mantenendo l'ordinamento civile romano. Più in generale, nel corso del V e del VI, lungo questi importanti vie di comunicazione e sui territori dell'alto lago si sono confrontati e anche combattuti, con frequenti interazioni, popolazioni migranti germaniche: Goti, di cui ricordiamo l'importante stanziamento veronese con Teodorico, Bizantini (che, quasi certamente, disponevano di una colonia proprio nella parte settentrionale del Benaco e che hanno combattuto nell'area veronese parte delle guerre greco-gotiche),Longobardi e Franchi.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Tracce di presenza longobarda si possono trovare, secondo il Borsatti, in resti d'abitazioni sparse nei boschi sul versante del Monte Baldo sopra Malcesine e in una prima costruzione fortificata del castello sul lago. Mentre, pur con qualche incertezza, è condivisibile l'attribuzione longobarda della prima costruzione del castello, più problematica risulta la presunta distruzione dello stesso nel 590 - quindi presumibilmente pochi anni dopo la sua edificazione - ad opera di Franchi nel corso di una spedizione punitiva lungo la Val d'Adige. Il nome Ennemase, ultimo della serie dei castelli espugnati, si riferirebbe infatti a Castelfeder (nella zona di Ora) e non, come ritenuto dal Borsatti, a Malcesine.

Dopo la deposizione di Carlo il Grosso (887) al territorio di Malcesine si estende il dominio vescovile-feudale veronese. Nell'899 gli Ungari, dopo aver varcato le frontiere orientali, assalito diverse città e sconfitto a Cartigliano il re d'Italia Berengario, giungono a Malcesine saccheggiandola. In seguito a questo episodio, anche a Malcesine, come in molti centri abitati dell'Italia Nord-Orientale, venne concesso dal re il diritto di costruire mura a protezione del paese.

Età Moderna

Nel 1277 con Alberto della Scala, Malcesine passa sotto il dominio degli Scaligeri fino al 1387, quando Gian Galeazzo Visconti in seguito a una guerra estese il potere milanese fino alle sponde del lago. Dopo una breve parentesi sotto i signori Da Carrara di Padova, a partire dal 1405 e fino al 1797 Malcesine è sotto il dominio della repubblica di Venezia.

È di questo periodo l'istituzionalizzazione della Gardesana dell'Acqua, una suddivisione del territorio gardense in distretti che risale alla dominazione viscontea e che conferma gli antichi statuti di epoca Medievale con cui si reggevano le varie comunità della sponda veronese del Garda. Si tratta di una sorta di confederazione costituita dai vicariati di Torri, Garda, Lazise, Villafranca, Valeggio, Monzambano, Bussolengo, Cavaion, Caprino, Preabocco, Cisano, Castelnuovo, Cavalcaselle, Custoza, Salionze, Sirmione, Sandrà, Albarè, Fornello, Affi-Incaffi-Gaion e Pastrengo. Nel 1517 la Gardesana si scinde in Gardesana della Terra e Gardesana dell'Acqua: quest'ultima si presenta come un organismo sovracomunale stabilmente costituito in forma di circoscrizione di tipo fiscale. Comprendeva i vicariati di Brenzone, Pai e Malcesine a nord, Torri, Albisano, Garda, Costermano al centro, Lazise, Cisano e Bardolino a sud. I comuni che facevano parte della Gardesana dell'Acqua eleggevano 18 consiglieri che si riunivano due volte l'anno a Torri; Il consiglio era presieduto dal Capitano del lago, che abitualmente risiedeva a Malcesine e veniva eletto ogni cinque anni. La Repubblica di Venezia attribuiva grande importanza alla Gardesana, che era intesa come strumento di controllo e di gestione fInanziaria del lago. Il consiglio generale aveva il compito di mantenere la pace, raccogliere dazi per Venezia, mantenere le barche e i porti del lago, agire per la difesa del territorio, mantenere i privilegi e richiedere imposte straordinarie.

Dal 1797, a seguito dei trattati di Campoformio prima e di Luneville (1801), il territorio malcesinese passa sotto la giurisdizione napoleonica fino al 1815 quando, con la Restaurazione, insieme al regno Lombardo-Veneto, entra a far parte dell'Impero Austriaco. A partire dal 1866, con la III Guerra d'indipendenza, Malcesine diventa italiana.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

  • Chiesa di Santo Stefano Protomartire - VIII secolo: fu edificata in sostituzione di un precedente edificio di culto pagano dedicato a Iside. L'esistenza di una chiesa intitolata a S. Stefano risale almeno al IX secolo, quando vi furono collocati i corpi dei santi Benigno e Caro; viene poi menzionata in diversi documenti, tra cui bolle papali di Eugenio III e Adriano IV nel XII secolo. A partire dal 1729 l'edificio venne demolito e ricostruito ex novo, in stile barocco nelle sue declinazioni più sobrie. La costruzione della chiesa attuale avvenne in più momenti: per non sospendere le celebrazioni, infatti, si decise di abbattere la vecchia costruzione a porzioni verticali, rifacendola man mano. Della chiesa precedente restano pochi frammenti. L'attuale è a navata unica con soffitto a volta, in cui è affrescata la gloria di S. Stefano (Perini, XVIII sec.). L'opera maggiormente degna di nota sul piano artistico ivi conservata è La deposizione di Cristo di Girolamo dai Libri.
  • Chiesa di S. Maria di Navene - XI secolo
  • Chiesa II dei SS. Benigno e Caro Oratorio di Cassone - XV secolo
  • Chiesa della Madonna della Fontana - XVI secolo
  • Chiesa di S. Marco evangelista - XVI secolo
  • Chiesa dei Ss. Nicolò e Rocco presso la piazza del Porto - XVII secolo
  • Chiesa dei SS. Benigno e Caro - XVIII secolo

Architetture civili

Architetture militari

Castello scaligero

MANERBA

È uno dei comuni del comprensorio della Valtenesi.

Del territorio comunale fa parte l'Isola di San Biagio (di proprietà privata), conosciuta anche come Isola dei Conigli e lo Scoglio dell'Altare.

Geografia

È suddiviso nelle sette frazioni di Solarolo, Montinelle, Balbiana, Pieve, Trevisago, Campagnola e Gardoncino.

Storia

La leggenda narra che Manerba fu eretta in devozione alla dea Minerva. Ella venne a nascondersi in questa valle, importante e suggestivo centro della Valtenesi, dove piantò i suoi ulivi (dei quali era la protettrice) e insegnò molte delle sue arti. In suo onore fu costituito un tempio che però venne distrutto dai Barbari. Molti studiosi credono che il toponimo di Manerba derivi da "Minerva arx" Altri invece fanno risalire tale nome ai galli cenomani (il termine deriverebbe dall'unione di "mon", che significa uomo d'armi, ed "erb", zona militare). Il toponimo indicherebbe, in questo caso, "un luogo fortificato residenza del capo": ciò è plausibile dato che dall'alto della Rocca del paese risultava agevole difendersi da qualunque attacco.

La presenza dell'uomo sul Lago di Garda risale alla Preistoria, più precisamente al Tardo Neolitico (circa 4000 a.C.): sotto la Rocca, infatti, sono stati ritrovati resti di un villaggio del Mesolitico.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo, dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Le popolazioni che si succedettero nei secoli furono accomunate dalla stessa consapevolezza: il collegamento con le vie di comunicazione terrestri e fluvio-lacuali della regione poneva il territorio in una posizione favorevole in tempo di pace, ma molto pericolosa in caso di un'eventuale guerra. Questo spiega la presenza, in Valtenesi, di castelli risalenti al XIII secolo, alcuni dei quali eretti su fortilizi romani. La torre del Castello di Manerba era il punto di convergenza di una raggiera che collegava le torri di tutti i comuni del territorio.
La torre interna principale, detta Maschio, racchiudeva una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana, e altri ambienti di ancora incerta funzione. Questi castelli avevano la funzione principale di proteggere e tenere al riparo le popolazioni locali, che si recavano all'interno della cinta muraria.

Dal XVI secolo Manerba divenne rifugio di banditi e fuorilegge, obbligando la Serenissima Repubblica di Venezia alla completa distruzione delle mura nel 1574. La città, insieme agli altri comuni della Valtenesi entra a far parte del più ampio organismo della "Comunità di Riviera", che diviene dominio di Venezia dopo il conflitto con i Visconti, e prende così il nome di Magnifica Patria, all'interno della quale si trovava la Quadra della Valtenesi, con Manerba come riferimento principale.
Con la fine della Repubblica di Venezia nel 1796 tutto il territorio della Riviera si vede coinvolto nelle vicende della Rivoluzione francese e del dominio napoleonico.

Di particolare importanza fu anche il passaggio di Garibaldi sul suolo di Manerba per raggiungere l'osservatorio della Rocca.

Monumenti e luoghi d'interesse

 

Siti archeologici[

Parchi

  • Parco Archeologico Naturalistico e Museo Rocca di Manerba del Garda.
  • Parco Lacuale di Manerba del Garda.

Chiese

Ruderi della cappella San Niccolò sulla Rocca

 

MONIGA DEL GARDA

Non è certa l'origine del nome di Moniga del Garda. In una prima ipotesi viene collegata al comasco Lomaniga (nella forma aferetica), che deriverebbe da Lumena a cui andrebbe aggiunto il suffisso "-ica". La seconda ipotesi la indica derivante dal latino ammonius[4].

Il paese è soprannominato "Città del Chiaretto" dal nome del tipico vino rosato, caratteristico della Valtenesi, ottenuto dalle uve del vitigno Groppello attraverso una particolare fermentazione in rosé. Dal giugno 2008 a Moniga viene organizzata la rassegna nazionale dei vini rosati "Italia in Rosa". Importante anche la produzione locale di Olio Extra Vergine di Oliva DOP Garda, prodotto a Denominazione di Origine Protetta.

Le origini del paese sono molto antiche, vi sono infatti resti di una palafitta risalenti circa al 1800-2000 a.C., Età del bronto antico. Mentre una ara testimonia la presenza dei romani del IV e V secolo a.C.

Monumenti e luoghi d’interesse.

Castello

Sulla parte occidentale del paese vi è il castello di Moniga struttura di epoca tardoromanica molto ben conservata. Il castello non fu mai abitato da un signore ma fu luogo di rifugio dei monigani nei casi di pericolo. Non essendo mai stato abitato da un nobile, non fu mai attaccato riuscendo quindi a mantenere il suo aspetto originario.

 

Chiesa di San Martino Vescovo

La chiesa parrocchiale è dedicata a San Martino. Anticamente era una cappella che dipendeva dalla pieve di Manerba. Il 13 ottobre 1454 fu consacrata dal vescovo Ermolao Barbaro e intitolata al santo protettore dei militari, culto introdotto dai Franchi

 

Chiesa Madonna della neve

La chiesa dedicata al miracolo avvenuto a Roma, sul colle Esquilino, il 5 agosto dell'anno 352 è in stile romanico fu edificata nel corso del XVI secolo, risulta elencata negli atti della visita pastorale del vescovo Gian Matteo Giberti della seconda metà del Cinquecento.

 

NAGO TORBOLE

Nago-Torbole (Nach e Tùrbule in dialetto gardesanoNach e Tórbol in dialetto trentino)

prende il nome dai due principali centri abitati che lo compongono, molto vicini e di dimensioni simili: Nago (222 m s.l.m), che si trova alle pendici del Monte Altissimo, e Torbole (sede municipale) in riva al lago di Garda. Il suo territorio si estende dai 63 metri sul livello del mare fino ai 2 078 metri della cima del monte Altissimo di Nago.[3] Fa parte della Comunità Alto Garda e Ledro.

Territorio

Nago-Torbole comprende la zona nord-orientale del lago di Garda e arriva sino alla foce del fiume Sarca, suo principale immissario. Ad est si eleva la catena del Monte Baldo, con il Monte Altissimo di Nago. Nell'entroterra a nord si estende una piana di circa 7 chilometri che arriva sino al territorio di Arco.

Clima

Grazie alla protezione delle montagne alle spalle e l'azione termoregolatrice del lago, l'intera piana gode di un microclima di tipo mediterraneo. In questo territorio sono possibili colture che a parità di latitudine in altre aree non sono realizzabili, in particolare quella dell'ulivo.

Vent

venti del lago di Garda, nella zona di Nago-Torbole, influenzano notevolmente l'attività turistica. Dalla seconda metà del XX secolo queste condizioni richiamano gli appassionati di windsurf attirati dai venti della zona, presenti tutti i giorni dell'anno. Questi venti, che riguardano anche la zona di Riva del Garda, sono:

Òra.

È il vento più costante e famoso. Proviene da sud e la sua velocità va dai 10 ai 12 metri al secondo. Si tratta di un vento pomeridiano.

Vent Paesàm.

Anch'esso un vento permanente e costante. Proviene da nord ed ha un'intensità solitamente minore dell'Òra. È un vento notturno e antimeridiano. Con questo vento spesso si genera un effetto denominato "Peler". Mentre le onde, create dall'Òra, si dirigono verso nord, queste vengono pelate dal Vent Paesam che va verso sud. Erroneamente viene chiamato Peler il Vent Paesam.

Ponale.

È un vento particolarmente forte, tuttavia piuttosto raro. Solitamente è preannunciatore di ingenti manifestazioni temporalesche. Proviene dalla Valle di Ledro.

Balinòt.

Vento molto forte. Spira di solito in inverno e proviene dal monte Ballino.

Storia

Fondazione

Riscontri sulla presenza umana si hanno già dal Neolitico (nella zona del Baldo e di Nago). Anche per l'età del bronzo e le epoche protostoriche e storiche la presenza di insediamenti è confermata sulla rupe di castel Penede a Nago, in posizione strategica distrutto dalle truppe francesi di Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme nel 1703.[6]

Si narra che Dante Alighieri abbia composto questi versi a Nago presso la rupe di castel Penede[6]:

«Suso in Italia bella giace un laco,
a piè dell'Alpe che serra Lamagna
sopra Tiralli, ch'ha nome Benàco.»

(Dante - Divina Commedia - Canto XX Inferno)

Dall'XI secolo

 

Torbole

Un primo atto ufficiale che riguarda la comunità risale al 1041 quando ebbe luogo una disputa per i confini col vicino centro di Mori. In tempi successivi vennero adottati gli Statuti et Ordini che rimasero operativi fino al XVII secolo. Il territorio di Nago-Torbole, che dall'XI secolo faceva parte del Principato vescovile di Trento, fu conquistato militarmente dai veneziani nel 1439 durante le guerre di Lombardia. In quell'anno la Serenissima fece arrivare un'intera flotta formata da venticinque barconi e sei galere con un'impresa chiamata Galeas per montes. Le navi partirono dal mare Adriatico, risalirono il fiume Adige e giunsero al porto fluviale di Ravazzone. Da qui, a forza di braccia e di buoi transitarono per Mori poi seguirono il corso del rio Cameras fino a raggiungere le acque del lago di Loppio. Superarono anche il passo San Giovanni poi discesero per la Bocca di Nago attraverso la valle di Santa Lucia e furono calate nel lago di Garda vicino a Torbole. Un'impresa gigantesca che rimase nella storia della marineria veneziana per la quale furono utilizzati circa duemila buoi e costò quindicimila ducati. Dopo un primo insuccesso nel 1439, nell'aprile del 1440 la piccola flotta della repubblica della Serenissima sconfisse la flotta viscontea guidata da Taliano Furlano riuscendo a conquistare Riva del Garda. La dominazione veneta durò fino al 1509 quando Nago-Torbole tornò al principato vescovile di Trento.

Dopo l'invasione napoleonica nel 1796 e brevi appartenenze al Regno di Baviera e al Regno d'Italia Nago-Torbole come tutto il Trentino fu inglobato nell'Impero austriaco.

Dal XX secolo

Nago-Torbole, come gli altri paesi della zona, fu completamente evacuato durante la prima guerra mondiale perché si trovava sulla linea del fronte. Nel 1919 entrò a far parte del Regno d'Italia. Nel 1929 il comune venne annesso forzosamente dal fascismo al comune di Riva del Garda poi, nel 1957, il comune viene ricostituito in seguito ad un referendum popolare (Censimento 1951: pop. res. 1868).

Durante la seconda guerra mondiale fu annesso alla zona d'operazioni delle Prealpi, assieme a tutta la regione Trentino-Alto Adige e alla provincia di Belluno, e nella ancora non ancora ultimata galleria Adige-Garda si allestirono le officine della Caproni che produssero dalla tarda primavera del 1944 parti di aereo per la Messerschmitt AG destinati alla Luftwaffe. Qui si prepararono le Wunderwaffen come la Me 163Me 262, la Fieseler Fi 103 e l'A4, queste ultime meglio note come V1 e V2.

Dopo il 1958, con la ritrovata autonomia comunale, sul piano sociale ed economico avvenne un mutamento radicale che portò all'abbandono dell'agricoltura tradizionale e della pesca e la trasformazione in area a vocazione turistica.

Nel 1980 il windsurf rilanciò economicamente Torbole con l'organizzazione del campionato mondiale. Tale esperienza si è ripetuta poi nel tempo ed ha indotto sensibili mutamenti nella gestione del territorio.

Il territorio di Nago è stato valorizzato dall'introduzione di numerosi percorsi per mountain bike e per l'arrampicata.

Monumenti e luoghi d’interesse

 

Architetture religiose

  • Chiesa di San VigilioParrocchiale di Nago, nell'omonima via, una delle arterie principali del paese. La costruzione risale alla fine del XVI secolo (in epoca madruzziana), ma il primo luogo di culto risale probabilmente all'epoca paleocristiana. È nominata per la prima volta nel 1203, in un documento relativo ad una diatriba tra gli abitanti di Nago e il vescovo di Trento Corrado II di Beseno. Viene definita chiesa collegiata quindi importante nel territorio. Durante la visita pastorale del 1536 gli inviati vescovili invitano gli abitanti del paese a ricostruire la chiesa e i lavori terminarono nel 1599. Venne cambiato l'orientamento della navata, con l'abside ad ovest e l'entrata ad est, contrariamente alla tradizione. L'interno è sobrio, con altari di marmo settecenteschi. Oltre all'altare maggiore vi sono quelli dedicati a Santo Stefano, alla Vergine del Rosario, a Santa Teresa di Lisieux (un tempo intitolato all'Immacolata Concezione) e a Sant'Antonio di Padova. Quest'ultimo ospita una pala di Bortolo Tomasini raffigurante il santo assieme alla Vergine e al Bambino. Dopo la seconda guerra mondiale, considerato l'alto numero di fedeli, l'edificio venne ampliato con la costruzione del transetto ed assunse la forma a croce latina.[3]
  • Chiesa della Santissima Trinità fu costruita nel XVII secolo ed era la sede di una confraternita. Al suo interno sono conservati l'altare maggiore, costruito in marmo, sul quale è collocata una pregevole scultura lignea raffigurante la Trinità, opera di uno scultore tirolese del XV secolo. Gli altari laterali, presentanti ancona lignea seicentesca e antependio marmoreo dei primi anni del secolo successivo, sono dedicati a San Carlo Borromeo e San Francesco d'Assisi, raffigurati in due pale seicentesche. Sulla cimasa del primo dei due è collocato lo stemma della nobile famiglia dei Tonelli, molto munifica nei confronti nella chiesa. Nella chiesa è presente anche un dipinto del XIX secolo raffigurante la Madonna dell'Aiuto.
  • Chiesa di San Rocco. Piccola chiesa sussidiaria all'estremità est del centro abitato.[3]
  • Chiesa di Sant'Andrea Apostolo, patrono dei pescatori, si trova sopra l'abitato di Torbole. La prima citazione storica riferita ad una cappella di Sant'Andrea in questa località è in un documento del 1175, ed in seguito viene ricordata in un documento del 1183 da Papa Lucio III. Fu ricostruita in stile tardo barocco dopo la devastazione delle truppe francesi del 1703, ma furono recuperati elementi architettonici precedenti (come dimostrano le date 1496 e 1512 scolpite sul basamento dei due archi di pietra del transetto). La pala dell'abside raffigura il Martirio di S.Andrea, di Giambettino Cignaroli. Le varie figure del dipinto, precise e realistiche, pare siano state realizzate prendendo come modelli diversi popolani di Torbole. Nelle due navate laterali hanno sede due statue lignee, di S. Giuseppe e della cosiddetta Madonna Romani (dal nome del benefattore che la donò).[3]

Architetture militari

  • I forti austro-ungarici di Nago sono forse i meglio conservati del Trentino, e ospitano il museo comunale. La storia di queste fortificazioni cominciòil 21 dicembre del 1859 quando fu approvato il progetto di costruzione del forte alto di Nago da parte del Ministero a Vienna. La costruzione (sotto l'Ufficio del Genio Militare di Riva) si articolò fra il 1º giugno del 1860 e il 5 gennaio del 1861. Il collaudo avvenne nel 1863.
  • Il forte di Nago appartiene alla "prima generazione" (come, per esempio, il forte San Nicolò a Riva), in pietra ben lavorata con materiale reperito in zona (giallo di Mori per il forte superiore e rosa per quello inferiore). Era composto da due casematte poste di traverso alla strada che fu sbarrata con un portone.
  • I ruderi di Castel Penede, sottoposti a vari restauri dagli anni novanta, si trovano in posizione strategica, proprio sopra i due paesi. Ricostruito intorno al 1200 su sedimenti neolitici e poi romani e celtici, fu feudo dei Conti di Arco e fu a lungo conteso nelle guerre tra guelfi e ghibellini. Nel 1438 fu espugnato dalle truppe del Gattamelata. Nel 1703 fu saccheggiato e dato alle fiamme dalla truppe francesi di Luigi Giuseppe di Borbone-Vendôme.

Aree naturali

 

Vista della Valletta di S. Lucia

«Celebre particolarità di Nago sono i pozzi glaciali ("Marmitte dei giganti") che si accompagnano a una didattica serie di altri monumenti glaciali (salto glaciale, rocce montonate, striate, lisciate ecc.). Un gruppo di pozzi glaciali è visitabile sotto il paese presso la strada statale e con partenza dalla stessa. Altro gruppo lungo la strada della Maza, a un chilometro circa da Nago. Alcune di esse furono illustrate da Antonio Stoppani (e poi studiate da G.B. Trener, 1899): "Da dodici a quattordici, parecchie delle quali colossali e veramente stupende, si scoprirono sullo sperone del monte che sorge tra la Sarca e il forte di Nago...»

 

  • Valletta di Santa Lucia. Collegava con l'antica strada romana attiva fino ai primi del Settecento la valle dell'Adige con il lago di Garda. Si snoda in un oliveto centenario. Il valico che la valletta porta alle rive del nord del lago di Garda, è stato teatro della discese le galee veneziane nella famosa impresa compiuta dalla Serenissima. Lungo il suo percorso la vista domina l'intero lago di Garda, fino a Sirmione.
  • Sentiero Busatte Tempesta, percorso naturalistico di recente costruzione, a balcone sul lago di Garda, che collega Torbole alla sua frazione Tempesta, antico confine fra Austria e Italia. La passeggiata è lunga 4 km, e procede a mezza costa del Monte Baldo a picco sul lago, superando due costoni, il "Corno di Bò" e il "Salt de la Cavra". Non è percorribile però in mountain bike. Il tempo di percorrenza a piedi è di circa un'ora e 15 minuti.
  • Olif de la Gort, ulivo storico nella zona di Nago che si potrebbe definire un monumento naturale (assieme ad un altro, chiamato Olif de Bòtes, che si trova nel comune di Arco). Questo esemplare di ulivo si avvicina al millennio di età e viene citato da studi di settore.

Altro

  • Spiaggia, lungolago e ciclo-pedonale. Tutto il territorio comunale confinante con il lago è di proprietà pubblica. La spiaggia, il lungolago e la ciclo-pedonale costiera sono stati totalmente ricostruiti e ampliati tra il 1995 e il 2000, con la costruzione anche di un nuovo ponte ciclo-pedonale sul fiume Sarca e di una passerella a sbalzo sul lago, che collega Torbole con Riva del Garda. È possibile, a piedi o in bicicletta, percorrere l'intero Alto Garda trentino, partendo dalla zona est di Torbole fino alla zona ovest di Riva del Garda, costeggiando il lago. All'altezza del Sarca, sulla ciclabile che costeggia il fiume, è possibile raggiungere anche la vicina cittadina di Arco.

Cultura

 

Arte[modifica | modifica wikitesto]

La presenza a Torbole di numerosi artisti e lettarati è documentata e ricordata.[13] Johann Wolfgang von Goethe arrivò il 12 settembre 1786 e alloggiò presso l'osteria alla Rosa della famiglia Alberti, dove soggiornò e scrisse sia parte dell'Iphigenia che alcune pagine del suo Diario italiano (Italienisches Tagebuch) il 12 e 13 settembre del 1786. Il 12 settembre annotò:

«Con che ardente desiderio vorrei che i miei amici si trovassero un momento qui con me, per poter gioire della vista che mi sta innanzi! Per questa sera, mi sarei già potuto trovare a Verona; ma a pochi passi da me c'era questo maestoso spettacolo della natura, questo delizioso quadro che è il Lago di Garda, ed io non ho voluto rinunciare; così mi trovo splendidamente compensato di avere allungato il cammino. Son partito da Rovereto dopo le cinque, prendendo per una valle laterale, che versa le sue acque ancora nell'Adige. Arrivati alla sommità, si presenta in basso un ciglione scosceso e maestoso, che si valica per poi scendere fino al lago.»

(J. W. Goethe.)

A partire del XIX secolo Torbole fece parte del Grand Tour quindi fu frequentata da molti pittori ed artisti (per lo più germanofoni) attratti dalle opere di Goethe. Il pittore berlinese Hans Lietzmann vi si trasferì nel 1899, vi aprì una scuola e qui morì.

Molti pittori scelsero il paesaggio di Torbole per le loro opere, come: Hermann von Kaulbach e Peder Mørk Mønsted.

Cucina[

La tradizione gastronomica locale si basa su alcuni elementi tipici della cucina trentina che in questo caso subisce l'influso della vicinanza al lago di Garda. Non ci sono piatti esclusivi locali quindi, ma un insieme di materie prime e preparazioni che si trovano in molte località limitrofe come la polenta, la selvaggina, pesci come la trota, il luccio, il coregone e il persico. In cucina sono impiegati l'olio prodotto dagli uliveti del Garda e la frutta come i fichi, le prugne, le pesche e le mele. Di Torbole si ricorda inoltre un broccolo piuttosto apprezzato divenuto presidio slow food.[17] Vengono cucinati quindi piatti come i bigoi co le aole (spaghettini con sardelle, preparati anche durante il carnevale di Torbole, la Sbigolada), i zisam (sardelle di lago e cipolle), la torta de fregoloti (a base di pasta frolla e mandorle), il brocol de Torbole e la fugasa de molche un dolce con fichi secchi, pinoli e noci (simile allo zelten) con l'aggiunta di sansa di olive

La sansa d'olive in dialetto "molche" è il residuo denocciolato della lavorazione delle olive dopo aver estratto l'olio extravergine. Dagli anni ottanta una continua diminuzione delle aole (sardelle) ha fatto inevitabilmente sparire tutte le ricette originali ed il pesce è stato sostituito con le più pregiate sardene che sono un tipo di agone

A lungo l'economia è stata legata all'agricoltura ed alla pesca. In particolare l'intera zona comunale e tutte le vicine aree di altri comunità sono state influenzate dal clima gardesano. Qui la coltivazione dell'ulivo è presente e documentata almeno dal I secolo e la produzione di olio di oliva ha rivestito enorme importanza.[20]

A partire dagli anni venti la zona iniziò ad attrarre sempre più turisti e nel secondo dopoguerra avvennero i mutamenti più radicali col progressivo abbandono di parte dell'agricoltura tradizionale e della pesca unito al contemporaneo sviluppo dell'attività turistica. Sono ancora presenti attività legate all'artigianato.[21][22]

Torbole è dagli ultimi decenni del XX secolo apprezzata per la balneazione e per gli sport d'acqua. Grazie al vento forte e costante è meta dei cultori della vela.

Attorno a Nago sono disponibili tracciati per mountain bike e pareti per l'arrampicata, oltre ai normali tracciati escursionistici sul Monte Baldo.

 

PADENGHE SUL GARDA

Itinerari

 

 

 

Tra i monumenti più significativi vi sono il Castello di Padenghe di epoca medievale, edificato intorno all'anno 1000, la pieve di Sant'Emiliano, risalente anch'essa al periodo medievale, la Chiesa della Madonna della neve e di S. Giovanni Battista decollato in Frazione Villa, la Chiesa della Visitazione della Beata Vergine Maria e di S. Eurosia del 1720 in frazione Pratello, il Santuario della Beata Vergine della Torricella a destra del cimitero del 1692, la chiesa parrocchiale del 1600 e Palazzo Barbieri, sede del municipio, risalente al Settecento.

 

PESCHIERA DEL GARDA

È il comune più occidentale della regione e il territorio comunale confina con le province di Brescia e Mantova.

Peschiera registra ogni anno circa 2.4 milioni di presenze ufficiali, cifre che la collocano al ventunesimo posto assoluto in Italia fra le destinazioni turistiche, e al secondo dopo Lazise come meta lacustre italiana[4].

Nel comune sono localizzati due degli antichi insediamenti sulle Alpi (il sito palafitticolo Belvedere e del lago del Frassino), dal 2011 nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Dal 9 luglio 2017 la fortezza di Peschiera è entrata a far parte del patrimonio dell'umanità UNESCO, nel sito seriale transnazionale "Opere di difesa veneziane tra XVI e XVII secolo: Stato da Terra-Stato da Mar occidentale".

Peschiera del Garda si trova circa 25 chilometri ad ovest di Verona. Si affaccia a sud del lago di Garda in un'area riparata dai venti.

Presso Peschiera esce l'emissario del lago di Garda, il Mincio. La costruzione della città murata di Peschiera circondata dalle acque ha modificato il percorso naturale del fiume: per permettere la difesa della città, infatti, sono stati costruiti tre rami di uscita dal lago che si riuniscono poi a sud dell'abitato.

È inoltre punto d'inizio di una pista ciclabile di 43.5 km che transita lungo le alzaie del fiume Mincio, tra le città di Peschiera del Garda e Mantova. La partenza, se si segue il tragitto nord-sud, è presso il viadotto ferroviario di Peschiera del Garda. La pista inizia sulla riva destra del Mincio, passando a quella sinistra nel comune di Monzambano, presso la diga di Salionze.

Storia

Grazie alla sua particolare collocazione geografica di collegamento tra l'area alpina e la pianura padana, Peschiera ha giocato nel corso della storia un ruolo di rilevante importanza. Già da allora l'area era al centro di scambi e commerci.
I primi insediamenti in quest'area sono datati intorno all'età del Bronzo, di cui rendono testimonianza alcuni siti palafitticoli e diversi reperti archeologici. Sono stati riconosciuti almeno sette villaggi palafitticoli, I due più importanti sono denominati Imboccatura del Mincio e Bacino Marina dove furono trovati in abbondanza materiali ceramici, andati persi quasi tutti, e in metallo. Il periodo del ritrovamento, dal 1851, fu in coincidenza del rinforzo dei bastioni da parte degli austriaci, come austriaci furono i primi rilievi fatti da Keller e dall'archeologo barone von Sacken.

La città romana, dal nome di origine celtica Arilica, era situata nell'attuale centro storico ed era un vicus, soggetto come Verona alla tribù Poblilia. In epoca romana il territorio di Peschiera del Garda era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica. Plinio il Vecchio, riguardo alla città, descrive l'abbondanza del pescato complice l'uscita dell'acqua dal lago verso il fiume Mincio:

«Lacus est Italiae Benacus in Veronensi agro Mincium amnem tramittens, ad cuius emersus annuo tempore, Octobri fere mense, autumnali sidere, ut palam est, hiemato lacu, fluctibus glomeratae volvuntur in tantum mirabili multitudine ut in excipulis eius fluminis ob hoc ipsum fabricatis singularum milium reperiantur globi.»

Sembra che lo stemma comunale nasca proprio da queste condizioni favorevoli, due anguille d'argento con una stella d'oro. Nei pressi di Peschiera, verso Salionze, una tradizione tuttavia poco attendibile riporta che il papa Leone I abbia fermato Attila, senza armi, sul guado del Mincio nel 491 dopo una campagna di conquista e distruzione in cui fu rasa al suolo Aquileia.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca con le peschiere, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali. La prima testimonianza documentale longobarda è un atto del re Liutprando che dona al già esistente priorato di Bardolino una corte regia di pesca al monastero di Bobbio, una seconda donazione da parte di re Rachis si ebbe con la grande pischaria di Peschiera del Garda che poi ne muto l'antico nome[8]. Ancora a metà del XII secolo il documento "Breve recordationis de Terris Ecclesiae Sancti Columbani", documenta ancora le proprietà dell'Abbazia di Bobbio. Rimarranno di proprietà del cenobio bobbiese fino al 1208, quando poi papa Innocenzo III passerà il priorato monastico di Bardolino al controllo della Diocesi di Verona. In particolare, va segnalata la presenza di aziende e poderi monastici soprattutto nella parte meridionale del Lago di Garda, da cui l'abbazia ricava notevoli quantitativi di olio d'oliva, necessario soprattutto per l'illuminazione, e di pesce, consistente in trote e anguille. Poiché i monaci dovevano disporre continuativamente di pesce date le esigenze del loro regime alimentare, dettate dalla regola monastica per la parte igienistica e salutistica, sul lago e nei dintorni di esso figura organizzata una fitta rete di peschiere, che erano delle vere e proprie piccole aziende, dotate di infrastrutture, attrezzi, vasche, che assicuravano lo smistamento della merce sui fiumi mediante imbarcazioni fluviali a chiglia piatta, come sandoni, burchi, burchielli. Scendendo lungo il Mincio, a Porto Mantovano queste imbarcazioni incrociavano i battelli pieni di sale che risalivano da Comacchio, prodotto che veniva utilizzato per la salagione del pesce[11].

È attorno all'VIII-IX secolo che Arilica cambiò nome in Peschiera.

Pare che durante la catastrofica invasione degli Ungari (899), Peschiera abbia permesso allo sconfitto re d'Italia Berengario I di sopravvivere e riprendere il proprio ruolo. Peschiera fu una delle località interessate dalle vicende umane e storiche che si svolsero tra l'XI secolo e il XIII secolo e dalle numerose proprietà che videro protagonisti i vari componenti della famiglia degli Ezzelini. Proprietà che furono certosinamente accertate, censite e documentate dopo la loro definitiva sconfitta avvenuta nel 1260.

Dopo di allora la città fu legata nei destini a filo doppio con Verona. Nel 1262 con l'elezione a Capitano del Popolo del futuro Mastino I della Scala (Leonardino), Peschiera diventò un punto vitale per la Signoria Scaligera, con un breve intervallo iniziale sotto il dominio del sanguinario Ezzelino da Romano. Tantoché la fine della signoria fu frutto anche della caduta della città nel 1387 per mano di Gian Galeazzo Visconti signore di Milano e figlio di Regina della Scala.

La Repubblica di Venezia entrò in possesso di Peschiera nel 1440 per mano di Francesco Sforza, al soldo della Serenissima. La parte più importante delle mura fu eretta a partire dal 1549 su progetto di Guidobaldo della Rovereduca di Urbino, vi furono anche progetti di Michele Sammicheli e Anton Maria Lorgna. Peschiera è una città murata con la presenza stratificata di molti progetti fin dal VI secolo; possiede quindi un sistema di mura fra i più completi in Italia che ha mantenuto la caratteristica di essere circondata dall'acqua. Il fatto di essere una città militare comportava aspetti diversi, fra cui le servitù militari che, sempre più pesanti, strozzavano e indirizzavano l'economia verso canali via via più stretti. Ne è testimonianza una supplica del 1589:

«... tale e tanta è la penuria di vivere nella fortezza sopra Peschiera et così puochi sono gli negotii che a poco a poco gli abitanti abbandonano volontariamente I'habbitar in essa et vanno altrove per procurarsi commodamente il viver il che si vede anco con danno di vostra serenità, cosa che non succedaria quando si potesse fuori d'essa fortezza far mercato come di quel modo che si fa a Crema a Orzi Novi ed altri luoghi di fortezza...»

Nel 1815, al Congresso di Vienna, passò al Regno Lombardo-Veneto. Entro così a far parte del poderoso sistema difensivo del Quadrilatero. Fu conquistata dai piemontesi il 30 maggio 1848, ma passò all'Italia solo nel 1866 con il trattato di Praga, dopo la III guerra d'indipendenza. Il passaggio all'Italia avvenne con una triangolazione: l'Austria cedette il Veneto alla Francia che subito lo passò all'Italia.

Il comune fu denominato fino al 1930 Peschiera sul Lago di Garda

Monumenti e luoghi d’ interesse

 

Santuario della Madonna de Frassino

Il santuario ha tre aspetti importanti, quello religioso, quello artistico e quello storico. Fu eretto nel luogo dove il contadino Bartolomeo Broglia, aggredito da un serpente, avrebbe veduto materializzarsi una statuetta della Madonna l'11 maggio 1510 fra i rami di un frassino. Il contadino pregò la Madonna di salvarlo e subito il serpente si allontanò. Qualche giorno dopo la statua fu portata all'arciprete di Peschiera, che la portò nella chiesa della disciplina, ma durante la notte scomparve e fu ritrovata sullo stesso frassino dove il Broglia l'aveva vista l'undici maggio, e che ora è conservato all'interno del santuario. Poco più di un anno dopo, il 10 settembre 1511, il cattolico Roberto Stuart, figlio di Giacomo di Scozia e comandante generale delle truppe francesi, pose la prima pietra per erigere il Santuario. Vi fu subito un problema con i custodi del convento, e il consiglio di Peschiera chiamò i Padri Minori Francescani a sostituire i Servi di Maria già nel 1514, il 15 giugno. Una bolla di papa Leone X del 14 gennaio 1518 diede facoltà ai francescani di costruire un convento in clausura e di abitarvi in perpetuo. Si creò così un binomio fra i francescani e il santuario interrotto solo da Napoleone con l'esproprio delle Abazie.

La chiesa è ricca di opere d'arte, viene definita da alcuni una pinacoteca: sono presenti di Paolo Farinati due tele, La Natività e Madonna e Santi, dodici tele di Giovanni Andrea Bertanza Misteri del Rosario e Santi, una di Zeno da Verona San Pietro e San Giovanni Battista e quattro tele di Muttoni il Giovane. Del Farinati, con l'aiuto dei figli Orazio e Cecilia sono gli affreschi interni presenti anche in ogni cappella. All'interno è notevole il coro in noce del 1652 voluto da fra Bartolomeo Speciani. All'esterno le lunette sono dipinte sempre da Muttoni il giovane. Sui muri interni del santuario vi sono simboli, fotografie,o articoli di giornale che raccontano la presunta miracolazione di diverse persone, avvenuta grazie alla madonnina del frassino.

La statua della madonnina è in terracotta, alta una quindicina di centimetri, probabilmente di manifattura francese.

L'11 maggio 2010 è stato il 500º anniversario della miracolazione di Broglia, ricordato con due pellegrinaggi svoltisi nelle strade di Peschiera. A parteciparvi sono stati in mattina tutti gli alunni delle scuole arilicensi, e in serata i fedeli delle tre parrocchie del paese.

Chiesa parrocchiale di San Martino Vescovo

L'attuale chiesa è stata costruita nel 1820-22 sul luogo di una precedente requisita da Napoleone Buonaparte nel 1812 per farne un magazzino militare e un ospedale, e abbattuta nel 1814 in quanto pericolante. Nel 1930-1933 la chiesa raggiunse l'assetto attuale. Nel 1937 l'interno fu affrescato dal pittore Severino Saoncella e nel 1966 vi fu un'ulteriore ristrutturazione. All'interno della chiesa è conservata una reliquia del Beato Andrea da Peschiera. Nel 2008 sono stati restaurati gli affreschi e gli apparati decorativi.

Altre chiese di Peschiera

Nel territorio comunale sono presenti anche altre due chiese parrocchiali: quella dedicata a San Benedetto, costruita nel 1962 a San Benedetto di Lugana, di fianco all'antica chiesetta della frazione, tuttora esistente; e quella dedicata al Beato Andrea da Peschiera, edificata nel 1988 nella zona meridionale del paese, contenente una reliquia del beato patrono.

Architetture militari

Siti archeologici

Gli scavi romani[

Sono collocati nel centro del paese, di fianco alla chiesa di San Martino. Nella parte conservata e protetta, si riconosce sul lato nord un impianto di una casa che si affaccia su una corte selciata. Gli ambienti hanno pavimenti diversi: mosaico, battuto di scaglie di pietra e cocciopesto. Il cavedio interno è lastricato. La parte a sud delinea dei vani dei quali è difficile definire l'utilizzo. La parte ora scoperta è ridotta rispetto a quella originaria: nel 1981 fu interrata una parte meno interessante e fortemente mutata per successivi lavori rispetto all’impianto originale.

Aree naturali 

Laghetto del Frassino.

È un piccolo lago, di origine glaciale, con una superficie di circa 80 ettari e una profondità massima di 15 metri, particolarmente importante dal punto di vista naturalistico per la varietà di specie animali e vegetali che si trovano sulle sue sponde. Per questo, nel 2000 l'Unione Europea l'ha inserito tra i siti di importanza comunitaria (SIC) e le zone a protezione (ZPS).

PUEGNAGO SUL GARDA

La cittadina è localizzata nell'anfiteatro naturale delle Colline Moreniche della Valtenesi; molto ricca di prati e boschi e soleggiata, offre panorami sul lago e sul monte Baldo.

Il Comune si compone di sei frazioni: Castello, Mura, Palude, Monteacuto, Raffa e San Quirico. Castello è un la frazione centrale perché sede del Municipio e della Parrocchia; della Biblioteca comunale, dell'Ufficio Postale e del Dispensario farmaceutico. 

Storia

Come testimoniano i reperti archeologici e la presenza di palafitte rinvenute presso i laghi di Sovenigo, la località fu abitata sin dall'età del bronzo. Il nome sembra derivi dal latino di persona Popinius, (da cui Popiniacus e il toponimo medievale Puviniaco); all'epoca romana (primo secolo A.C.) risalgono le vestigia di una villa romana rinvenute nel 1971 e, secondo testimonianze del X secolo, sembra fosse stato eretto anche un tempio dedicato alla dea Vittoria.

Durante il X secolo gli abitanti edificarono un fortilizio dalla pianta irregolare vagamente esagonale al fine di fronteggiare le incursioni di popolazioni nordiche, particolarmente di origine ungarica. Dotato di torri, una di esse fu trasformata nell'attuale torre campanaria.

Passò nel Quattrocento dalla signoria dei Visconti al dominio della repubblica di Venezia, fino all'occupazione napoleonica e poi austriaca. Seguì poi le vicende storiche successive all'unità d'Italia. Interessante costruzione il Castello di Puegnago del Garda.

Enogastronomia

La cucina tipica si avvale dell'olio extra vergine di oliva D.O.P. (un tipo di olio lombardo) e dei vini D.O.C. di questi luoghi, di cui il “Groppello” è l'emblema. In estate una fiera è dedicata a queste eccellenze; una vivanda tradizionale è rappresentata dagli gnocchi di Puegnago, a base di pane ed aromatizzati al basilico, vengono serviti in salsa di pomodoro.

Monumenti e luoghi d’interesse

Negli antichi borghi non mancano preziose opere d'arte e particolari angoli suggestivi: a Castello fra il verde e l'azzurro spicca l'ottocentesca Torre campanaria (1827), circondata dal Castello con torri rettangolari ai lati. Le mura di cinta seguono la forma irregolare del cucuzzolo sul quale sono state erette. Tra le rilevanze storico-architettoniche figurano la parrocchiale di San Michele Arcangelo, degli inizi del '600, che custodisce una Via Crucis di Antonio Dusi, e la chiesa della Madonna della Neve, edificata sul finire dell'Ottocento. Altre chiese valgono la pena di essere visitate, anche per le opere d'arte che ospitano. Del territorio comunale fa parte l'oasi naturalistica dei Laghi di Sovenigo, tre specchi d'acqua di origine intramorenica; nel più grande di essi è caratteristica, in luglio e agosto, la fioritura dei fiori di loto, importati, secondo la tradizione, dal Giappone.

RIVA DEL GARDA

È un centro turistico e climatico internazionale che si affaccia sul Lago di Garda, già importante località commerciale in epoca romana è entrato a far parte del Regno d'Italia nel 1919, dopo la fine della prima guerra mondiale

Essendo località turistica sono molti i punti di interesse nelle vicinanze di Riva. Dal lago di Tenno (6 km a nord), si gode di un ampio panorama sul Basso Sarca, il lago di Ledro (5 km ad ovest) mantiene un interessante museo delle palafitte, la strada del Ponale, antica via che univa Ledro a Riva del Garda è diventata una importante pista ciclabile, le Cascate del Varone (3 km a nord) sono interessanti dal punto di vista geologico e dalla frazione di Pregasina si gode di una particolare veduta sul lago. Sul monte San Martino si trova un sito archeologico databile all'età del bronzo.

Clima

Il clima di Riva del Garda non è quello tipico continentale delle zone prealpine poiché subisce l'influenza del lago che ne modifica e mitiga l'escursione termica e influisce sul tipo e sulla durata delle precipitazioni.

L'inverno è solitamente con poche precipitazioni e le nevicate abbondanti si sono fatte abbastanza rare. La più importante ed abbondante storicamente è stata la nevicata del 1985. Le temperature medie a partire almeno dagli anni ottanta si sono alzate.

L'estate è normalmente calda e poco afosa grazie ai venti lacustri da sud e provenienti dai rilievi a nord.

L'autunno e la primavera, sono mediamente le stagioni più ricche di pioggia.

Venti

I principali venti del lago di Garda che interessano la zona di Riva sono l'Òra, il Vent Paesàm, il Ponale e il Balinòt.

Storia

I primi insediamenti nel territorio di Riva del Garda risalgono al Neolitico, e più precisamente all'età del bronzo e all'età del ferro. Un sito sembra essere quello nella località di San Giacomo, che fu probabilmente un luogo di culto.

Nel periodo pre-romano la zona fu certamente abitata ma i ritrovamenti archeologici relativi a quel periodo non permettono di definire con precisione né se la sua popolazione fosse retica o gallica né di avere ricostruzioni attendibili del villaggio. Probabilmente furono interessate popolazioni dei Benacenses, dei Sabini dei Galli Cenomani e non sono da scartare neppure legami con gli etruschi, forse arrivati dalla Pianura Padana in seguito al calare di stirpi galliche (celtiche) attraverso le montagne lombarde.

Le prime notizie certe in epoca romana riguardo a Riva (Ripa) la descrivono aggregata al municipium di Brescia.

Di epoca romana numerosi ritrovamenti, si sa che a Ripa esisteva un collegio nautico e che un certo Metellio, tribuno militare, fece costruire qualcosa (forse un castello) nella parte più alta della cittadina, località detta in loco "Marocco" (sasso). Importanti scavi presso il Monte San Martino (o Luna), nei pressi della frazione di Campi, hanno messo in luce un villaggio-santuario fortificato di epoca preromana e romana, abbandonato successivamente probabilmente perché identificato come "pagano", anche se nei pressi per secoli funzionerà la chiesetta di S.Martino, assai venerato in epoca longobarda.

Caduto l'Impero romano, Riva passa di mano più volte seguendo dominazioni di Goti, Longobardi e Franchi. La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali[8].

Successivamente entrerà nella sfera d'influenza del Principe Vescovo di Trento, pur rimanendo un libero comune con statuti propri. Seguono i periodi di dominazione Scaligera veronese, VisconteaVeneziana, alternata a periodi di dominio del Principe vescovo di Trento.

Dei veneziani è la costruzione del Bastione, edificato agli inizi del Cinquecento sopra una preesistente fortificazione medioevale, sul dosso detto dei Germandri. Nei pressi, sopra il colle (castelliere preistorico) di Santa Maria Maddalena, resiste al tempo l'antica omonima chiesetta, e il torrione (a sua volta utilizzato come chiesetta) di San Giovanni in località Pinza, lungo la secolare strada che collegava Riva al Bresciano, via Campi/Trat/val di Ledro.

Nei pressi del valico di Trat (punta La Rocca) si trovano i resti del piccolo castello costruito dai Rivani nel Medioevo proprio per controllare il passaggio. Nei suoi pressi (valle dei Morti) si svolse una furiosa battaglia tra Viscontei e Veneziani. Dal secolo XVII Riva del Garda farà costantemente parte del Principato Vescovile di Trento, seguendo le sorti del Trentino dal dominio napoleonico a quello asburgico sino al passaggio all'Italia nel 1919.

Durante il periodo austro-ungarico, la città divenne, oltre che centro turistico, anche quartier generale della flottiglia militare della K.u.k Kriegsmarine sul lago di Garda.

La città e il circondario furono anche fortificati dagli austriaci (ancora oggi sono visibili e in buone condizioni i fortini posti a guardia del porto e sovrastanti il paese nonché i forti eretti sul monte Brione e sulla Strada del Ponale, tutti parte del Subrayon III di Riva), divenendo un caposaldo mai espugnato dal Regio Esercito Italiano, fino alla ritirata dell'Esercito imperiale alla fine della Prima Guerra Mondiale nel novembre del 1918.

Nel corso della seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Riva viene de facto annessa al Terzo Reich nell'ambito dell'Alpenvorland, un'entità territoriale comprendente le provincie di Trento, Bolzano e Belluno. Il confine tra i comuni di Riva e Limone nel periodo 1943-1945 rappresenta quindi la frontiera tra la zona sotto il diretto controllo della Germania nazista e la Repubblica Sociale Italiana (RSI), la cosiddetta Repubblica di Salò. In tale contesto, si sviluppa nel Basso Sarca un importante movimento clandestino di Resistenza, in collegamento con Trento e Rovereto. 

La denominazione ufficiale del comune fino al 1969 era “Riva".

 

Architetture religiose

 

Architetture civili

Architetture militari

 

SALO’

Di fondazione romana, durante gli ultimi anni della seconda guerra mondiale Salò fu sede di alcuni ministeri della Repubblica Sociale Italiana.

Il comune di Salò, che si affaccia sull'omonimo golfo del lago di Garda, è racchiuso a ovest e a sud dai Colli Morenici e a nord dal Monte San Bartolomeo. La frazione di Barbarano è l'unica posta al di fuori del golfo, ma questa si estende sulla costa, ai piedi del monte, verso nord, confinando con Gardone Riviera.

La sezione lacustre confina ad est con Torri del Benaco (sulla sponda veronese del lago e dunque in Veneto).

La città è posta sull'area sismotettonica "benacense" e pertanto è a rischio sismico. Dei terremoti storici vengono normalmente ricordati quello del 1901 e l'ultimo del 24 novembre 2004 entrambi classificabili con l'VIII grado della scala Mercalli.

Il clima è di tipo mediterraneo, grazie alla mitigazione del Lago e dalla presenza del Boaren, vento che discende dalla Valle Sabbia.

Origini del nome.

Il nome Salò non ha una derivazione chiara. Alcune fonti lo fanno risalire al nome di una regina etrusca, Salodia; altre lo collegano ad un lucumone di nome Saloo; altre ancora al termine latino "salodium", che indicava le sale e le stanze di cui erano ricche le ville a lago di epoca romana.

Una spiegazione valida sembra essere quella che fa risalire il nome di Salò al fatto che la città era, anche nell'antichità, la capitale economica della zona, dove veniva depositata una risorsa importantissima come il sale marino. Già infatti nei tempi antichi era collegata al mare Adriatico attraverso i fiumi Mincio e Po. Il sale marino coltivato nelle saline dell'Adriatico e trasportato su barconi poteva quindi agevolmente raggiungere Salò.

Un'ultima ipotesi farebbe derivare il toponimo da “salus” termine latino che vuol significa “salute” in quanto la zona sarebbe stata usata dalle legioni romane come luogo di cura per quei soldati feriti o ammalati nel corso della conquista alpina e ritrovamenti archeologici presso la necropoli romana del Lugone avvalorerebbero questa tesi.

Storia

La fondazione romana si sovrappose ad alcuni insediamenti preesistenti, verosimilmente di epoca neolitica. Nella zona nord-occidentale di Salò (zona Lugone, ora via Sant'Iago), fu rinvenuta negli anni venti del XX secolo una necropoli romana e, negli anni settanta dello stesso secolo, fu condotta un'accurata campagna di scavi che portò alla scoperta di 171 tombe ed al rinvenimento di vario materiale tra cui un'anfora ora esposta al museo archeologico di Milano. Sembra che di questa piccola anfora, che riporta impresse scene di caccia, esista un'altra copia in Spagna.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo (Manerba del Garda), dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Il 4 novembre del 1334 trentaquattro comunità della riviera gardesana e di parte della Val Sabbia si riunirono nella Riperia Lacus Gardae Brixiensis, una sorta di federazione con capoluogo Maderno ed a capo un podestà. Per rimanere autonoma sia da Brescia sia da Verona, la federazione si diede alla Repubblica di Venezia, che mandò alla Riperia un Provveditore. La zona all'epoca era però obiettivamente lontana dal territorio metropolitano della Serenissima, e nel 1350 Salò e la Riviera caddero nelle mani dei Visconti.

Nel 1362 Salò resistette all'assedio da parte delle truppe scaligere ed il valore dei cittadini, unito alla grande accoglienza per Beatrice Visconti, fece sì che la cittadina diventasse capoluogo al posto di Maderno. Con la salita al potere di Gian Galeazzo Visconti Maderno tornò brevemente ad essere la capitale, per poi perdere definitivamente il titolo durante la stesura degli statuti. Alla morte del duca Gian Galeazzo i rappresentanti di Salò e della Riviera occuparono il quinto posto nella processione funebre, ben più avanti di città quali Brescia o Verona.

Nel 1428 Salò e la Riviera tornarono ad essere dominio della Serenissima per motu proprio delle comunità, che abbandonarono i Visconti poco prima dell'assedio di Brescia. Nei successivi anni la Riviera si schierò invece più volte a favore dei Visconti, mentre Brescia rimase fedele a Venezia; quest'ultima pose di conseguenza la Riviera nella giurisdizione di Brescia. Solo nel 1443 la Riviera riuscì a sganciarsi, almeno parzialmente, da Brescia e poté nuovamente accogliere sul Garda il Capitano della Riviera e Provveditore di Salò mandato dal Senato veneziano. Durante questi anni Venezia elargì alla Patria il titolo di Magnifica e di Figlia primogenita della Serenissima, insieme ad innumerevoli autonomie, tale da renderla quasi uno Stato a sé stante.

Con la guerra della Lega di Cambrai, la Magnifica Patria fu conquistata da francesi e spagnoli, mal voluti dalla popolazione; tornò poi ad innalzare le bandiere di San Marco. Dalla Riviera partì il 23 aprile 1570 una nave di armigeri per combattere contro la flotta turca, facendosi onore durante la battaglia di Lepanto. I cannoni della nave furono fusi alla fine della attaglia e, con il bronzo ricavato, vennero fatti 6 candelabri presenti nel Duomo. Nel 1580 il futuro santo Carlo Borromeo arrivò in visita pastorale a Salò, dirimendo questioni e fondando un Monte di Pietà spirituale per pagare degli insegnanti che educassero i giovinetti e i fanciulli poveri di Salò.

Con l'arrivo di Napoleone a Salò; il 17 agosto del 1796 iniziò la fine della Magnifica Patria. Il 25 marzo dei messaggeri da Brescia, insorta contro Venezia, portarono l'annuncio della rivoluzione; i salodiani in principio accolsero la notizia; allontanatisi i bresciani, decisero invece di rimanere fedeli alla Serenissima, dando inizio ad una contro-rivoluzione, l'unica ufficialmente appoggiata da Venezia.

Le truppe bresciane e bergamasche che attaccarono il Golfo furono respinte e arrestate. Il mattino successivo, la città di Salò fu costretta ad arrendersi ai francesi, che le tolsero il titolo di capitale e l'indipendenza da Brescia. Con il trattato di Campoformio la Magnifica Patria passò sotto il controllo asburgico insieme al resto dell'ex-stato veneziano.

Terminate le guerre di restaurazione tra il regno d'Italia napoleonico e il regno asburgico, culminati sul territorio con la battaglia di Salò del 16 febbraio 1814, gli austriaci entrarono a Salò dove vennero accolti in pompa magna. Salò si rivelò subito filo-austriaca, con alzabandiera e Messe in Duomo, nel tentativo di recuperare almeno parte dei privilegi perduti con la fine della Serenissima. Tali tentativi rimarranno vani, visto che il 5 aprile 1815 la cittadina entra a far parte della "Imperial Regia Delegazione di Brescia" e divenne capoluogo del XIV Distretto comprendente 25 comuni.

Fu istituito il Commissario distrettuale, soppresso il Tribunale giudiziario e istituita una Pretura di II classe. L'equiparazione con GargnanoPreseglieVestone e Lonato furono vissuti come un affronto alla centralità e alla superiorità politica di Salò sulla Riviera. Il comune di Caccavero (oggi frazione di Salò con il nome di Campoverde) fu nuovamente istituito dopo la sua soppressione e aggregazione alla città durante la dominazione napoleonica. aggrava tale situazione. Vano fu il tentativo di fondare la Provincia di Salò, osteggiato da Brescia.

Durante l'occupazione austriaca a Salò nacque la Società del Casino, che si occupò di propaganda anti-imperiale.

In questo periodo la vita sociale e culturale non si fermò, anzi acquistò sempre più forza. Nell'agosto del 1814 fu istituita la società Filarmonica, riconosciuta come banda musicale dal Governo Lombardo Veneto nel 1823, ed attiva ancora oggi. Nel 1824 nacque una Scuola Pubblica di strumenti ad arco e nel 1838 si istituì una "sala di istruzione per le esercitazioni del contrabbasso e del violoncello". Nello stesso anno nacque anche l'Associazione di San Francesco di Sales. L'Ateneo e le scuole continuarono la loro attività diventando noti anche fuori provincia. Nel 1826 aprì il nuovo Ospedale Civile, mentre nel 1851 giunse un primo nucleo di suore della congregazione delle Ancelle della Carità, guidate dalla stessa fondatrice Maria Crocifissa Di Rosa. Nel 1858 nacque la Società di Mutuo Soccorso, la prima della provincia, che vinse nel 1867 la medaglia d'argento all'Esposizione universale di Parigi del 1867.

Durante i moti risorgimentali del 1848 Salò fu ripetutamente colpita da combattimenti.

Il 17 giugno 1859 Nino Bixio entrò trionfante a Salò e il giorno successivo lo raggiunse anche Giuseppe Garibaldi. Durante la battaglia di San Martino Salò fu invasa dai feriti e divenne un grande ospedale da campo. L'11 luglio 1859, con l'armistizio di Villafranca, Salò entrò con il resto della Lombardia a far parte del Regno di Sardegna e ne seguì l'evoluzione nel Regno d'Italia.

Nell'Italia unita, Salò divenne capoluogo dell'omonimo circondario e il 15 dicembre 1860 acquisì il titolo di città. Fu pertanto sede di Sottoprefettura e del Tribunale Collegiale giudiziario da cui dipendevano le cinque Preture del circondario. Il censimento del 1861 registrò a Salò la cifra di 5316 abitanti.

Il 30 ottobre 1901 la città fu colpita da un forte terremoto che rese inagibili gran parte degli edifici pubblici e parte di quelli privati. Iniziò quindi il periodo dei grandi cantieri che cambiarono il volto dalla città, tra i quali troviamo: la creazione del Lungolago, la riedificazione di parte del palazzo comunale, la Scala Santa, la via Tavine e via dei Colli, la creazione di piazza Sant'Antonio (sventrando il quartiere omonimo), l'abbattimento delle vecchie carceri e la costruzione del nuovo, la piazza antistante l'ospedale, le nuove chiese di Villa, San Bernardino e Serniga e la costruzione delle scuole in via Gasparo. I lavori furono rallentati a seguito dello scoppio della prima guerra mondiale.

Nell'ottobre 1943 fu fondata tra Salò e Gargnano la Repubblica Sociale Italiana, conosciuta come Repubblica di Salò. La presenza, nella cittadina lombarda, del Ministero degli esteri, delle cabine per i giornalisti e del servizio traduzioni comunicati esteri, che emettevano tutti i comunicati ufficiali della Repubblica, fece sì che quest'ultima sia conosciuta con il nome della città, anche se la capitale rimaneva ufficialmente Roma.

La scelta di portare i principali ministeri sulla riva benacense fu in primis dovuta alla vicinanza con la Germania nazista (che all'epoca comprendeva, direttamente nel Tirolo, tutto l'attuale Trentino-Alto Adige ed arrivava fino al comune di Limone sul Garda), favorendo il controllo nazista dello stato fantoccio di Benito Mussolini, e rendendo difficile invece a quest'ultimo, vista la decentralizzazione rispetto al teatro di tutte le vicende economiche e militari, l'effettivo esercizio del potere. In secondo luogo la zona era scarsamente interessata dall'attività partigiana (tale fenomeno rimase limitato anche in seguito, per la presenza della RSI) ed era al di fuori dalle aree industriali del nord d'Italia, pesantemente bombardate dall'aviazione alleata.

Il ministero degli esteri occupò villa Simonini (oggi hotel Laurin), come sede ufficiale, e l'albergo Barbarano per i dipendenti e la mensa. Tale ministero era presieduto ufficialmente dallo stesso Mussolini, il cui Quartier Generale era situato a Palazzo Feltrinelli Gargnano (ora Centro d'Ateneo per la promozione della lingua e cultura italiana (CALCIF) dell'Università degli Studi di Milano), e raramente ne usciva.

Il secondo ministero effettivamente dislocato a Salò era il Ministero della Cultura Popolare (MinCulPop), la cui divisione Spettacolo occupò villa Amadei ed il palazzo della Croce Rossa Italiana. Per quanto riguarda i media, a villa ex Angelini erano presenti le cabine telefoniche riservate ai giornalisti, mentre l'Agenzia Stefani, agenzia di stampa della propaganda fascista, si trovava nell'edificio della scuola elementare; presidente era il senatore Luigi Barbini e segretario Ernesto Daquanno. Detta agenzia era in collegamento con il palazzo del Capitano-Rettore Veneto (all'interno dell'attuale municipio), sede dell'ufficio interpreti per la traduzione dei comunicati esteri.

A Salò erano presenti anche le forze di polizie e militari: nel liceo scientifico si trovavano un reparto della Muti e uno della Xª Flottiglia MAS al comando di Junio Valerio Borghese, nella casa del Fascio (oggi bar Italia) stazionavano le guardie di Mussolini, agli ordini del console della milizia Albonetti. In piazza Vittorio Emanuele, allora piazza Ettore Muti (eroe della prima guerra mondiale e seguace di D'Annunzio nell'impresa di Fiume), l'ex palazzo Castagna, ora sede della banca Valsabbina, ospitava il comando del Corpo di Polizia Repubblicana, il cui capo era Tullio Tamburini.

Nell'ex collegio civico, in via Brunati, c'era il comando della Guardia Nazionale Repubblicana che aveva sostituito la soppressa arma dei carabinieri; il comando era affidato a Renato Ricci. Altri ufficiali si trovavano presso l'ex caserma dei carabinieri, mentre l'oratorio maschile era a disposizione di un raggruppamento delle Brigate Nere. Infine il teatro comunale veniva utilizzato, oltre che per spettacoli di valore artistico, anche per convegni e assemblee politiche.

Poche furono le visite di Mussolini a Salò; una sola ufficiale, per rendere omaggio alla salma di Serafino Mazzolini, sottosegretario agli Esteri, deceduto nella villa Portesina di Salò il 23 febbraio 1945.

Architetture religiose

  • Il duomo di Salò, dedicato a santa Maria Annunziata, rappresenta l'opera di maggior pregio architettonico, progettata da Filippo delle Vacche in tardo stile gotico, mai conclusa completamente.
    Al suo interno custodisce tele del Romanino, del Moretto, di Zenone Veronese e di Paolo VenezianoAntonio Vassilacchi detto l'Aliense, vi eseguì diversi affreschi mentre l'altare maggiore è caratterizzato da un'imponente ancona dorata dove sono inserite dieci statue lignee realizzate da Pietro Bussolo. La facciata, che risulta tuttora incompleta, venne successivamente abbellita dal portale marmoreo realizzato dal Tamagnino e da Gasparo Cairano nel 1509.
  • Il cimitero monumentale, costruito sulla riva opposta del golfo, sul progetto di Rodolfo Vantini.
  • Chiesa di San Bartolomeo a San Bartolomeo
  • Chiesa di San Bernardo a Serniga

 

Architetture civili

  • Il palazzo del podestà era la sede del consiglio della Magnifica Patria, ora sede del comune. Parte dell'edificio è una ricostruzione successiva al 1901, anno in cui un tremendo sisma mise in ginocchio la città.
  • Il palazzo Fantoni del XV secolo ospitava l'Ateneo di Salò, ente derivato dell'antica Accademia degli Unanimi
  • Il teatro civico, ora in ristrutturazione a seguito di una lunga fase di abbandono.
  • Il palazzo Terzi-Martinengo a Barbarano fu costruito su incarico del marchese Sforza Pallavicino capitano della Repubblica di Venezia. Possiede un grande parco con stupende fontane. Il palazzo è proprietà privata, quindi non visitabile.
  • Il lazzaretto di San Rocco, realizzato a seguito di una parte del Consiglio Generale datata 7 giugno 1484

Aree naturali

Il Comune di Salò è il più densamente popolato e il più abitato del parco Alto Garda Bresciano. Il monte San Bartolomeo, che sovrasta la città, è attraversato da sentieri naturalistici e paesaggistici fino alla sua vetta.

Oltre al museo della città, MUSA, a Salò sono presenti il museo del Nastro Azzurro, fondazione che raccoglie cimeli, fotografie e documenti dei decorati al valore militare dal 1793 fino ai giorni nostri senza alcuna distinzione ideologica, e il museo archeologico A. M. Mucchi, entrambi ospitati nel palazzo Coen.

 

SAN FELICE DEL BENACO

Il territorio comprende i tre piccoli centri di San Felice, Portese e Cisano e costituisce un promontorio morenico che si protende sul lago di Garda fra il golfo di Salò e il golfo di Manerba, delimitato dal monte della Croce, dal monte Campagnolo e dal monte Santa Caterina.

Del comune fa parte anche l'Isola del Garda, appartenente alla famiglia Borghese Cavazza.

Il nome di San Felice deriva probabilmente dal latino "sinus felix", insenatura felice. Fino al secolo XV il nome documentato risulta "Scovolo", da "scopolus", scoglio.

Nel 1863 il comune di San Felice assunse la nuova denominazione di "San Felice di Scovolo”.

Monumenti e luoghi di interesse

San Felice

 

Chiesa Parrocchiale

Edificata tra il 1740 e il 1781 ad opera di Antonio Corbellini, in stile barocco e dedicata ai SS. Felice, Adauto e Flavia. Di particolare importanza è la Pala del Romanino del sec.XVI, nella navata destra Martirio di S. Bartolomeo di Johann Carl Loth, gli affreschi della volta di Carlo Innocenzo Carloni e a Giosuè Scotti del 1760 e la Natività di Zenone Veronese nella sagrestia.

Torre scaligera

 

La torre scaligera

La torre situata ad ovest della chiesa parrocchiale funge da torre campanaria della chiesa. Costituisce parte del complesso dei ruderi del castello costruito dagli Scaligeri nel 1330 ed ora adibiti a sede cimiteriale.

Santuario del Carmine

Chiesa del Carmine secolo XV, dedicata alla Madonna del Carmine. L'imponente edificio è caratteristico dell'ultimo stadio dell'architettura gotico lombarda nella sua forma più semplice: quella “rustica”, fortemente legata alla tradizione romanica. La porta principale è a sesto acuto, con rosone centrale e due monofore laterali. È stato restaurato dal 1954 al '59 per la parte architettonica e dal 1963 in poi per quella pittorica. Santa Maria del Carmine venne iniziata nel 1460 sull'area di una piccola cappella con l'appoggio di Ludovico II Gonzaga e di suo figlio il cardinale Francesco. Venne consacrata nel 1482, anche se era già funzionante nel 1452. Oggi è meta di numerosi pellegrini da tutto il mondo. Il quarto fine settimana di luglio, la statua della Madonna del Carmelo viene portata, il sabato, in processione solenne dal Santuario della Madonna del Carmine, alla Chiesa Parrocchiale di San Felice del Benaco; il giorno dopo, la domenica, la processione riprende con il rientro della Madonna al Santuario, per le vie del paese addobbato di fiori e ghirlande a festa.

Palazzo Rotingo

Situato il via XX Settembre, al numero civico 11, è ora la sede del municipio di San Felice del Benaco. Fu edificato nel XVII secolo e ha subito parecchie trasformazioni nel corso del tempo. Casa natale dello scultore Angelo Zanelli.

Ex Monte di Pietà, già Palazzo Comunale sec.XVII

Il Monte di Pietà fu istituito nel 1593 da Giacomo Pace, il quale dispose che tutti i poveri, di qualsiasi terra vi potessero attingere per sovvenzione, senza pagamento di interessi sulla somma avuta in prestito. Il sacro Monte era conosciuto e apprezzato da tutta la gente della Riviera bresciana, nel 1705 fu barbaramente saccheggiato dai francesi. L'edificio venne rinnovato completamente nella forma in cui si presenta tra il 1665 e il 1670. La costruzione è definita di tipo veneto. È un'elegante struttura con un porticato a cinque arcate con pilastri quadrati di pietre bugnate. Al suo interno risiedeva il Governo del Comune, oggi è la sede dell ufficio informazioni e della sala espositiva che ospita numerose mostre di artisti contemporanei.

Portese

  • Chiesa Parrocchiale di Portese sec.XVI

La parrocchiale di Portese è dedicata alla Natività di S.Giovanni Battista. Sull'abside è collocata una bellissima tela di Grazio Cossali che raffigura la nascita del santo. Di fronte all'abside è raffigurata una buona Annunciazione, mentre nella volta sono dipinti Davide, il Buon Seminatore, Gesù Cristo e Mosè, opera di Cesare Bortolotti (1854-1932. Interessanti sono le soase in legno, la statua lignea “Madonna col Bambino” del XVI recentemente restaurata, la fonte battesimale e la tela raffigurante “La Circoncisione”.

  • Chiesa di San Fermo sec.XV

Sul promontorio di fronte all'Isola del Garda, al posto dell'antico castello in una posizione molto suggestiva, si trova la chiesetta di S.Fermo. La chiesa fu eretta nel secolo XV sui resti di una grande villa romana: la linea è quella semplice del tempo di transizione tra romanico-gotico e rinascimento. L'unico affresco rimasto si trova nell'abside: raffigura S.Fermo ed è attribuito a Giovanni da Ulma. Il 9 agosto si celebra la festa del santo protettore.

  • Castello

Il castello venne eretto nell'alto medioevo con la funzione di ricettacolo a difesa delle scorrerie di barbari; di esso rimane ora solo un mozzicone di torre circolare. A sinistra rispetto all'entrata ha sede la biblioteca comunale mentre sulla destra si trova il centro di raduno del Gruppo Alpini di Portese.

Cisano

 

  • Chiesa di San Giovanni

La chiesa fu edificata nel XV secolo ed è dedicata a San Giovanni Battista Decollato, la cui festa ricorre ogni cinque anni con una processione per le vie del paese.

  • Palazzo Cominelli

Eretto verso la metà del Seicento dall'omonima famiglia di origine salodiana. Attualmente è la sede della "Fondazione Cominelli" formatasi per volontà del poeta Raffaele Cominelli (1893 - 1981). Ospita al suo interno mostre e attività di promozione culturale.

Il 21 giugno 2020 è stata inaugurata nella località di Cisano la prima "Big Bench"[4] panoramica del Lago di Garda, realizzata da una idea di Chris Bangle.

L'isola di Garda

L'isola di Garda è la maggiore delle isole del Benaco, posta di fronte al promontorio di San Fermo. Fu abitata fin da tempi remoti, come testimoniano i resti ritrovati dall'illustre geologo Stoppani nel 1864. Si dice che Dante Aligheri, terziario francescano abbia visitato l'isola e che a questa abbia dedicato i famosi versi della Divina Commedia:

Nel 1221 venne donata da Federico II di Germania al nobile Biemino di Manerba, il quale la concesse a S.Francesco d'Assisi per farne uno dei primi eremi di preghiera nel territorio bresciano. Nel XV secolo l'Isola era diventata una fiorente scuola francescana il cui direttore era il padre Francesco Licheto, erudito scrittore, filosofo e teologo. Nel 1690 circa, sull'Isola soggiornò Cosimo Medici, principe di Toscana, che divenne poi Cosimo III.

Soppresso il monastero verso il 1770, l'Isola fu dal demanio ceduta alla famiglia Conter di Salò, che a sua volta la vendette ai fratelli Benedetti di Portese. Nel 1806 i Benedetti la vendettero ad un Fiorentini di Milano dal quale nel 1817 la comperò il conte Luigi Lechi di Brescia.

Questa oasi di pace fu dimora per parecchio tempo della cantante lirica Adelaide Malanotte, amica sentimentale del Lechi, tanto cara al Foscolo e meravigliosa interprete delle opere del Rossini. Luigi Lechi nel 1860 cedette l'Isola a suo fratello, il generale Teodoro, il quale si era coperto di gloria durante la campagna napoleonica. Nel 1863 Teodoro la cedette al Governo che iniziò alcune opere di fortificazione. Nel 1869 venne ceduta al barone Raffaele Scotti di Bergamo, quindi nel 1870 al duca Gaetano De Ferrari di Genova. L'unica figlia del duca, andò in sposa al principe romano Scipione Borghese, il quale fece costruire il grandioso palazzo di stile veneziano su disegni dell'architetto Luigi Rovelli dal 1894 al 1901.

Oggi l'Isola di Garda è conosciuta meglio come “Isola Borghese” ed appartiene agli eredi dei nobili romani, la famiglia Cavazza.

Lo splendido palazzo situato sull'Isola di Garda, attuale residenza della famiglia Borghese Cavazza.

 

SIRMIONE

Per secoli avamposto militare, dapprima sotto la giurisdizione della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo (Manerba del Garda), dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio, e poi in seguito per frazionamento della gardesana occidentale e distribuzione monastica territoriale, del monastero di Santa Giulia di Brescia e successivamente dei domini veronesi e della Serenissima, fu definitivamente assegnato al bresciano in epoca napoleonica.

La principale industria della cittadina è il turismo, sia per la presenza di vestigia romane e medievali sia per le acque termali.

Sirmione è posta lungo la penisola omonima che si protende all'interno del lago di Garda per circa 4 chilometri e che divide in due parti la riva lacuale meridionale. Parte del territorio comunale si estende ad est rispetto alla penisola per includere quella di Punta Grò.

L'entroterra si estende in direzione delle colline moreniche che cingono la parte meridionale del lago stesso e comprende una parte della zona di produzione del Lugana.

Il comune è zona di produzione sia del Lugana sia dell'olio Garda bresciano DOP.

A Sirmione la principale industria è quella turistica. La città è la località di villeggiatura più frequentata della provincia di Brescia. Il territorio di Sirmione è particolarmente attraente: sia perché in riva al lago di Garda, sia per il sito archeologico delle Grotte di Catullo, sia per la presenza di una sorgente termale. Quest'ultima produce acqua sulfurea salsobromoiodica di origine vulcanica e serve due stabilimenti: "Catullo", in prossimità delle omonime grotte, e "Virgilio", in località Colombare.
L'"Acqua di Sirmione" viene commercializzata in boccette per spray nasale

Storia

A Sirmione sono state rinvenute tracce di antropizzazione risalenti al neolitico. La città fu centro urbano rilevante in epoca romana e la via Gallica seguiva la sponda meridionale del lago tagliando poi per l'istmo della penisola sirmionese. Vi sorse dunque la Sermione Mansio menzionata nell'Itinerarium Antonini.

Secondo un'ipotesi di Elisabetta Roffia, la mansio non solo corrisponderebbe a una trattoria del luogo, documentata come "Osteria" o "Bettola" fin dal XV secolo, ma anche alla Mansio ad Flexum riportata nell'Itinerarium Burdigalense.

Gaio Valerio Catullo menzionò Sirmio fra i luoghi in cui soggiornò (Carme XXXI, Ritorno a Sirmione). Tradizionalmente, a partire da Marin Sanudo il giovane, i resti della villa romana sirmionese sono a lui attribuiti, ma non c'è alcuna certezza in merito. Le parti più antiche della villa risalgono al I secolo a.C. con estensioni nel secolo seguente.

Dal III al V secolo, per l'Orti Manara, la Lugana di Sirmione fu teatro di diversi scontri. Nel 249 si affrontarono gli eserciti di Decio Traiano e Filippo l'Arabo mentre nel 268 vi fu la Battaglia del lago Benaco fra l'imperatore Claudio il Gotico e la federazione degli Alamanni. Nel 312 il primo scontro tra le truppe di Costantino I e quelle di Massenzio fu il preludio della Battaglia di Verona che avvenne nei pressi di Sirmione[9]. Sempre secondo l'Orti Manara, nel 463 Ritmiro, capitano dell'imperatore Libio Severo, sconfisse gli Alani nei terreni della Lugana.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo (Manerba del Garda), dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

In seguito per frazionamento della gardesana occidentale e distribuzione monastica territoriale, Sirmione dipese dalla giurisdizione del monastero di San Salvatore e Santa Giulia (ex monastero di San Michele e San Pietro) di Brescia.

Nei secoli successivi il dominio del monastero di Santa Giulia presso Sirmione andò attenuandosi[9]. Nel 1158 è attestato un dominio (almeno nominale) del Sacro Romano Impero, poiché Federico I Hohenstaufen amava concedere in comodato i possessi imperiali della corona ed i suoi domini: Federico Barbarossa concesse quindi ampia autonomia, per la fedeltà all'impero, nell'ambito di una soggezione diretta al potere dell'Imperatore.

Nel 1197, il podestà sirmionese giurò fedeltà al comune di Verona, legando con quest'atto la cittadina gardesana alla città sull'Adige.

Nel XIII secolo sia Federico II nel 1220 che Corradino di Svevia nel 1267 confermarono ed estesero i privilegi fiscali e le concessioni rilasciate al Comune, confermando i fedecommessi imperiali, i medesimi atti furono compiuti sui possessi imperiali svevi che erano imprescrittibili ed inalienabili, nonostante secoli, dagli Scaligeri, ma solo dopo che ebbero ottenuto un giuspatronato sul castrum.

La presenza di una comunità di patarini, eretici secondo la Chiesa cattolica, spinse all'azione gli Scaligeri, che pochi anni prima avevano assunto la signoria veronese. Nel 1276Mastino della Scala ottenne dal Consiglio di Verona la possibilità di istituire due compagnie di soldati per combattere i patarini sirmionesi. Il controllo delle stesse fu affidato ad Alberto, un fratello di Mastino, il quale assediò la cittadina gardesana e dopo poco tempo imprigionò diversi eretici. Due anni dopo, coloro che non si erano pentiti furono bruciati sul rogo a Verona.

Secondo Mazza (1986) il castello scaligero fu completato durante la signoria di Cangrande I e probabilmente fu costruito sui resti del castrum romano nel punto più stretto della penisola.

Nel 1378 Sirmione fu conquistata da Gian Galeazzo Visconti che rinnovò i privilegi feudali del Comune sirmionese. Agli inizi del XV secolo Sirmione fu occupata da Francesco Novello da Carrara, a quel tempo signore di Verona, per poi passare, nel 1405, sotto il controllo della Repubblica di Venezia.

Sotto la Serenissima, Sirmione rimase legata al distretto veronese. Durante la riorganizzazione delle fortificazioni del Basso Garda, il fortilizio perse di importanza a vantaggio della vicina Peschiera[11]. Rimase comunque avamposto militare come dimostra la costruzione della chiesetta di Sant'Anna, all'interno del castello, per il servizio religioso della guarnigione.

Nel corso del XV secolo fu edificata la chiesa di santa Maria Maggiore, sopra i resti di quella di San Martino in Castro. Nel XVII secolo, il nobile Francesco Rovizzi edificò una dimora e la chiesetta dedicata a sant'Orsola presso la località in seguito nota come Rovizza.

Nel corso del 1797, Sirmione fu dapprima occupata dalle forze francesi e, in seguito alla caduta della Repubblica di Venezia, il 16 maggio, fu sottoposta al controllo formale della Municipalità provvisoria veneta.

Il trattato di Campoformio stabilì che tutta la sponda meridionale del Garda passasse alla Repubblica cisalpina. Il 3 novembre fu istituito il dipartimento del Benaco comprendente anche Sirmione. Solo il 1º marzo dell'anno seguente fu creato il distretto, suddivisione amministrativa intermedia fra comuni e dipartimento della penisola di Catullo all'interno del quale fu inclusa anche la municipalità sirmionese.

Dopo la soppressione del dipartimento benacense, 1º settembre 1798, seguirono diverse riorganizzazioni amministrative che coinvolsero il comune di Sirmione: il 26 settembre fu associato al distretto VI di Villafranca del dipartimento del Mincio mentre il 12 ottobre fu assegnato al distretto delle Vigne del dipartimento del Mella.

Dopo la parentesi dell'occupazione austro-russa del 1799 fece seguito la riorganizzazione amministrativa della seconda repubblica cisalpina nella quale Sirmione entrò a far parte del distretto IV di Salò del maggio del 1801. L'anno seguente la repubblica cisalpina cambiò denominazione in Repubblica Italiana.

Nel giugno 1805, con l'istituzione del napoleonico Regno d'Italia, si procedette ad un nuovo riassetto amministrativo. Sirmione fu considerato di terza classe ed assegnato al cantone VII di Lonato a sua volta facente parte del distretto I di Brescia del dipartimento del Mella.

Nel 1816, a seguito del Congresso di Vienna e l'istituzione del Regno Lombardo-Veneto sotto l'amministrazione degli Asburgo d'Austria, Sirmione fu assegnato al distretto V di Lonato della provincia di Brescia. Nel 1853, con una revisione dell'assetto amministrativo, la cittadina entrò a far parte del distretto VIII, sempre con capoluogo Lonato.

Il 25 giugno 1859, durante la seconda guerra di indipendenza italiana, Sirmione fu occupata dalle truppe franco-piemontesi, vittoriose sull'esercito austriaco dopo la battaglia di Solferino e San Martino. Nello stesso tempo, parte dei feriti fu accolta presso la cascina Todeschini, a Colombare.

L'esito della seconda guerra di indipendenza conseguì il passaggio del comune sirmionese, come buona parte del territorio della Lombardia e della riva destra del Mincio, al Regno di Sardegna. Con il Decreto Rattazzi fu assegnato al mandamento X di Lonato appartenente al circondario I di Brescia della nuova provincia di Brescia[18]. Fino al 1866, in cui a seguito della terza guerra di indipendenza italiana il Veneto fu annesso all'Italia, il confine con il territorio sotto il dominio asburgico correva da Rovizza fino a Lugana, nei pressi del quale si trovava la dogana.

Sul finire del XIX secolo si svolsero i lavori di intubazione delle acque termali. La sorgente termale era nota già nel Cinquecento ma la profondità dalla quale sgorgava, 19 metri sotto il livello del lago, ne aveva impedito un qualsiasi uso fino a quel momento. Grazie alla tubazione fu possibile attivare il primo stabilimento termale e procedere alle prime analisi sulle qualità dell'acqua.

Con regio decreto del 20 gennaio 1930, n. 53, il comune assunse la denominazione di Sirmione, dato che in precedenza era noto come Sermione.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

 

Chiesa di Sant'Anna

È un piccolo edificio ecclesiale che sorge nei pressi del castello scaligero. Dedicata alla madre della Madonna, fu costruita nel Quattrocento al servizio della guarnigione veneta posta a difesa della rocca.

All'interno sono presenti affreschi votivi del Cinquecento, un dipinto su pietra raffigurante la Madonna e uno stemma degli Scaligeri.

Chiesa di Santa Maria della Neve

La chiesa di Santa Maria della Neve, detta anche Santa Maria Maggiore, è la parrocchiale di Sirmione. Fu edificata nel Quattrocento sopra i resti della chiesa di San Martino in castro dalla quale proviene parte del materiale utilizzato nella costruzione.

La facciata settentrionale poggia sull'antico muro che cingeva la cittadina. La facciata d'ingresso è decorata in terracotta ed è caratterizzata da un portico a cinque arcate, in origine facente parte del cimitero come dimostrano alcune tombe poste sul pavimento dello stesso. Per una colonna del porticato è stata riutilizzata una pietra miliare dedicata al terzo anno consolare dell'imperatore Giuliano l'Apostata.

L'interno è a un'unica navata e presenta cinque altari. Gli affreschi votivi sono del Quattrocento come dello stesso periodo è la statua lignea che rappresenta una "Madonna in trono". Il crocifisso è del Cinquecento ed è attribuito a Domenico Brusasorzi. L'organo risale al Settecento.

Chiesa di San Pietro in Mavino

La chiesa di San Pietro in Mavino, dedicata all'apostolo Pietro, secondo un documento dell'VIII secolo risulta già edificata[9]. Si trova sul punto più alto della penisola e probabilmente prende il nome dal latino summa vinea, ovvero vigna collocata sulla sommità, da cui Mavino.

L'edificio originale, in stile romanico, fu ricostruito e sopraelevato attorno al 1320. Il campanile fu eretto nel 1070 mantenendo lo stesso stile della chiesa. All'interno gli affreschi delle tre absidi risalgono al XII secolo, mentre quelli alle pareti sono del Cinquecento.

Oratorio dei Santi Vito e Modesto

Dedicato ai patroni originari di Sirmione, i martiri Vito e Modesto, si trova a metà strada tra la località Colombare e il centro di Sirmione. La fabbrica è stata costruita nel 1744 in sostituzione di una precedente chiesa, dedicata agli stessi martiri, che risaliva all'VIII secolo. Quest'ultima si trovava all'interno della cinta muraria meridionale di epoca tardo-antica in quanto fu definita in castro Sermione fino all'epoca scaligera, quando, con la costruzione del nuovo fortilizio e della nuova cinta muraria, la chiesa venne indicata nei documenti come extra muros sermioni.

Altre architetture religiose

  • Chiesa di San Francesco d'Assisi, parrocchiale di Colombare;
  • Chiesa di Santa Maria Immacolata, parrocchiale di Lugana;
  • Oratorio di Sant'Orsola, originariamente a servizio della dimora di Francesco Rovizzi, a Rovizza;
  • Chiesa di San Salvatore in Cortine, fu edificata per volere della regina longobarda Ansa, moglie di Desiderio, assieme al cosiddetto Monasteriolo, così definito perché annesso al più importante convento bresciano. Fu ricostruita nell'XI secolo e sopravvivono i resti dell’abside.

 

Architetture civili

 

  • Palazzo Maria Callas, palazzo del XVII secolo posto nella centrale piazza Giosuè Carducci. È di proprietà comunale ed è da questi dedicato alla cantante lirica Maria Callas.
  • Villa Meneghini-Callas, appartenuta in origine alla famiglia dei Giannantoni, industriali della borghesia lombarda. Posseduta dall'imprenditore Meneghini, dove visse negli anni cinquanta del XX secolo la moglie Maria Callas. Dopo vari passaggi tra ereditari e proprietari, è ora un condominio privato.

 

Architetture militari

 

Castello scaligero

l castello scaligero è una rocca a guardia dell'unico punto d'accesso meridionale al centro storico.

Fu costruita dagli Scaligeri, da cui prese il nome, durante il XIII e il XIV secolo e in due fasi: la prima sotto Mastino I e l'ultima sotto Cangrande.

Circondato dalle acque del lago di Garda, è difeso da tre torri e dal maschio, alto quarantasette metri. Ad oriente del castello è presente la darsena fortificata per il rifugio della flotta. Le merlature della rocca sono a coda di rondine, mentre quelle della darsena sono a punta di lancia.

 

Siti archeologici

 

Grotte di Catullo

Con il termine "Grotte di Catullo" si identifica una domus romana edificata tra la fine del I secolo a.C. e il I secolo d.C. sulla punta della penisola di Sirmione. Il complesso archeologico, studiato dall'inizio dell'Ottocento e riportato alla luce in più fasi, è la testimonianza più importante del periodo romano nel territorio comunale ed è considerato l'esempio più rilevante di villa romana presente nell'Italia settentrionale.

Il termine "Grotte" deriva da una tradizione quattrocentesca, quando le rovine, prima degli scavi, apparivano sotto forma di caverne. La tradizione, a partire da Marin Sanudo il Giovane, identifica la villa come appartenuta a Gaio Valerio Catullo che in un carme sostenne di possedere proprietà a Sirmione. Non vi è tuttavia alcuna certezza che la costruzione fosse la stessa dove visse il poeta latino, anche per l'accertata presenza di altre ville lungo la penisola.

Il sito copre un'area di circa due ettari. La struttura ha una pianta rettangolare lunga 167 metri e larga 105 m con due avancorpi sui due lati corti e un giardino, ora utilizzato come oliveto, al centro. Gli ambienti della villa che sono visibili sono identificati da nomi convenzionali, derivati sia da una tradizione locale sia da interpretazioni fornite dagli studiosi durante i primi scavi.

 

SOIANO DEL LAGO

 

Il paese si trova su una collina sovrastante la sponda occidentale del lago di Garda. Il clima è di tipo continentale con inverni più caldi rispetto al capoluogo Brescia per gli influssi del lago.

 

 

TORRI DEL BENACO

 

Sorge sulla media costa veronese del lago di Garda, al confine con Garda a sud e Brenzone sul Garda a nord. L'entroterra comunale si estende verso est fino alle pendici del Monte Baldo e confina con i comuni di San Zeno di Montagna e Costermano. Ad occidente la sezione lacustre confina con la provincia di Brescia in Lombardia (comuni di GargnanoGardone RivieraSalòSan Felice del Benaco e Toscolano Maderno).

Storia

I primi segni della presenza dell'uomo a Torri del Benaco sono da far risalire al 2000 circa a.C.: nel 1978, durante scavi nel centro storico furono rinvenuti frammenti in ceramica decorata e oggetti in selce attribuibili all'età del bronzo e negli anni '60 vennero trovate tracce di un antico insediamento palafitticolo. Altre testimonianze della presenza umana di quel periodo sono le numerose incisioni rupestri, raffigurazioni di notevoli dimensioni incise su lastre di pietra.

Torri (Tulles) entrò a far parte dell'Impero romano verso la fine del I sec. a.C.: lo conferma il rinvenimento di monete di età imperiale e molti toponimi ancora esistenti come Le Sorti (sortes) e Il Salto (saltus); lo dimostrerebbero soprattutto la torre ovest del Castello e l'impianto urbanistico del porto e del Trincerò, nella parte nord del centro storico.

Dopo la caduta dell'impero romano, il territorio venne occupato dai Goti, successivamente fu possedimento dei Longobardi e dei Franchi.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Agli inizi del X sec. penetrarono gli Ungari, perciò l'allora re d'Italia Berengario I, che nel 905 giunse e si fermò a Torri, fece erigere la cinta muraria - di cui rimangono tuttora ampi resti - e la Torre di Berengario, ora in piazza della Chiesa. A Torri datò 6 diplomi con i quali volle ricompensare con donazioni coloro che lo avevano aiutato contro Ludovico III di Borgogna.

All'inizio del II millennio Torri godeva di un'importanza strategica e di una certa rilevanza politica essendo sede del Consiglio della Gardesana.

Nel XII secolo, la sponda veronese del Lago di Garda vide passare le truppe del Barbarossa; a questo stesso periodo risalgono la Chiesa di San Giovanni, nei pressi del vecchio cimitero, la Chiesa della Trinità, al porto, e San Gregorio a Pai.

Con l'avvento degli Scaligeri a Verona, a Torri vennero rafforzate le difese del porto, creando una darsena fortificata e innalzato il Castello voluto da Antonio Della Scala, sulle rovine di una struttura preesistente, uno dei fortilizi più importanti di tutto il Garda. Attualmente ospita un interessante Museo etnografico, con gli aspetti più caratteristici della cultura locale e sul lato meridionale una serra di agrumi.

Ma l'allestimento di tutte queste difese non impedì la guerra tra i Visconti e i Da Carrara che si alternarono nel dominio della sponda del lago, fino al dominio della Repubblica di Venezia (1405) durante la quale Torri divenne sede della Gardesana dall'Acqua, federazione di 10 comuni con compiti di repressione del contrabbando e di ripartizione degli oneri fiscali. Il Consiglio della Gardesana dell'Acqua era ospitato nell'ala del palazzo ora occupata dall'albergo Gardesana ed era presieduto dal Capitano del Lago. Tra i torresani che assolsero a tale compito si ricorda Giovanni dei Menaroli (1380).

Nel ‘500 - ‘600 ci furono devastanti pestilenze che dimezzarono la popolazione di Torri; per contrastare il flagello gli appestati venivano raccolti vicino alla chiesa di San Giovanni e nel monastero annesso alla Chiesa di San Faustino. Un interessante raffigurazione di Torri del Benaco di questo periodo si trova in un affresco nella Chiesa di Sant'Antonio, sulla strada che porta alla contrada di Coi: il paese, cinto dalle mura medioevali è rappresentato con il castello scaligero a sud e la chiesa parrocchiale a nord, prima dell'ampliamento settecentesco, con un piccolo campanile addossato.

Numerose informazioni sulla vita quotidiana dei pescatori e dei contadini del piccolo centro di Torri nel XVIII secolo sono riportate nel libro che contiene i verbali delle sedute della Vicinia, l'assemblea dei capifamiglia che si radunavano per trattare gli affari.

Nel 1797 i soldati di Napoleone sbarcarono a Torri e non mancarono scontri tra austriaci e napoleonici. Nelle acque del lago, di fronte a Pai, una flottiglia austriaca mise in fuga i francesi. Dopo le razzie fatte dalle truppe napoleoniche, la zona di Torri del Benaco fu interessata dalla carestia, da freddi eccezionali, da siccità, da malattie.

A fine ‘800 giunse a Torri l'eco delle guerre d'indipendenza combattute nel basso lago e delle imprese garibaldine, in cui si distinse anche il botanico torresano Gregorio Rigo, e nel 1866 anche Torri entrò a far parte del Regno d'Italia. In quell'epoca, l'attività prevalente era la pesca e la coltivazione degli olivi ma si lavorava anche nelle serre di agrumi e nelle cave di marmo. Tra i personaggi di spicco in questo periodo si ricorda mons. Giuseppe Nascimbeni, nato a Torri.

Monumenti e luoghi d'interesse

 

Architetture religiose

 

Fortificazioni

 

Incisioni rupestri

Nella zona tra Garda e Malcesine vi sono numerosi siti in cui, sui lastroni di pietra levigati dal ritiro dei ghiacciai, sono presenti graffiti, i più antichi dei quali risalgono all'età del Bronzo. La zona di Torri del Benaco è quella che ne ospita la maggior quantità.

Natura

Grotta La Tanella, nel bosco appena fuori dall'abitato di Pai di Sopra. L'entrata è in sicurezza attraverso un cunicolo scavato artificialmente e presenta alcuni vani laterali oltre al vano principale artificiale che si congiunge con un ramo naturale. È ricca di stalattiti e stalagmiti ed ospita una sorgente perenne.

Appunti di Storia della Tanella

A cura di Giuliano Acerbi attraverso le interviste fatte alla popolazione locale che hanno permesso di ricostruire, almeno in parte, la “storia” della Grotta Tanella. È una ricostruzione di fatti tramandati oralmente, molto articolata e curiosa. Di seguito una sintetica descrizione di quanto emerso dalle interviste.

Pietro Aloisi, detto Menegari, è un muratore di Pai emigrato in NordAmerica dove ha fondato un'impresa edile già affermata ai primi del ‘900. In quel Paese viene convinto da alcuni personaggi non ben definiti (stregoni…) a tornare in Italia e cercare un eventuale “tesoro” scavando nella Tanella. Probabilmente si riferivano al neonato, per quei tempi, business dell'acqua da sfruttare per usi idroelettrici , ed inoltre da distribuire agli abitanti di Pai con un costruendo acquedotto.

Pietro Aloisi lascia l'America e torna a Pai per investire i suoi capitali nello scavo della galleria che dovrebbe intercettare l'ipotetico lago sotterraneo che dovrebbe trovarsi dentro la Tanella, pare litigando con i suoi famigliari assolutamente contrari all'operazione in questione, e gli scavi cominciano probabilmente nel 1915.

Nel 1919 viene fatto saltare il diaframma che separava la galleria artificiale dal condotto freatico naturale superiore e per quasi una notte fuoriesce acqua dalla Galleria di scavo. Ma all'indomani il condotto è già completamente svuotato e dalla Tanella non esce la quantità d'acqua sperata. Aloisi può però accertare la presenza di una notevole cavità sotterranea e successivamente la esplora, arrivando al lago-sifone che tuttora (Luglio 2006) rappresenta il limite esplorativo della Tanella. Incentivato da questa nuova presenza d'acqua riprende gli scavi fino al 1925, quando per motivi ancora sconosciuti tutto si ferma senza completare l'opera, a circa 50 metri dal nuovo lago e dopo averne scavato più di 130, nell'arco di circa dieci anni (1915 – 1925).

La situazione che lascia l'Aloisi è comunque positiva perché la Tanella è diventata una bellissima ed interessantissima Grotta, che viene visitata, nel seguire degli anni da un certo numero di turisti, come racconta Stefano Cavallari, che nel 1932, aiutato da un operaio, allarga il buco di collegamento tra la galleria artificiale e la grotta naturale per facilitare il flusso turistico. Su consiglio della madre, mette un cartello a Pai di sotto sulla strada principale per segnalare la posizione della Tanella ai turisti che cominciano a frequentare il Lago di Garda, e per dieci centesimi li accompagnava alla Grotta dove gli stessi, armati di candele, visitavano la Grotta. Questo movimento turistico durò fino all'estate del 1935, quando, in conseguenza della crisi economica mondiale, i turisti diminuiscono e il giovane Stefano Cavallari emigrò in America.

Nel 1933 fu organizzata dal Museo di Storia naturale di Verona una spedizione alla Tanella per esplorare il Lago finale. Fu chiesto al Cavallari di portare dentro la Grotta un Sandolino, la più piccola barca del Lago di Garda, per superare il Lago, ma il risultato fu negativo perché il proseguimento della Grotta è esclusivamente subacqueo. Non si hanno ulteriori notizie della Tanella fino al dopoguerra, quando negli anni cinquanta si decise di canalizzare l'Acqua della Grotta risultata da analisi effettuate dalla Provincia di Verona una ottima Acqua Minerale Naturale per l'acquedotto del Paese, e tale impianto funzionò fino alla fine degli anni sessanta fino a che l'inquinamento urbano proveniente dalla montagna sovrastante non ne compromise definitivamente la qualità e la potabilità.

Nel frattempo la Tanella fu completamente abbandonata a sé stessa fino all'estate del 2003 quando speleologi Veronesi Mantovani, Reggiani e Modenesi, con un contributo economico del comune di Torri del Benaco, bonificarono tutta la Grotta dai rottami metallici del vecchio acquedotto e altro materiale, dando inizio ad una nuova valorizzazione turistica che dura tuttora. Villa Melisa

Villa Melisa, costruita nel 1950 ed acquistata dal comune di Torri del Benaco nel 1988, si trova in una posizione privilegiata, affacciata su due lati sul lago di Garda. Ospita il circolo anziani e una sede dell'AIPO, che offre consulenze ai coltivatori olivicoli. Una ampia zona del suo giardino è adibita a parco giochi.

 

TOSCOLANO MADERNO

Rispetto al capoluogo di provincia è in posizione nord-est a una distanza di circa 40 chilometri. È situato sulla sponda bresciana, quindi occidentale, del lago di Garda. Fa parte del parco regionale dell'Alto Garda Bresciano. In questo comune si trova il monte Pizzocolo.

Toscolano e Maderno sono due centri ben distinti, divisi dal torrente Toscolano, che furono comuni autonomi fino al 1928.

La zona faceva parte fin dall'epoca longobarda della corte del Monastero di San Colombano del Priorato di Bardolino e della prioria di Solarolo (Manerba del Garda), dipendente dall'Abbazia di San Colombano di Bobbio (PC) e del grande feudo monastico di Bobbio. I monaci evangelizzarono il territorio favorendo l'espansione dei commerci, dell'agricoltura (specie la vite e l'olivo), del sistema di pesca, e della cultura, introducendo importanti innovazioni ed aprendo vie commerciali.

Toscolano, in particolare, vanta origini romane, testimoniate dai resti di una grande villa di cui, oggi, si possono vedere parti di pavimento decorato a mosaico e che sarebbe stata di proprietà del console romano Marco Nonio Macrino. La chiesa parrocchiale di Toscolano, fondata nel 1571 e dedicata ai santi Pietro e Paolo, fu per lungo tempo sede estiva della diocesi di Brescia. Essa contiene un importante ciclo pittorico dell'artista veneziano Andrea Celesti.

Nella parte finale della valle del fiume Toscolano, a partire dal 1300 si è sviluppata l'industria della carta, tra i primi e più importanti luoghi in Europa. Per questo tale tratto di valle è chiamato "valle delle Cartiere". Come testimonianza esiste un documento datato 17 ottobre 1381 che ha come oggetto la convenzione tra i comuni di Maderno e Toscolano (allora divisi) con la quale si fissano in nove punti le norme per la suddivisione e l'utilizzo delle acque del fiume.

Sul terreno denominato Supina sorge il Santuario di Supina eretto alla fine del Quattrocento.

Monumenti e luoghi di interesse

 

TREMOSINE

 

Posto su un terrazzo strutturale che sovrasta l'alto Lago di Garda, fa parte de I borghi più belli d'Italia.

L'altitudine del comune è compresa fra i 65 m e i 1976 m s.l.m. La frazione capoluogo del municipio, Pieve, si trova ad un'altezza di 414 m s.l.m. mentre Vesio, la frazione più abitata secondo il censimento del 2001, si trova invece a 626 m s.l.m. Tra le altre frazioni, Campione del Garda è quella che si trova all'altitudine più bassa, 65 m s.l.m. mentre Campi è quella situata più in alto (691 m s.l.m.).

Il nome Tremosine indica anche un'ampia zona all'interno del parco regionale dell'Alto Garda Bresciano, istituito nel 1989. È tra i più ampi comuni della Provincia di Brescia.

Nel territorio comunale sono presenti profonde vallate che caratterizzano la zona, tra cui la Valle del San Michele. Campione è l'unica frazione ad affacciarsi sul Lago di Garda.

Clima

Grazie alla vicinanza con lago, il clima è mite in inverno e caldo, ma non afoso nella stagione estiva. Queste condizioni, fanno sì che si sviluppi una vegetazione tipicamente mediterranea. Salendo di quota il clima passa da temperato a temperato sub-continentale e quindi a temperato continentale.

Origini del nome

Il toponimo è attestato fin dal 1185 dato che compare sulla bolla d'investitura dei beni che papa Urbano III emanò a favore dell'arciprete Martino. Secondo Mazza (1986) potrebbe derivare dall'etrusco Tremusina.

Una seconda teoria, riportata ancora dallo stesso Mazza, sostiene che esso derivi da tramoggia, ovvero "misura di tre moggi" per la conformazione del territorio.

Storia

Le prime informazioni certe di presenza umana risalgono al neolitico: una stazione preistorica fu rinvenuta dal geologo Arturo Cozzaglio in località Pieve e altri oggetti furono scoperti a Lis, a Calvarice e a Castello.

Vi sono inoltre testimonianze di insediamenti in epoca etrusca: una lapide bilingue etrusco-cenomano del I secolo d.C. - per anni murata presso il campanile della chiesa di Voltino e trasferita dal 1857 presso il museo civico ora di Santa Giulia - è di discussa traduzione.

In età romana, secondo Scalmana (2001), i ricchi cittadini romani possedevano ville e campi in zona, dove si facevano anche costruire decorose tombe con epitaffio. Secondo Mazza (1986) le lapide classificate risultano essere quindici; inoltre nel territorio di Tremosine vennero rinvenuti anche corredi funerari, tra cui monete in bronzo del periodo 160-180 in una sepoltura in località Ustecchio.

Da una lapide scoperta nel Settecento è attestata la presenza di un culto al dio Bergimo: secondo Mazza (1986) sopra la sua ara sorse la prima pieve cristiana che fu sostituita da una chiesetta gotica nel XII secolo.

Nel 1185 risulta che l'arciprete Martino, il primo di cui si abbia testimonianza scritta, si recò al conclave di Verona per l'elezione di papa Urbano III il quale lo investi dei beni in Tremosine. Nel 1275 è attestato che l'arciprete Bonapace partecipò all'elezione vescovile di Berardo Maggi, risultandone decimo nell'ordine di congresso.

Per Tremosine il titolo di Comune è attestato per la prima volta in un atto del 12 maggio 1268.

Nel 1283, in mezzo alle lotte fra i Visconti e i Della Scala per il controllo del territorio bresciano, risulta che la comunità si diede al vescovo di Trento. L'anno seguente, dopo una guerra fra la repubblica comunale di Brescia e il vescovo trentino, la zona di Tremosine, Limone e Tignale tornò ad essere soggetta al capoluogo cidneo.

Nel 1330, il signore di Brescia Giovanni di Boemia vendette il feudo di Tremosine a Federico Castelbarco per 15 000 Fiorini. Tre anni dopo, la caduta del boemo per mano dei Della Scala comportò anche la decadenza dei Castelbarco.

In seguito, Tremosine si legò alla Magnifica patria della Riviera e passò alla Repubblica di Venezia nel 1426.

A partire dagli atti del Cinquecento presenti nell'archivio comunale, risulta che il comune fosse suddiviso in quattro quadre, denominate Pieve, Sermerio, Vesio e Voltino, a loro volta organizzate in vicinie con un proprio podestà. La vicinia del comune era anche chiamata pubblico e generale comune: era affiancata da un consiglio di dodici persone e, dal 1586, da un'adiuncta di otto persone. Tuttavia, quest'ultimo organo sparì successivamente a seguito di mutamenti nell'organizzazione. Il console era estratto a sorte tra i consiglieri: la sua carica durava un mese, aveva autorità giudiziarie e il potere di convocare la vicinia. La carica di sindaco risulta citata per la prima volta nel 1664 e aveva il compito sia di presiedere la vicinia, sia di controllare l'esecuzione delle deliberazioni. Altri ruoli previsti da atti e statuti erano quelli del camparo, dell'estimatore e del cancelliere[11].

Secondo quanto riportato da Giovanni Da Lezze nel suo Catastico bresciano del 1610, Trimosino faceva parte della quadra di Gargnano. Pochi anni dopo, il comune fu colpito dalla peste del 1630; le testimonianze del tempo riportano 600 vittime. All'inizio del XVIII secolo, le varie comunità furono devastate e razziate dalle milizie francesi durante la guerra di successione spagnola[10].

Il territorio di Tremosine, in particolare attraverso la Valle di Bondo, costituì un collegamento nevralgico col Trentino, in particolare con la Val di Ledro, grazie a una strada "buona per carri" che consentiva scambio di merci e di lavoratori stagionali tra le due valli.

Sul Passo (di) Not(t)a vennero costruite strutture di sbarramento e venne mantenuta una guarnigione: le relazioni inviate a Venezia consigliavano di mantenere il saldo controllo del passo, anche mediante presidio dell'adiacente Monte Corno che ne consente il dominio anche con una guarnigione ridotta e meno costosa

Nel 1750, la chiesa di Vesio ottenne l'autonomia parrocchiale, staccandosi da quella di Pieve, dopo 170 anni di discussioni e di lotte anche cruente.

A seguito dell'occupazione delle truppe francesi del bresciano (maggio 1796) e della proclamazione della repubblica Bresciana (marzo 1797), Tremosine fu assegnata al cantone del Benaco. Il trattato di Campoformio (ottobre 1797) definì il confine tra la repubblica Cisalpina e l'Arciducato d'Austria presso il passo di Nota.

Nel 1805, il comune risulta appartenere al Dipartimento del Mella del napoleonico regno d'Italia. Dal punto di vista organizzativo fu definito comune di seconda classe e assegnato al distretto IV di Salò.

Nel 1810, il vicino comune di Limone su soppresso e il suo territorio fu assegnato a Tremosine.

Dopo il congresso di Vienna, Tremosine fu privato del territorio di Limone, che riacquistò l'autonomia municipale, e fu assegnato alla provincia di Brescia del regno Lombardo-Veneto, retto dagli Asburgo d'Austria. Nel 1816 fu assegnato al distretto XV di Gargnano.

Nel 1848Carlo Pisacane guidò la 5ª Compagnia Cacciatori dei Corpi Volontari Lombardi presso il passo di Nota di Tremosine, scontrandosi con le truppe austriache e venendo ferito il 27 giugno. L'anno seguente, dopo che Haynau decise di multare i comuni bresciani di 500 lire per ogni disertore non consegnato, a Tremosine fu raccolta una banda di essi che emigrò in Piemonte.

Nel 1853 il distretto di Gargnano fu rinumerato in X.

Tremosine dovette attendere gli esiti del trattato di Zurigo prima di poter passare sotto il controllo del Regno di Sardegna (dal 1861, Regno d'Italia). Il confine con l'impero austriaco (dal 1866 austro-ungarico) fu stabilito presso il passo di Nota: dal lato italiano era presente una caserma del corpo delle Guardie doganali (dal 1881, Corpo della Regia Guardia di Finanza), mentre la caserma del corrispondente corpo austriaco venne realizzata poco distante, in corrispondenza di Passo Bestana.

Dal punto di vista amministrativo, il comune fu assegnato al mandamento II di Gargnano, appartenente al circondario IV di Salò della nuova provincia di Brescia.

Il territorio comunale di Tremosine venne intensamente fortificato dagli italiani durante la prima guerra mondiale, soprattutto a partire dal 1917 quando la prima Linea venne stabilizzata in Val di Ledro. Il settore assunse importanza particolarmente dopo la battaglia di Caporetto, che portò il fronte principale lungo il Piave e sul Pasubio, a poche decine di chilometri di distanza: uno sfondamento lungo il gradiente del Garda avrebbe infatti potuto portare gli austriaci oltre Salò e Desenzano, alle spalle del fronte e senza ulteriori ostacoli verso le zone industriali di Brescia e Milano.

La frazione di Vesio fu sede di una delle Direzioni Lavori del Genio Militare della Zona XV e presso il Passo Nota fu installato il Comando di Sottosettore IV Bis, del quale individuano ancora le strutture.

Le dorsali montane furono oggetto di intensi lavori difensivi: furono costruite decine di chilometri di mulattiere e di sentieri per collegare i crinali fortificati. La rete stradale montana e di fondovalle di Tremosine è stata costruita principalmente per scopi militari dal Genio in questo periodo: come la provinciale 38 che collega Tignale a Limone, la strada in quota per il passo di Nota e quella di fondovalle nell'alveo del lago di Bondo.

Anche il crinale più a nord (Dalvra, Corno Nero, Corna Vecchia) fu interamente fortificato e percorso da strade. Furono realizzate linee trincerate formate da centinaia di tratti, supportate da ricoveri in roccia, appostamenti e casematte in caverna, postazioni per mitragliatrici e lanciabombe, oltre alle piazzole per le batterie di artiglieria.

Lo sbarramento principale rimase imperniato sulla catena di cime tra Monte Corno, Passo Nota, Monte Carone, Cima Guil e Punta Larici, su cui si attestarono batterie di Artiglieria da montagna e antiaerea[.

Il blocco del Passo Nota fu affidato a un sistema di trincee in profondità, affiancato dalle postazioni di Monte Corno e del Carone: qui sono rintracciabili anche postazioni importanti e casematte. Molto noto il trincerone in cemento posto a ridosso del Passo e il Cimitero di Guerra che raccolse le salme di alcuni caduti e operai militarizzati deceduti in zona, ma il complesso di fortificazioni è ben più ampio e si estende su linee successive.

L'area fu teatro di continui duelli di artiglieria con le batterie austriache della Rocchetta, di Cima Parì e Cima d'Oro, con salve scambiate anche con i forti di Riva.

È documentata presso Passo Nota anche una Visita del Re Vittorio Emanuele III. In questi luoghi operò per circa un anno in qualità di sottotenente di artiglieria Cesare Maria De Vecchi

Con regio decreto 31 dicembre 1928, n. 3311, la frazione di Campione fu staccata da Tignale per essere assegnata a Tremosine.

Nel 1962 il paese di Tremosine divenne noto in tutta Italia per un fatto di cronaca nera: il giovane diciottenne Giuseppe Rossi, poi noto come "il mostro di Tremosine", uccise a fucilate i genitori e la sorellina mentre dormivano nella loro abitazione.

A seguito della legge regionale 7 novembre 2013, n. 12, il nome del comune fu cambiato in Tremosine sul Garda.

Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

  • Chiesa di san Giovanni Battista, parrocchiale della frazione di Pieve, è un edificio in stile gotico costruito nel XII secolo sopra una precedente pieve. La fabbrica è stata rimaneggiata nel Cinquecento e nel 1712. L'interno è ad una sola navata. Coro, sagrestia e organo sono ornati da intagli in noce dei Lucchni da Castel Condini di inizio Settecento. L'affresco è del XV secolo, mentre la pala è un'opera del XVII secolo frutto del lavoro di Giuliano Glissenti da Vestone. La torre campanaria, a pianta quadrata, è stata eretta nel X secolo e rialzata in quello seguente.
  • Chiesa di San Bartolomeo Apostolo. Parrocchiale della frazione di Vesio. La facciata è dotata di un portico colonnato, mentre all'interno si trovano un organo di Gaetano Callido e degli scranni lignei intarsiati.
  • Chiesa di San Lorenzo Martire nella frazione di Voltino.

Architetture militari

  • Trincee della prima guerra mondiale. Le postazioni costruite durante la prima guerra mondiale sono ben conservate e visitabili. Iniziano dall'abitato di Pieve e proseguono ininterrotte fino a Polzone, presso la quale era presente uno sbarramento trincerato allo scopo di bloccare l'accesso in valle. Da lì si può risalire sino alla Bocca Cocca, dove le installazioni si interrompono. Altre postazioni sono riconoscibili nelle frazioni abitate di Pregasio, Nevese, Secastello, Monte Nai e nelle loro immediate vicinanze, anche in posizioni a strapiombo sul lago di Garda. Il versante orientale della valle di Bondo è fortificato fino al Monte Traversole, dove la linea si congiunge allo sbarramento principale lungo la direttrice Passo Tremalzo - Passo Nota - Passo Guil.

 

Tutte le area sosta camper sul Garda

 

Aree sosta camper a Bardolino (VR)

 

Aree sosta camper a Brenzone (VR)

 

Aree sosta camper a Campione (BS)

 

Aree sosta camper a Castelnuovo (VR)

 

Aree sosta camper a Desenzano (BS)

 

Aree sosta camper a Garda (VR)

 

Aree sosta camper a Gargnano (BS)

 

Aree sosta camper a Lazise (VR)

 

Aree sosta camper a Limone (BS)

 

Aree sosta camper a Lonato (BS)

 

Aree sosta camper a Malcesine (VR)

 

Aree sosta camper a Manerba (BS)

 

Aree sosta camper a Moniga (BS)

 

Aree sosta camper a Nago-Torbole (TN)

 

Aree sosta camper a Padenghe (BS)

 

Aree sosta camper a Peschiera (VR)

 

Aree sosta camper a Riva (TN)

 

Aree sosta camper a Salò (BS)

 

Aree sosta camper a Sirmione (BS)

 

 

A Bardolino si può sostare con il camper presso l'area attrezzata di sosta presso il parco dello Sport, in Via A. Colombano.

L'alternativa a pagamento è invece il parcheggio “Prandini” in Via Leopardi, in direzione Riva del Garda.

Parco dello sport - Via Colombano

Parcheggio Prandini Via Leopardi

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A Brenzone sul lago di Garda si può sostare momentaneamente con il camper presso il parcheggio a pagamento dell'autosilo oppure se si cerca una zona attrezzata si può sostare presso il Punto Verde.

 

E' aperto annualmente e il servizio comprende anche il bagno e le docce.

 

L'area dispone di circa 24 piazzole per camper, caravan, roulotte e tende. Gli animali sono permessi.

 

- Parcheggio a pagamento sul tetto dell’autosilo si trova in Via Gramsci

- Area attrezzata Punto Verde ingresso Market VIVO si trova in Via De Lac, 3

 

Apertura annuale, tutti i servizi compresi bagni e docce, 24/26 piazzole per mezzi e tende, cani consentiti.

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A Campione del Garda si può trovare un'area di sosta per il proprio camper o caravan proprio all'inizio del centro abitato percorrendo la gardesana occidentale.

 

Questa zona di sosta è un'area attrezzata con servizi, a pagamento e si trova in posizione ideale, proprio nelle vicinanze del Lago di Garda.

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A Castelnuovo del Garda chi deve sostare con il proprio camper può rivolgersi all'area attrezzata presso la zona di servizio distributore Shell.

A disposizione degli ospiti servizio di acqua, luce, corrente elettrica, servizi igienici, docce e bagni, officina meccanica e distributore GPL.

 

L'area di sosta camper si trova nella frazione di Cavalcaselle a soli 3 km dall'uscita di Peschiera del Garda dall'autostrada A4.

 

La zona dispone di: Acqua, pozzetto, illuminazione, elettricità, servizi igienici con docce, officina, gpl.

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A Desenzano sul lago di Garda sponda bresciana gli amanti del camper e caravan non hanno problemi nel trovare delle aree di sosta. Infatti si può sostare col camper in diverse zone, in genere attrezzate.

 

Il Camping San Francesco dispone di piazzole di sosta, mentre in Via Marconi, proprio dietro l'ingresso della Banca Intesa Sanpaolo, c'è un'area attrezzata.

 

Chi cerca dove sostare sul lago o nelle immediate vicinanze, può andare a Desenzanino dove ci si può fermare per un massimo di 48 ore. Questa zona si raggiunge andando verso il lungolago direzione Lido di Lonato.

 

- Area attrezzata a pagamento Camping San Francesco Strada vicinale San Francesco

 

- Area attrezzata sosta camper dietro la Banca Intesa, con accesso da Via Marconi

 

- Area attrezzata sosta camper raggiungibile dal Lungo Lago in direzione del Lido di Lonato e presso parcheggio bus. Segnalato e massimo 48 ore in Via Vighenzi

 

  • Presidio ecologico camper presso Gestione Camper Via Colombara Agnolini località Bonera Tel. 347 7156641
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A Garda chi cerca un'area di sosta per fermarsi con il proprio camper può trovare una piazzola disponibile presso il parcheggio Scarl in Via Preite.

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A Gargnano sul lago di Garda c'è un'area di sosta per il camper nel grande parcheggio all'uscita del paese in direzione di Limone del Garda.

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A Lazise si possono trovare diversi posti di sosta per il camper.

 

Chi vuole sostare in un'area gratuita può fermersi con il camper in centro e trovare un punto di sosta nel parcheggio del parco giochi, vicino agli impianti sportivi di Lazise.

Questo parcheggio è aperto e disponibile alla sosta gratuita però solo nei periodi di bassa stagione.

 

Vicino a Porta San Zeno invece c'è un'area di sosta presso il Parking Lazise Dardo. E' a pagamento, così come l'area presso il parcheggio degli autobus sulla circonvallazione.

 

Punto sosta a pagamento presso il parcheggio autobus

Circonvallazione

 

Punto sosta gratuito nel parcheggio del parco giochi, vicino al centro, presso gli impianti sportivi. Operativo solo in bassa stagione.

 

Punto sosta presso Parking Lazise Dardo, sosta a pagamento anche notturna: chiusura dalle ore 24,00 alle 8,00, vicino a Porta San Zeno

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A Limone del Garda c'è un'area di sosta per il camper e caravan proprio sulla strada Gardesana, vicino alle scuole elementari.

 

L'area è dotata di servizi basilare come bagni ed acqua.

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A Lonato del Garda gli appassionati camperisti possono trovare un'ampia scelta di aree dove sostare con il camper.

 

In genere sono tutte aree di sosta attrezzare, come quella presso l'Agricampeggio Ambrosina lungo la strada che porta a Maguzzano.

 

Chi vuole un posto proprio in riva al lago può sostare col camper a soli 100 metri dal lago in un parcheggio ombreggiato a pagamento, con fondo erboso e possibilità carico acqua. La sosta massima consentita è di 48h.

 

Se non si trova posto un questa area c'è subito dopo un altro parcheggio ma un po' troppo al sole.

 

Al confine con Padenghe c'è un parcheggio privato che si chiama "La Casina".

Dalle ore 8 alle 18,30 c’è sempre il custode mentre arrivando dopo le 18,30 o in assenza momentanea del custode, sbloccare dall'interno la sbarra ed entrare, passa poi il custode del parcheggio a riscuotere.

Chiusura del cancello d'ingresso alle ore 23, dopo questo orario non si entra più, bisogna aspettare il mattino seguente.

 

Indirizzi delle aree di sosta:

 

Area attrezzata sosta camper presso Agricampeggio Ambrosina

Via Ambrosina 1, strada per Maguzzano

 

Punto sosta camper a circa 100 m. dal lago di Garda in un parcheggio alberato. Proseguendo per 150 m abbiamo un secondo parcheggio ma assolato.

 

Parcheggio privato chiamato “La Casina”, è sul confine comunale fra Lonato e Padenghe sul Garda, fra la SS 572 e la spiaggia.

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A Malcesine sul lago di Garda sponda veronese ci sono diverse aree di sosta per i camper, alcune libere ed altre a pagamento.

 

Si può sostare con il proprio camper presso il parcheggio Funivie oppure il parcheggio Retellino sul lungolago del paese ma non si può sostare per la notte.

Un po' fuori da Malcesine, a Campagnola, c'è un'area di sosta a pagamento.

 

Parking presso Funivie Malcesine, a pagamento

Parcheggio Retellino, area sterrata sul lungolago in comune con il parcheggio dei bus facilmente visibile dalla Gardesana. Non è permessa la sosta notturna

A circa 2,5 Km dal centro, sosta a pagamento Via Navena Campagnola

——————————————————————————————————-A Manerba del Garda si può trovare un'area di sosta per il camper presso il parcheggio del Museo archeologico della Rocca.Si raggiunge quest'area oltrepassando il centro del paese provenendo da Sud e dirigendosi verso la Rocca.

E' consentito sostare anche per la notte.

 

Possibilità di sosta anche la notte nel parcheggio a terrazze del museo archeologico, sulla sinistra oltrepassato il centro di Manerba provenendo da Sud.

——————————————————————————————————A Moniga del Garda chi cerca un'area di sosta per fermarsi con il proprio camper può raggiungere la Piazza dove il Mercoledi mattina c'è il mercato

 

In questa zona c'è un tranquillo parcheggio pavimentato dove si può sostare anche la notte.

Attenzione però al Mercoledì, giorno di divieto di sosta dalle ore 4 alle 14 per il mercato.

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A Nago Torbole c'è l'area Transit dove si può sostare con il proprio camper.

Si tratta di una zona che dispone di 120 piazzole posizionate su fondo erboso direttamente sul lago di Garda.

Quest'area è sempre custodita.

 

Area Transit di Nago Via al Cor, 2/a

——————————————————————————————————A Padenghe sul Lago di Garda sponda bresciana si può sostare con il proprio camper presso il parcheggio privato La Casina.

 

Il parcheggio si raggiunge al confine fra Lonato e Padenghe e si trova fra la strada statale 572 e la spiaggia.

 

Durante il giorno fino alle 18,30 c’è sempre il custode.

 

Se si arriva dopo l'orario di chiusura o in assenza momentanea del custode, si può sbloccare dall'interno la sbarra ed entrare.

 

Passerà poi il custode del parcheggio a riscuotere.

 

Chiusura del cancello d'ingresso alle ore 23, dopo questo orario non si entra più, bisogna aspettare il mattino seguente.

 

Parcheggio privato chiamato “ La Casina

 

Posto fra la SS 572 e la spiaggia, è sul confine comunale fra Lonato e Padenghe sul Garda.

——————————————————————————————————In totale a Peschiera del Garda ci si può fermare con il camper in 4 aree di sosta autorizzate e attrezzate.

 

Dal 2017 a Peschiera del Garda infatti, sono state aperte due nuove aree per sostare con il camper all'interno della cittadella fortificata.

 

- “Area Sosta Peschiera” si trova vicino al centro storico di Peschiera in Via Milano n. 43.  N 45,43995   E 10,68474

 

- L'altra nuova area per camperisti a Peschiera si chiama “Area Sosta Frassino” e si trova vicino al Santuario della Madonna del Frassino.

 

- Vicino al centro invece c'è l'area sosta camper a pagamento, con servizi di acqua, pozzetto e luce, accessibile dal primo Aprile fino al termine di Settembre.

 

- In Via Bell'Italia, a 500 m dal centro, c'è un'altra area attrezzata per caperisti a pagamento.

 

Compreso nel prezzo servizio di: acqua, pozzetto, illuminazione. L'area di sosta camper di Via Bell'Italia è aperta dal 1 Aprile al 30 Settembre.

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Riva del Garda per fermarsi.

 

area di sosta camper dove si può sostare per un massimo di 48 ore a soli 50 metri dal porto turistico San Nicolò.

L'area, aperta 24 ore su 24 e tutto l'anno, dispone di 41 piazzole tutte illuminate.

 

A 50 mt a Nord del porto turistico S.Nicolò, ingresso Est di Riva, sosta massima di 48h, 41 posti, illuminata.

 

Area aperta 24 ore su 24 tutto l'anno eccetto Novembre. Si trova in Via Brione.

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A Salò si può utilizzare l'area di sosta per camper presso l'Agriturismo Conti Tersi.

 

L'area è attrezzata e a pagamento si può usufruire di: acqua, luce, noleggio bici, pozzetto.

 

Gli animali sono consentiti e l'apertura è annuale.

 

Chi invece è alla ricerca a Salò di un posto più spartano per sostare con il camper può fermarsi ai parcheggi vicini al Centro Sportivo Due Pini, dove c'è anche il supermercato Simply.

 

Adatto anche per passare la notte.

 

- Area attrezzata sosta camper presso Agriturismo Conti Terzi - Cascina Pignino Sera.

A pagamento: acqua, pozzetto, elettricità, cani permessi, noleggio bici, annuale. Via Panoramica, 13

 

  • Sosta ai parcheggi presso il Centro Sportivo, benissimo anche per la notte Vicino zona Due Pini
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  • A Sirmione si possono trovare diverse soluzioni per sostare con il proprio camper.

    Infatti proprio all'inizio del paese, ancor prima di arrivare al Castello, c'è un'area comunale a pagamento dotata di luce e pozzetto e aperta tutta la notte.

    A fianco invece di Via 25 Aprile c'è un'altra area attrezzata nel parcheggio comunale dove si può caricare l'acqua e scaricare le acque nere gratuitamente.

    La posizione di questa zona di sosta camper è davvero invidiabile, di fronte al lago. 

    A soli pochi chilometri da Sirmione, a Lugana, c'è una zona di sosta camper in un parcheggio a pagamento.
    'area è custodita e in posizione favorevole.


    Sempre a
    Lugana in Via Verona  vicino al camping Il Tiglio c'è un'area di sosta gratuita.

    Si consiglia di fermarsi in questa piazzola per la notte e basta, visto che i servizi sono piuttosto scomodi da raggiungere.

- Area comunale attrezzata all' ingresso del paese e prima del castello. Acqua, pozzetto, illuminazione, a pagamento giorni festivi, sosta notturna consentita
Piazzale Montebaldo

- Area attrezzata nel parcheggio comunale di lato a Via 25 Aprile, con carico acqua e scarico acque nere e grigie gratuito. Ottimo posto fronte lago e alla zona pedonale.

Via 25 Aprile

  • Punto sosta nel parcheggio all'ingresso del paese di Lugana.

    Sempre custodita, verde, ombra, spiaggia vicino lago, a pagamento, sosta annuale.

    2.3 km dopo semaforo, passato Sirmione direzione Peschiera.